Fedha ha occhi e capelli chiari e legge i notiziari: nasce la prima giornalista virtuale
Il Kuwait lancia una novità senza precedenti. Concepita grazie all’Intelligenza Artificiale, si presenta al pubblico con una clip di tredici secondi e il vicedirettore di Kuwait News annuncia che sarà lei a leggere i notiziari

Ha un bell’aspetto, occhi e capelli chiari non coperti dal velo, un’aria professionale ma casual. È Fedha, la prima giornalista virtuale della storia concepita grazie all’Intelligenza Artificiale. Si presenta al pubblico con una clip di tredici secondi e Abdullah Boftain, vicedirettore di Kuwait News, annuncia che sarà lei a leggere i notiziari ma che in prospettiva sarà in grado di svolgere mansioni anche più complesse.
Il mondo dell’informazione si anima e si dipingono diversi scenari che oscillano tra gli entusiasti ottimisti per l’evoluzione della tecnologia e i giornalisti che temono di divenire obsoleti in breve tempo.
Ma cos’è l’Intelligenza Artificiale?
L’AI, artificial intelligence, è uno strumento di raccolta dati potenzialmente infiniti in grado di elaborare in tempo reale risposte a ogni tipo di domanda. I campi di applicazione sono tantissimi e spaziano dalla creazione di testi all’elaborazione di immagini fotografiche o artistiche, ma il suo utilizzo solleva più di un dubbio. I contenuti, intanto, inseriti da operatori umani possono risentire, esattamente come ogni altro dato in internet, della cultura ma anche dei pregiudizi di chi lo carica. Non è possibile poi verificare le fonti precise da cui l’AI trae le risposte alle nostre domande. In Italia il dibattito è acceso e di recente il Garante della Privacy ha bloccato l'utilizzo di Chat GPT (la chat che consente di interrogare l’Intelligenza Artificiale) per problemi legati al trattamento dei dati personali. Il blocco è stato ufficialmente tolto ma il sistema risulta ancora inaccessibile e si discute su come normare questo strumento a tutela della collettività.
Fedha, una realtà su cui riflettere
La scelta dell’emittente araba di rappresentare la giornalista senza il chador o con la chioma coperta dal velo, ma con invece una giacca nera sopra una maglia bianca potrebbe far intuire diverse cose. Una tra queste è sicuramente il desiderio di universalità e di renderla libera da ogni vincolo religioso, etnico o contesto geografico. La scelta femminile è dovuta forse anche a una maggiore pacatezza e affidabilità attribuita alla donna nell’immaginario collettivo. Si pone però una questione legata alla rappresentazione dell’universo femminile: avremo altre Fedha con caratteristiche etniche diverse, corporatura e abbigliamento in grado di esprimere tutta la varietà femminile?
Il futuro delle notizie
E se fosse questo il futuro? Al momento l’AI non può sostituire del tutto i giornalisti e le giornaliste in carne e ossa ma la tecnologia si evolve rapidamente e questo desta più di una preoccupazione. Potranno essere rispettate etica e deontologia? Mentre i professionisti reali sono soggetti al rispetto delle carte deontologiche siamo sicuri che l’AI non selezioni, per esempio, una rassegna stampa da proporre al pubblico in base a criteri precisi impostati da chi ha inserito i dati, con lo scopo di guidare il pensiero delle masse verso una direzione precisa? Uno strumento non nasce buono o cattivo, è l’uso che se ne fa a determinarne vantaggi e rischi.

Ne abbiamo parlato con Dario d’Elia, giornalista esperto in linguaggi digitali e intelligenza artificiale.
“La questione è interessante per più aspetti, quello tecnologico ad esempio: abbiamo un personaggio in 3D che però non sappiamo se segue un copione scritto da un giornalista oppure se si tratta di una chatbot (come ChatGPT) correlata con l’Intelligenza Artificiale e dotata di immagine. C’è poi la questione legata alla scelta di comunicazione: perché una donna bionda di pelle chiara in un paese in cui i maggiori investitori sono comunque arabi? Anche l’abbigliamento è discutibile in tal senso. Sul fattore informazione possiamo immaginare Fedha come un sostituto di un podcast, un podcast con un’immagine. Personalmente ho maggiore empatia per un giornalista vero ma c’è chi preferisce un bollettino più asettico. La sua credibilità è forse più dovuta al marchio dell’emittente che fa da garante per la qualità perché se dovessimo imbatterci in Fedha in contesti social ad esempio, da quando è stato inventato il deep fake, siamo sospettosi verso video di personaggi, anche famosi, perché potrebbero essere manipolazioni digitali. È una questione di reputazione alla fine. I social sono il nuovo vate per tante persone, così come non veniva discussa la veridicità dei contenuti recepiti per telefono o visti in televisione. Io credo comunque che un bravo giornalista finché fa la differenza nn sarà mai sostituito da una AI, che è, e rimane, solo uno strumento di semplificazione. Ci vuole cautela, abbiamo uno storico, dobbiamo essere bravi nel prevedere eventuali effetti collaterali, senza demonizzare”.