Tiscali.it
SEGUICI

Jago, Caravaggio e quel cesto di armi: "Questi oggetti non li ho inventati io, ecco chi sono i veri creatori"

"Nella Canestra di Caravaggio quasi possiamo sentire il sapore di quella mela. La mia cesta ricolma di armi e fucili è l'immagine dell'inutilità della creatività umana messa a disposizione dell'insensatezza di scopi che vanno in direzione opposte alla vita, è un'accozzaglia che testimonia l'incapacità di mettere al primo posto l'amore

di Tiscali Cultura/L. Valentini per Ansa   

Quella di Jago (l'artista italiano definito il nuovo Caravaggio) che si prepara ad aprire i battenti nel capoluogo lombardo, più che una mostra è un atto d'accusa, un grido di dolore contro le scelte scellerate del genere umano. Un grido che risuona più forte nel confronto con un'altra opera d'arte. Una natura morta che conserva in sé almeno il ricordo di cio' che fu vita, di fronte a un'altra fredda e remota costituita solo da un'accozzaglia di oggetti che rimandano a un unico scopo, uccidere. Lo scultore Jago ricostruisce così il confronto al centro della mostra Natura morta. Jago e Caravaggio: due sguardi sulla caducità della vita al via dall'8 maggio presso la pinacoteca della Veneranda Biblioteca Ambrosiana di Milano.

Il confronto

In un dialogo tra passato e presente, l'opera dello scultore si confronta con la Canestra di frutta di Caravaggio, tra i capolavori più iconici della collezione del museo, con un cesto che non contiene frutti, ma armi. Pistole, fucili, mitragliatori riprodotti in marmo, materiale d'elezione dello scultore di Anagni, classe 1987, che da metà aprile è ospite del padiglione Italia ad Expo Osaka 2025 con l'opera Apparato Circolatorio.

La mostra che mette a confronto gli sguardi di Jago e di Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio, sulla caducità della vita nasce quasi per caso. "Non avrei osato avere una conversazione di questo tipo" premette Jago in una intervista all'Ansa. "Io avevo progettato quest'opera e mi accadde di parlarne con Iole Siena di Arthemisia" che collaborerà alla realizzazione di un catalogo edito da Moebius, "lei era in comunicazione con la Veneranda Biblioteca Ambrosiana e ne ha intercettato l'interesse. Ne abbiamo parlato con i responsabili ed è nata la mostra".

L'opera di Jago (Ansa)

Le armi al posto della frutta

Perché le armi al posto della frutta? "La natura morta come soggetto di un quadro rappresenta l'emancipazione dell'artista dal dover raccontare per forza una storia" premette Jago, al secolo Jacopo Cardillo. "Una natura morta è una natura morta. E questo è il motivo alla base della mia opera. Sono talmente disgustato e afflitto da quello che mi arriva in questa era di comunicazione che non sono in grado di produrre un racconto. Produrre un'immagine era quello che più si avvicinava al mio sentire. Se pensiamo che Natura morta in inglese si traduce Still life, vita che c'è 'ancora' quindi più che morta, comprendiamo che la vita è già nelle parole che utilizziamo. Nella Canestra di Caravaggio quasi possiamo sentire il sapore di quella mela, è qualcosa che abbiamo nella memoria, c'è una prospettiva di caducità ma anche di vita che resiste". Viceversa "nella mia opera - prosegue lo scultore - dove sta l'arte? Questi oggetti non li ho inventati, io non ho fatto niente, ho fatto una composizione per dire qualcosa che è indicibile. I veri creatori sono i criminali di guerra che ogni giorno fanno migliaia di vittime. Io non ho creato quegli strumenti di morte, li ho atteggiati in una composizione. Noi partecipiamo e viviamo di cose non raccontabili, cosa oscene".

L'nsensatezza degli scopi

E così la cesta ricolma di armi e fucili in marmo bianco "è l'immagine dell'inutilità della creatività umana messa a disposizione dell'insensatezza di scopi che vanno in direzione opposte alla vita, è un'accozzaglia - spiega l'artista - che testimonia lo spreco, l'incapacità di mettere al primo posto la comunicazione, l'amore, l'essere importanti gli uni per gli altri, tutto ciò che la storia avrebbe dovuto insegnarci. Ma evidentemente la storia non si studia: dobbiamo ripetere o addirittura peggiorare tutto cio' che avrebbe dovuto lasciare un segno, una traccia. In qualche modo questa è ancora la nostra eredità sulla quale si continua a investire". Jago insiste sulla contrapposizione arte-non arte alla base del dialogo con il maestro milanese.

"Non credo ci sia arte nella mia Natura morta. La realizzazione dell'opera la attribuisco a chi ha avuto il pensiero di progettare e utilizzare quella roba, e a chi l'ha perfezionata. Come una tavola rotonda dove chi vi partecipa ha in comune il solo intento di offendere. Quelli siamo noi; posso scegliere di alzare lo sguardo e guardare Caravaggio, almeno lui mi dà una possibilità, c'è un po' di vita là dentro".

Jago, La pietà (Ansa)

Il linguaggio della tradizione

La costante della sua opera è quella di reinterpretare la tradizione. "Ragiono in termini di linguaggio e ci sono linguaggi - spiega Jago -in cui mi riconosco. Quella della tradizione non è una lingua morta, è ancora in comunicazione con noi. Gli argomenti non sono esauriti e continuano meravigliosamente a raccontarci delle cose, probabilmente in maniera più efficace di quanto riusciamo a raccontarle noi oggi, perché portano con sé valori della saggezza di un tempo. Io mi riconosco in questo linguaggio e le cose che faccio oggi, anche se non mi permetto di fare paragoni, sono vicine a quelle; ho deciso che quella è la via perché mi riguarda. Non ha a che vedere con il sistema dell'arte, studiare come avere un risultato facendo determinate cose, non c'è quel tipo di costruzione del sé artistico: dico chi sono io e cosa amo realmente, se tolgo tutte le sovrastrutture cosa rimane? Il risultato è quello che faccio".

L'expo di Osaka

Lei è tra gli artisti ospiti all'expo di Osaka presso il padiglione Italia il cui tema è L'Arte Rigenera la Vita: "in quel caso l'opera è antica, risale a un periodo in cui facevo sperimentazioni con un materiale solido come la ceramica, duro ma anche fragile; sono 30 cuori scolpiti, che poi diventano 30 fotogrammi in un video di un secondo, il tempo di un battito. Con Apparato Circolatorio ho voluto dimostrare come anche un materiale solido e apparentemente immobile possa arrivare a muoversi e a pulsare. L'opera prende vita, trasformandosi in un battito eterno".

di Tiscali Cultura/L. Valentini per Ansa   
I più recenti
Fine di Dio e Lucio Fontana (Sotheby's  e Lothar Wolleh, Wikipedia)
Fine di Dio e Lucio Fontana (Sotheby's e Lothar Wolleh, Wikipedia)
La Tate Modern e, in alto, un particolare del dipinto (Ansa e Giornale dell'Arte su Cortesia della...
La Tate Modern e, in alto, un particolare del dipinto (Ansa e Giornale dell'Arte su Cortesia della...
Jorit, il nuovo murales dedicato a Van Gogh e un messaggio: La Bellezza salverà il mondo
Jorit, il nuovo murales dedicato a Van Gogh e un messaggio: La Bellezza salverà il mondo
Madonna con bambino e Maddalena di Tiziano (Galleria Trinity Fine Art)
Madonna con bambino e Maddalena di Tiziano (Galleria Trinity Fine Art)
Le Rubriche

Daniela Amenta

Sono giornalista. E ho scritto anche tre libri diversissimi tra loro: un giallo...

Fabio Marceddu

1993 - Diploma triennale come attore dell'Accademia d'arte drammatica della...

Ignazio Dessi'

Giornalista professionista, laureato in Legge, con trascorsi politico...

Cinzia Marongiu

Direttrice responsabile di Milleunadonna e di Tiscali Spettacoli, Cultura...

Stefano Miliani

Giornalista professionista dal 1991, fiorentino del 1959, si occupa di cultura e...

Francesca Mulas

Giornalista professionista, archeologa e archivista, è nata a Cagliari nel 1976...

Giacomo Pisano

Giornalista pubblicista, laureato in archeologia medievale e docente di...

Cristiano Sanna Martini

In passato ha scritto per L’Unione Sarda, Il Sole 24 Ore, Cineforum, Rockstar...

Claudia Sarritzu

Giornalista, per 10 anni anni ha scritto di politica nazionale e internazionale...

Camilla Soru

Cagliaritana, studi classici, giornalista pubblicista, ha intrapreso la carriera...

Cronache Letterarie

Ho fondato Cronache Letterarie nel 2011 con un’attenzione a tutte le forme di...