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"Il Papa ha ragione, bisogna offrire un’idea di bellezza a chi spesso ne è privo e lontano". Foto e videointervista

Il Vaticano festeggia i 50 anni della collezione di opere di arte moderna e contemporanea che sigla un’apertura ricca di prospettive da Van Gogh a Paladino. La curatrice Micol Forti: “Come ha ricordato Papa Francesco le arti devono parlare a tutte le culture e ai più fragili”

Stefano Milianidi Stefano Miliani   

Tra l’affollata Cappella Sistina di Michelangelo e le Stanze affrescate da Raffaello, tra i sarcofaghi e le ieratiche statue egizie e le enormi carte geografiche sulle pareti, tra la sequenza di dipinti antichi tra Giotto, Caravaggio e un’infinità di preziosità in edifici mirabolanti e sterminati, quanti di noi hanno consapevolezza che una delle più cospicue e originali collezioni d’arte contemporanea nella penisola si trova nei Musei Vaticani? Eppure si tratta di una raccolta coi fiocchi allestita nelle sale che precedono a Sistina.

Basta citare qualche capolavoro per averne un’idea: un Papa dipinto da Francis Bacon memore di Tiziano e così macerato e moderno, una straziante Pietà di Van Gogh, i luminosi cartoni preparatori per la Cappella di Vence in Francia di Matisse, Giorgio Morandi con le sue semplici cose quotidiane e con un paesaggio, un piatto in ceramica di Picasso con tre pesci neri … E ancora: Rodin, Georges Roualt, Salvador Dalì, Marc Chagall, Tano Festa che rilegge l’Adamo michelangiolesco sfiorato dal dito divino, una “Sfera” di Arnaldo Pomodoro nel Cortile della Pigna …

Facciamo il punto ora altrimenti diventa un elenco senza fine. La Collezione d’Arte Moderna e Contemporanea dei Musei Vaticani (diretti da Barbara Jatta) compie in questo 2023 i 50 anni dacché fu inaugurata il 23 giugno 1973 da Paolo VI. Da un migliaio di opere è arrivata a contarne diecimila. Per questo mezzo secolo l’allestimento è stato rinnovato e la curatrice della collezione Micol Forti, con Francesca Boschetti e Rosalia Pagliarani, ha curato con acume e discrezione una mostra di dieci opere acquisite negli ultimi vent’anni disseminandole in altrettanti settori delle raccolte papali: evidenziate da pannelli color amaranto e didascalie chiare, s’incastonano nell’antico come presenze amiche, non come intruse. Sono esposte così fino al 14 settembre.

Tra Mimmo Paladino e El Anatsui

Anche qui varrà qualche esempio. Mimmo Paladino ha un crocifisso semplice, scarno, in legno e ceramica, nel museo etnologico “Anima Mundi”, vicino ai reparti su Oceania, Polinesia e America latina della raccolta al momento non pienamente accessibile: la scultura rimanda a un cristianesimo senza orpelli né sfoggio di potere e ricchezza, sa dialogare con testimonianze quotidiane e del sacro di lidi lontani e di altre religioni. Oppure andiamo nel Padiglione delle Carrozze: qua, tra carrozze lussuose, berline fino alla “papa-mobile”, incontriamo il ghanese El Anatsui con una superficie sfavillante: è un mantello in materiali poveri, di metallo, cosicché l’apparente sfarzo dorato del potere viene contraddetto dalla sostanza delle cose e da una spiritualità più profonda.

Oppure passiamo dal Museo Gregoriano Profano dove coabitano nudi della classicità: in sei foto di Paolo Gioli emergono dal fondo buio i ritratti di uomini e donne romani come fossero spettri. Andando nel Museo Gregoriano Egizio una pittura a encausto del bulgaro Ivan Vukadinov appare come una memoria sopravvissuta alla storia da sembrare al contempo antica e odierna. Prendetele come suggestioni. Frattanto possiamo chiederci: è necessario un discorso sull’arte contemporanea in rapporto al Vaticano, alla Chiesa cattolica? Perché? Tentiamo di ragionarci su.

Mimmo Paladino, Crocifisso, 2002, allestita nel Museo Etnologico “Anima Mundi”, Musei Vaticani, Collezione d’Arte Moderna e Contemporanea. Foto © Governatorato SCV, Direzione dei Musei e dei Beni Culturali

Per un'arte dotata di spiritualità

Negli ultimi decenni il centro pulsante del cristianesimo, a partire da uno storico discorso di Papa Paolo VI agli artisti nel 1964 in Cappella Sistina, ha cercato di riprendere il dialogo con gli artisti del suo tempo cercando di svincolarsi da un’arte didascalica, ripetitiva, senza fremito, dotata di una spiritualità di facciata, spesso inutilmente monumentale, nella quale si era rifugiata almeno dalla fine del ‘700 al secondo dopoguerra e oltre. Paolo VI dette una scossa memorabile concretizzata dall’avvio della raccolta nel 1973 proseguita dai suoi successori. Sulla scia di Paolo VI nel giugno scorso Papa Francesco sotto gli affreschi di Michelangelo e degli altri maestri rinascimentali nella Sistina ha commosso duecento artisti di varie arti da tutto il mondo, dai più giovani a veterani come Anish Kapoor o il regista Ken Loach, con un discorso dove ha rimarcato come l’arte non debba appannaggio dei ricchi, dei benestanti e anzi debba rivolgersi di più ai più poveri a chi fatica per campare.

Video

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Intervista di Stefano Miliani a Micol Forti, curatrice delle Collezioni di arte moderna e contemporanea dei Musei Vaticani

Micol Forti dei Musei Vaticani: “Come ha detto Papa Francesco le arti devono parlare a tutte le culture e ai più fragili”

Micol Forti: “Le arti indirizzate a tutte le culture e ai più fragili”

Qualcuno forse obietterà: già, fa propaganda per la sua Chiesa. Ma sarebbe fuori pista. Come sottolinea Micol Forti nella video intervista che accompagna questo articolo, il pontefice venuto dall’America latina “ha ricordato che tutte le arti sono indirizzate a tutta la nostra società, a tutte le nostre culture, e devono poter parlare anche con gli strati più fragili della società”. Per la curatrice dell’arte moderna e contemporanea dei Vaticani infatti l’esortazione ad “aprire l’arte ai poveri, lavorare con loro e per loro ha colpito molto gli artisti più giovani presenti” anche perché molti di loro vengono “dall’arte di strada, popolare, e sanno cosa vuol dire offrire un’idea di bellezza a chi spesso ne è privo e lontano”.

Un discorso per tutti, non solo per i cristiani 

È un discorso che riguarda solo i cristiani o i cattolici? Nient’affatto: può coinvolgere credenti, atei e agnostici, seguaci di una qualsiasi religione, perché gli artisti veri non fanno semplici celebrazioni, affrontano la spiritualità e il bisogno di sacro insito in noi umani. Un bisogno così umano va al di là di una chiesa costituita retta da gerarchie, affonda nella natura di ogni essere senziente. Non a caso abbiamo tutti la necessità di dare sepoltura degna e un saluto ai nostri morti.

Moti di umana pietà

Nella collezione vaticana ci rammentano la dimensione del sacro, con toni talvolta commossi, talaltra felici o drammatici, la Pietà di Van Gogh, la luce nei lavori di Matisse per la Cappella di Vence, la videoinstallazione interattiva di Studio Azzurro “In principio (e poi)” con le figure che emergono dal buio, l’essenzialità povera e tanto più efficace del Cristo di Paladino o del manto di El Anatsui. Travalicando ogni confine culturale, smantellando ogni distinzione tra un “noi” e un “loro”. D’altronde, per fare un esempio, se instilla umana pietà il dolore materno per il figlio morto in Van Gogh, come non provare pietà e desiderare gesti concreti, sostegni e salvataggi quando vediamo persone in povertà, quando vediamo donne con bambine o bambini in braccio mentre tentano di raggiungere un’Europa che sperano le accolga e le salvi da violenze, guerre, miseria? E poi magari muoiono nel deserto. Papa Francesco indirettamente ha parlato anche di questo.

Con la mostra è uscito il volume “La Collezione d’Arte Moderna e Contemporanea dei Musei Vaticani - 1973-2023. Origini - Storia - Trasformazioni”, a cura di Micol Forti, con Francesca Boschetti e Rosalia Pagliarani, Edizioni Musei Vaticani, 2023. Logicamente chi voglia vedere le opere allestite fino al 24 settembre deve acquistare il biglietto per i musei complessivi: meglio prenotare, occhio a chi offre biglietti salta-coda davanti alle raccolte, li vendono a prezzi più alti del normale biglietto e non sono personale dei Vaticani.
Un suggerimento pratico: per trovare le dieci opere disseminate in questi musei da quasi sei milioni di persone all’ingresso l’anno bisogna cercarle nei vari settori ed è provvidenziale il depliant-cartina (con il soccorso di tanto in tanto dei custodi assai solerti) altrimenti è facile non raccapezzarsi, almeno per noi comuni mortali.

Per il sito web dei Musei Vaticani clicca qui

 

Stefano Milianidi Stefano Miliani   
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