Peter Brook è l’imbarazzo della nostra intelligenza: quel momento in cui sappiamo di non sapere niente
97 anni di vita e infiniti anni di palchi asciutti. Il due luglio ha lasciato questo mondo Peter Brook, se n’è andato come è d’uso alle leggende: rimanendo e imprimendo il suo nome per sempre sul legno di ogni palco del mondo.

97 anni di vita e infiniti anni di palchi asciutti. Il due luglio ha lasciato questa terra Peter Brook, se n’è andato come è d’uso alle leggende: rimanendo e imprimendo il suo nome per sempre sul legno di ogni palco del mondo.
Uno dei registi teatrali più influenti del XX secolo, affacciatosi al mondo del teatro appena diciassettenne, grazie ad una famiglia di menti scientifiche e ricche di inclinazioni culturali. Mai stato acerbo, mai ingenuo, mai inesperto. Brook è stato un talento unico sin dal primo giorno. Nella sua continua ricerca, attraversando in ottant’anni tutto l’intero secolo, ha reinventato l’arte tagliando ogni orpello ed estetismo. Riducendo il segno all’essenziale ha saputo restituire totale potenza al dramma.
"Un uomo cammina in uno spazio vuoto mentre qualcun altro lo guarda, e questo è tutto ciò che serve per un atto di teatro”, qui sta il centro della sua incredibile rivoluzione, quella che rende qualsiasi spazio vuoto un palcoscenico e un unico uomo che lo attraversa un’opera d’arte. La ricerca continua della nudità del movimento, il tentativo affannoso di diventare un segno così naturale e quotidiano da sparire e non distrarre più dal significato.
Non è facile da accettare come decisione per chi è abituato a virtuosismi e scenografie epiche. Ma per chi ha vissuto la bellezza della sua opera tra le sedie di una platea la potenza di questa scelta è così chiara. A distanza di anni ti accorgi che la sua voce ti ha attraversato il corpo modificando il tuo dna, anche se l’immagine risulta sbiadita e indefinita, a volte sovrapposta a immagini di vita, forse di un viaggio in un luogo dimenticato, forse di un sogno di bambino.
Come ci insegna Tierno Bokar che Peter Brook portò in scena nel 2004, tratto da “Il saggio di Bandiagara” di Amadou Hampaté Bâ, esiste un momento in cui ci facciamo domande di cui non abbiamo risposta. Anzi, domande delle quali percepiamo che non saremo mai in grado di comprendere la risposta. Perché capita di essere contenitori troppo piccoli per contenerne la grandezza. E in quel momento in cui ci accorgiamo di questo, nel momento stesso in cui lo percepiamo fisicamente, la nostra intelligenza si imbarazza e capisce che è arrivato il momento di compiere un atto di fede.
Con Peter Brook era necessario un atto di fede che riportava alla vita infinitamente più ricchi e grati.