Alcuni vinsero guerre e conquistarono terre, lui fece vivere bene il suo popolo: l’imperatore romano illuminato
Le riforme fiscali di Vespasiano e l'opera di consolidamento dell'impero hanno reso il suo regno un periodo di spiccata stabilità politica e benessere diffuso. Fu sicuramente un governante illuminato e riformatore. La storia
C’è una figura nella storia romana che meriterebbe maggior considerazione: quella dell’imperatore Vespasiano. In genere si citano personaggi che hanno vinto guerre, conquistato territori o commesso abomini e follie, poco spazio viene riservato invece a chi ha pensato in particolare al benessere dei cittadini. Ebbene, Tito Flavio Vespasiano è stato uno di questi. Di lui Tacito disse che è stato l'unico imperatore ad aver migliorato la situazione di Roma. E in effetti le sue riforme fiscali e la sua opera di consolidamento dell'impero hanno reso il suo regno un periodo di spiccata stabilità politica e benessere diffuso.
L’occasione per riflettere su di lui è stata fornita di recente dalla conferenza Dalla Sabina al trono dei Cesari: un inaspettato salvatore dell'Impero organizzata dall'Istituto italiano di cultura di Copenaghen, in collaborazione con l'Ambasciata d'Italia in Danimarca e l'Associazione Omnia Tuscia.
Ma chi è stato in sostanza Vespasiano?
Questo imperatore, salito al trono nel 69 d.C., concluse il suo regno nel 79 d.C. dopo averlo caratterizzato con importanti riforme fiscali e interventi di rafforzamento dell'impero che portarono a un benessere generale del popolo.
Fu dunque un imperatore illuminato e riformatore
Quando Vespasiano salì al potere, era un momento intricato, segnato dal caos e conosciuto come l’Anno dei Quattro Imperatori, durante il quale si susseguirono regni di breve durata e guerre civili. La sua ascesa, appoggiata soprattutto dalle legioni d’Oriente, fu vista come una promessa di stabilità e ordine dopo un periodo di disordine politico e finanziario.
Un riformatore pragmatico
Con lui le cose cambiarono. Uno dei principali successi di Vespasiano fu la riforma delle finanze pubbliche. Trovò l’Impero praticamente in bancarotta dopo le follie di Nerone e le guerre civili successive. Con intelligenza e rigore, introdusse un sistema fiscale più efficiente, ampliò la base imponibile, ridusse le spese e incoraggiò un’amministrazione più sobria. Celebre è l’introduzione della tassa sugli orinatoi pubblici, da cui deriva la locuzione latina pecunia non olet (i soldi non puzzano), segno della sua filosofia pragmatica e concreta.
Ricostruì Roma sia da un punto di vista fisico che morale
Vespasiano investì ampiamente nella ricostruzione di Roma, devastata da incendi e incuria. Avviò la costruzione del Colosseo (originariamente noto come Anfiteatro Flavio), simbolo della sua attenzione al benessere pubblico e alla legittimazione attraverso opere monumentali. Il suo progetto urbano mirava a restituire alla città un volto ordinato e grandioso, ma con spirito utilitaristico e popolare.
Fu sostenitore della meritocrazia e della stabilità
A differenza di molti predecessori, Vespasiano premiò il merito piuttosto che la nobiltà di nascita. Riformò il senato inserendo uomini capaci, spesso provenienti dalle province italiche e orientali, promuovendo così una maggiore inclusività. Rafforzò la posizione dell’imperatore senza ricorrere a repressioni brutali, e pose le basi per una dinastia (i Flavi) che avrebbe assicurato continuità e buon governo.
Figura di equilibrio tra tradizione e modernità
La sua figura può essere considerata illuminata perché seppe fondere tradizione e innovazione. Mantenne il rispetto delle istituzioni repubblicane pur consolidando il potere imperiale. Dimostrò che l’autorità poteva essere esercitata con misura, umorismo e buon senso.
Un esempio di governante illuminato
Vespasiano fu un imperatore che, pur non essendo aristocratico né carismatico come altri, lasciò un segno profondo grazie alla sua intelligenza pratica, al suo spirito riformatore e alla sua dedizione alla cosa pubblica. Fu un grande illuminato nella misura in cui riportò Roma alla stabilità, alla prosperità e alla fiducia nelle istituzioni. Un esempio di come il buon governo non richieda fasto, ma visione, concretezza e onestà.

















