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Intervista a Gaia Tortora: "Ogni giorno tre innocenti finiscono in carcere per errore, più di mille cittadini l’anno"

Nel suo primo libro la vicedirettrice del Tg di La 7, Gaia Tortora racconta la sua storia, nella consapevolezza che non sia solo sua

Claudia Sarritzudi Claudia Sarritzu   
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      "Prima di tutto, i fatti. Alle 4.15 del 17 giugno 1983 mio padre viene arrestato per associazione a delinquere di stampo camorristico, prelevato dalla sua stanza dell’Hotel Plaza di Roma e trasferito in via In Selci, in una caserma non lontana dal Colosseo. Quel mattino io sono una quattordicenne che deve sostenere l’esame di terza media. Mi sveglio presto, prestissimo: alle cinque e mezza sono già in piedi. In casa c’è trambusto, il telefono squilla a ripetizione, mia madre e mia sorella Silvia si spostano da una stanza all’altra, rumore di passi, di porte che si aprono e si chiudono. Ma io in testa ho pochi, chiari pensieri: ripassare, finire l’anno scolastico, festeggiare a cena con papà e Silvia, poi iniziare la mia estate di libertà. A quell’agitazione non faccio caso più di tanto. In fondo, cosa potrà mai essere successo di così grave?"

      Quest'anno sono quarant’anni dall’arresto di suo padre, il famoso giornalista e conduttore televisivo Enzo Tortora. La figlia Gaia, vicedirettrice del Tg di La7 e condutrice e autrice di Omnibus, racconta la sua storia e quella della sua famiglia nel suo primo libro: Testa alta, e avanti, edito da Mondadori. "E' stata Mondadori a convincermi a scriverlo, non solo per me stessa ma per quelle mille vittime all'anno in Italia incarcerate per errore".

      Immaginate così una ragazzina di 13 anni che in Tv vede suo padre con le manette bene in vista all'uscita del commissariato. Quel volto in tutti i giornali e i tg, il cognome di suo padre ma anche il suo associato alla camorra. Una gogna mediatica che la famiglia Tortora affronta appunto a testa alta con una dignità e una determinazione e rispetto delle istituzioni (nonostante tutto) invidiabile.

      Il 17 giugno del 1983 inizia così uno dei più clamorosi casi di errore giudiziario che l'Italia ricordi. Enzo Torta diventa suo malgrado il martire per eccellenza. Un simbolo doloroso. Un uomo onesto che da un giorno all'altro diventa il mostro sui quotidiani di tutto il Paese. Un processo che dalle aule di tribunale si sposta nell'arena spietata mediatica. Un calvario umano che durerà fino al 1987 quando venne assolto con formula piena anche in Cassazione. Ma Enzo, il padre di Gaia, morirà il 18 maggio del 1988. Perché certe ingiustizie fanno ammalare e morire.

      E allora sorge spontaneo chiedersi cosa ha insegnato questo clamoroso errore alla stampa italiana? Poco. I media continuano a comportarsi come fecero con Enzo Tortora. "Da giornalista è ovvio che non voglio un bavaglio, ma dovremmo smetterla con titoloni per additare i presunti colpevoli e, quando va bene, trafiletti seppelliti nelle ultime pagine a segnalare l’assoluzione, il proscioglimento, l’errore giudiziario".

      Un libro che vi consigliamo vivamente, su un dolore privato che diventa purtroppo corale. Il dolore di tutti coloro finiscono in una gogna mediatica da cui non verranno mai del tutto assolti. 

       

      Claudia Sarritzudi Claudia Sarritzu   
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