Tiscali.it
SEGUICI

Dalle serre del pesto di Solenghi alle chiese di Paolo Rossi, i palcoscenici diventano sempre più strani

Quando i palchi diventano noiosi ecco nascere nuovi spazi scenici del tutto inusuali capaci di trasmettere emozione ma anche profumo

di Massimiliano Lussana   
Dalle serre del pesto di Solenghi alle chiese di Paolo Rossi, i palcoscenici diventano sempre piu...

A luglio, Tullio Solenghi aveva recitato in mezzo ai prati, alle palme, ai fiori e con il mare, le lampare, i riflessi della luna come fondale, il suo "I maneggi per maritare una figlia" in cui è un perfetto Gilberto Govi, nemmeno lo interpreta, ma "è" proprio lui, con un processo di identificazione totale.

Ma, in fondo, eravamo sì ai Parchi di Nervi, il panorama che Tullio guardava ogni mattina, da bambino, dalla sua casa sulla collina di Sant’Ilario, ma si trattava di un luogo già sdoganato per lo spettacolo.

Stavolta, invece, per "Una serata pazzesca", lo spettacolo si trasferisce direttamente in mezzo alle serre del basilico, a Prà, che della preziosa pianticella verde – e conseguentemente del pesto, che è la salsa più usata al mondo per condire la pasta, dopo il pomodoro – è una sorta di capitale mondiale.

Prà è un quartiere di Genova e le serre sono sulle alture, da dove si domina il mare e dove Solenghi recita al tramonto, con le piantine che diventano contemporaneamente palco e realtà, base per i leggii e i microfoni e fondale. In uno spettacolo in cui anche l’olfatto ha un ruolo decisivo, con lo splendido profumo del basilico che entra diretto nelle narici. Un po’ come accadeva una quarantina d’anni fa quando uscì "Polyester", un film "in odorama" i cui spettatori venivano dotati al botteghino di un cartoncino da cui potevano grattare delle aree che emettevano profumi ed odori in particolari momenti del film. O, prima ancora, quando venivano invece emessi fumi profumati direttamente in sala, spesso ammorbando gli spettatori.

Qui no, qui è tutto assolutamente naturale e pare che gli attori riescano a godere dei piaceri del pesto mentre recitano. Certo, ci vogliono anche il sale grosso, il pecorino, il parmigiano, l’aglio, l’olio Dop ligure e i pinoli, ma il basilico di Prà e il suo profumo sono alla base di tutto. E attori e spettatori è come se godessero del prezioso cibo, nettare e ambrosia.

Il testo è di Paolo Villaggio, un altro di Sant’Ilario, ma qui più ancora del testo conta il contesto. E in questo caso il contesto è anche particolarmente adatto, perché Solenghi è golosissimo di pesto, tanto da essere stato scelto da Regione Liguria fra i testimonial di una manifestazione che si chiamava "Orgoglio pesto" e addirittura ha risposto a un’intervista per un sito romanissimo che "il mio rapporto con la cucina romana è così, così, niente di eccezionale. Io sono affezionato a quella ligure, e quindi la cucina romana mi piace, ma non è che impazzisco. Amo gli odori, il basilico, il pesto, le trenette al pesto, insomma…".

Come dire, il cacio, anzi il pesto, sui maccheroni.

Anche la scelta del testo è genovese e "solenghiana" con "megagalattico", "poltrona in pelle umana", "nuvola degli impiegati", "salivazione azzerata", "lingua felpata", "mostruoso", "pazzesco", "agghiacciante", "venghi", "vadi", "dichi" e tutto il resto della scrittura di Villaggio. Che era anche lui un grande amante del pesto e se lo fece portare anche all’estero, per festeggiare una vittoria della Sampdoria, direttamente dai fratelli Belloni, i gestori dello storico ristorante Zeffirino, fornitori ufficiali dei Papi e di Frank Sinatra.

E tutto questo avviene nel momento in cui Tullio Solenghi è ospite fisso ogni domenica sera al tavolo di Fabio Fazio con l’ultima tranche di "Che tempo che fa", ricostruendo il tandem con Massimo Lopez e con un pensiero, sempre, fisso a Anna Marchesini, che ogni volta che cita inevitabilmente lo fa commuovere: "La sento sempre accanto a me".

Ma le serre del basilico di Prà come palcoscenico sono solo la punta di un iceberg di luoghi insoliti dove fare teatro che sono stati moltiplicati dal Progetto periferie, in ricordo dei cent’anni di Pier Paolo Pasolini, bandito dal ministero della Cultura, fortemente voluto da Dario Franceschini e poi disegnato con le classifiche finali dalle dodici Città Metropolitane italiane.

A Genova, in particolare, il progetto più affascinante è stato disegnato da Teatri Pubblici Liguri, con Sergio Maifredi che ha ideato un calendario in tredici tappe che si chiama "Pellegrinaggi metropolitani - Passi, parole e musica per rammendare i margini" e si snoda attraverso quattro luoghi: una chiesa, quella di san Pietro a Prà, le serre del basilico, per l’appunto, un’abbazia, quella di San Nicolò del Boschetto, che sta a Cornigliano, nel cuore la Genova industriale, fra le fabbriche di turbine, quelle di componentistica industriale, le acciaierie e i cantieri navali, a due passi dalla palazzina tecnologica del nuovo Ponte di Renzo Piano, che del "rammendo delle periferie" è il teorico, una sorta di padre nobile inconscio di questa storia.

In questa badia benedettina vive una comunità di "invisibili" – persone lasciate sul lastrico da una separazione, assassini che hanno scontato la loro pena, famiglie immigrate e non immigrate con figli, zingari che vivevano sotto i ponti del fiume Polcevera lì a fianco, trasfertisti senza casa, persone abbandonate per denaro dalle rispettive famiglie, devianti rispetto al pensiero comune – che sono i protagonisti di uno splendido spettacolo di Maifredi e scritto da Corrado d‘Elia, che ha raccolto le storie che loro stessi raccontano, accompagnati in un quadro onirico e molto felliniano dagli attori sui trampoli del teatro Tascabile di Bergamo.

Ma è il quarto palcoscenico quello su cui ci soffermiamo ed è il chiostro del Monastero di san Bartolomeo della Certosa. Perché qui c’è Paolo Rossi che, negli ultimi anni, e soprattutto con Teatro Pubblico Ligure si sta esibendo "ovunque che non sia un teatro". E’ stato a Pieve Ligure agli Scali che sono scogli emersi sul mare, è stato a Palazzo San Giorgio, sede dell’Autorità Portuale di Genova, nel Palazzo nelle cui celle Marco Polo dettò "il Milione" e scherza "chiamate pure me e il mio chitarrista Emanuele Dell’Aquila per convention, battesimi, funerali, matrimoni".

Lo spettacolo si chiama "Stand Up Omero", "ma tranquilli possiamo fare Stand Up Shakespeare, o Stand Up qualsiasi autore" e in fondo è proprio il senso dello Stand Up, il flusso di parole che va da "Io sono di Monfalcone. E quando sento qualcuno che dice "Come è triste Venezia" capisco che non è mai stato a Monfalcone" alla splendida storia di Elpenore, uno degli uomini di Ulisse che passa attraverso Polifemo, le Sirene e mille peripezie e poi muore cadendo dal tetto della casa di Circe dove si era addormentato ubriaco.

Parla dei suoi maestri e dei suoi amici Paolo Rossi, da Enzo Jannacci, di cui ricorda gli intrugli che gli dava da medico curante, fino a Claudio Bisio. Una scuola straordinaria. E poi a Emanuele, che è la sua spalla preferita: "a volte ci pagano in natura, ti ricordi a Gonzaga quando litigammo per chi doveva tenere l’olio, chi il salame e chi la coppa? E se la gallina poi dobbiamo darla alla Siae?".

Con tanto di pianto finale per la dipartita di Silvio Berlusconi ("ora c’è un suo avatar su TikTok"), con ricordo degli anni Novanta: "Grazie a lui abbiamo fatto tanti di quei soldi senza nemmeno scrivere i testi….Faceva tutto lui". E tutto questo avviene in un chiostro, splendido, del tredicesimo secolo, appena restaurato con i fondi del ministero della Cultura, che ci regala e ci riporta uno splendido artista, il numero uno degli anni Novanta. 

L’abito non fa il monaco, ma evidentemente il Chiostro fa l’attore.

di Massimiliano Lussana   
I più recenti
Le Rubriche

Daniela Amenta

Sono giornalista. E ho scritto anche tre libri diversissimi tra loro: un giallo...

Fabio Marceddu

1993 - Diploma triennale come attore dell'Accademia d'arte drammatica della...

Ignazio Dessi'

Giornalista professionista, laureato in Legge, con trascorsi politico...

Cinzia Marongiu

Direttrice responsabile di Milleunadonna e di Tiscali Spettacoli, Cultura...

Stefano Miliani

Giornalista professionista dal 1991, fiorentino del 1959, si occupa di cultura e...

Francesca Mulas

Giornalista professionista, archeologa e archivista, è nata a Cagliari nel 1976...

Giacomo Pisano

Giornalista pubblicista, laureato in archeologia medievale e docente di...

Cristiano Sanna Martini

In passato ha scritto per L’Unione Sarda, Il Sole 24 Ore, Cineforum, Rockstar...

Claudia Sarritzu

Giornalista, per 10 anni anni ha scritto di politica nazionale e internazionale...

Camilla Soru

Cagliaritana, studi classici, giornalista pubblicista, ha intrapreso la carriera...

Cronache Letterarie

Ho fondato Cronache Letterarie nel 2011 con un’attenzione a tutte le forme di...