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Il prete chino sull'altare: la foto agghiacciante del fotografo italiano tra le più belle sulla pandemia

Intervista a Marzio Toniolo, autore di un reportage su Codogno, prima zona rossa italiana, dove il Covid iniziò a mietere vittime: "ecco quale sarà la mia nuova sfida"

Stefano Milianidi Stefano Miliani   

Un mondo si sente sperduto, attonito, isolato, minacciato da qualcosa di ancora indefinibile e pericoloso e pertanto cerca di aggrapparsi agli affetti e ai luoghi in un paese desertificato. Questo ha fotografato, con drammatica efficacia e al contempo con forte partecipazione affettiva, Marzio Toniolo a Codogno e dintorni nel lodigiano quando il paese lombardo ha registrato i primi casi di Covid sul suolo italiano diventando, il 22 febbraio 2020, la prima zona rossa della penisola e d’Europa.

Con la mostra “Dentro la prima Zona Rossa. Diario dal centro della pandemia” il fotografo ci ricorda squarci di vita nella pandemia al suo inizio: la rassegna ha esordito in prima nazionale all’Exma di Cagliari, dei Centri d’arte e musei – Camù, dal 12 giugno al 4 luglio sarà al Museo Nazionale della Fotografia di Brescia, a settembre sarà allestita a Codogno. 

La Reuters ha incluso una sua foto, con una bambina che dà lo smalto alle unghie dei piedi di una persona adulta, tra le cento dell’anno che meglio hanno inquadrato gli effetti del virus nel globo. Fotografo free lance che lavora per l’agenzia, con il suo reportage sui primi 18 giorni di zona rossa da domenica 22 febbraio 2020 Toniolo l’anno scorso ha vinto il 47esimo Premio Flaiano di Cinema Teatro Televisione, nella categoria per il giornalismo, oltre ad aver visto i suoi scatti su testate quali il Guardian, Le Monde, Liberation, Der Spiegel, La Repubblica, Zeit, la Cnn e molte altre. Ed è il fotografo, nato nel 1984 a Ponte dell’Olio, laureato in Scienze della Formazione Primaria, docente, a descrivere la sua esperienza.

Toniolo, dal reportage le foto del sacerdote nella chiesa vuota, su tutte quella in cui è chino sull’altare, hanno una particolare drammaticità. Cosa ha voluto raccontare?

"Vivo a San Fiorano, a due chilometri da Codogno. In quel momento ho deciso di documentare la realtà che vivevamo a Codogno e dintorni. I primissimi giorni c’era tanta confusione. Quando sono arrivati i primi morti è cambiato tutto. All’inizio si pensava che ne saremmo usciti e fosse un problema solo nostro, non immaginavamo si propagasse nel resto d’Italia. In un mese e mezzo da noi abbiamo contato una ventina di morti quando solitamente ne muoiono 15-20 in un anno: i numeri parlano. C’era paura, tanta. È avvenuto un passaggio che ho chiamato l’ultima spiaggia: ti affidi totalmente alla fede perché non sai più cosa fare. Nel suo piccolo quella foto rimanda a quando abbiamo visto il Papa da solo in piazza San Pietro: quel sacerdote ha alzato il calice davanti a una chiesa vuota, poi si è inchinato e a me sembrava una richiesta".

L’immagine trasmette un senso di vuoto, di spaesamento, la paura. Come ha fatto?

"Probabilmente è il tipo di inquadratura. In questo caso abbiamo in primo piano il prete e sullo sfondo il resto della chiesa: se avessi fotografato la chiesa vuota dal fondo avrei giusto intravisto il prete e l’immagine avrebbe perso potenza. Le prospettive giocano un valore fondamentale, almeno per me".

Le sue foto non parlano di una realtà levigata, in apparenza perfetta. Che ne pensa dei selfie su Instagram e Facebook dove è pratica diffusa fotografarsi sempre belli/belle, felici, sexy o divertenti?

"Le mie non sono mai costruite. Cerco di bloccare l’immagine come è senza artefatti per raccontare la realtà dei fatti, senza modificarla. Per me è essenziale l’onesta in fotografia, raccontare le cose come stanno, che possano piacere o meno. Le mie sono foto di vita quotidiana rispettando la realtà".

Un’immagine riprende una bambina che dà lo smalto sulle unghie dei piedi di un adulto, con una donna seduta sul balcone che guarda fuori: è strana, quasi inquietante.

"È mia figlia che mette lo smalto a me. Dal punto di vista mediatico è la foto di maggior successo, la Reuters per cui lavoro ha inserito questa immagine tra le cento dell’anno: secondo il photo-editor rappresenta un momento di assoluta normalità. Sì, è inusuale,  nessuno avrebbe pensato allo smalto ma era talmente assurdo stare in casa. Riguardandola mi fa sorridere, c’è malinconia. La donna sullo sfondo è mia moglie, chinata, che guarda fuori dal balcone. In quei momenti ti chiedi cosa succederà, quando ne verremo fuori?"

Cosa ha ora in programma?

"Per luglio ho un progetto che ho in mente da anni: scenderò il Po con il kayak dal primo tratto navigabile fino a Venezia, dormendo in tenda. Vedo nell’estate una sorta di rinascita e il fiume mi dà questa idea. Quanto alla mostra, dopo Cagliari andrà al Museo della fotografia nazionale di Brescia a giugno; a settembre sarà a Codogno, organizzata con la onlus Soleterre che raccoglie fondi per chi ha avuto problemi psicologici legati al Covid".

 

 

Stefano Milianidi Stefano Miliani   
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