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Il vero Indiana Jones: l'incredibile vita dell'archeologo che cercò la città Z, uccise l'anaconda gigante e diventò cannibale

Nessuno quanto lui impersonò la figura dell’intrepido esploratore pronto ad affrontare ogni pericolo. Lavorò per i servizi segreti britannici e per la Royal Geographical Society ma la sua ossessione fu la ricerca di una antica città nel Mato Grosso da cui, alla fine, non fece più ritorno. Forse fu ucciso dagli indigeni o forse…

Ignazio Dessi'di Ignazio Dessi'   

Il personaggio di Indiana Jones, interpretato al cinema da Harrison Ford, non ha bisogno di presentazioni. Incarna il prototipo dell’archeologo impavido ed avventuriero, colto ma anche spavaldo e sprezzante del pericolo, capace di far sognare schiere di giovani e meno giovani.

Si tratta di un personaggio del cinema e come tale di pura fantasia. Ma potrebbe esserci un personaggio, realmente esistito, che lo ha ispirato, come racconta un articolo di Focus (Ossessione fatale, M. Sacco). Questo intrepido personaggio si chiamava Percy Harrison Fawcett, nacque nel 1867 e scomparve nel 1925 rivestendo definitivamente di un’aura misteriosa e leggendaria la sua esistenza. Fu una figura mitica che si distinse per coraggiose esplorazioni che lo condussero, probabilmente, a perdere la vita nella foresta  amazzonica. Stava cercando un’antica città scomparsa, che lui chiamava Z, e invece trovò la morte insieme a un giovane figlio e a un altro esploratore poco più che ventenne.

Tagliato per l'avventura

Fawcett - cui è stato dedicato il film Civiltà perduta (Netflix) - era nato in Gran Bretagna. Suo padre era indiano, sua madre inglese. Le biografiche precisano che a 19 anni fu ingaggiato dalla Royal Artillery e prestò servizio in Ceylon. Si sposò ed entrò a far parte della Royal Geographical Society. Qualche anno dopo ebbe un incarico da topografo nei servizi segreti britannici che lo spedirono in Africa. Ma evidentemente non era quella del cartografo la vita che aveva sognato. Così riprese gli studi di archeologia, geografia e mappatura. Attese e, nel 1906, arrivò la grande occasione della sua vita. La Royal Geographical Society gli propose di mappare la regione sudamericana al confine tra Bolivia e Brasile.

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Non ci pensò due volte e si inoltrò nella foresta sconosciuta. Fu un’avventura memorabile di cui si raccontano episodi epici. Come quando per difendersi uccise, sparandogli, un'anaconda gigante di quasi 20 metri. Oppure attraversò fiumi infestati dai piranha, scampò alle punture di ragni e altri insetti velenosi, affrontò belve e pericolose tribù. Fece i conti, insomma, con pericoli enormi, rischiando la vita, come un vero personaggio dei film d’avventura. Fu una spedizione, quella, conclusa con successo, portata a termine addirittura un anno prima del previsto, nel corso della quale scoprì anche le sorgenti del Rio Verde e individuò nuove specie animali.

Tornò poi da sua moglie Nina e dal figlio, il piccolo Jack.

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L'antica città perduta in Amazzonia

Il suo pallino fisso però era quell’antica città sepolta sotto il manto verde del Mato Grosso di cui aveva sentito parlare o, comunque, sapeva. Voleva ritrovarla. Era diventato l’obiettivo della sua vita. Aveva organizzato tutto per partire alla sua ricerca quando scoppiò la Prima guerra mondiale.

Arruolatosi volontario trascorse 5 anni in prima linea. Finito il conflitto riprese i viaggi, esplorando luoghi selvaggi del mondo. Dopo molte peripezie, nel 1925, trovò i finanziamenti per la spedizione dei suoi sogni: quella che doveva portarlo alla scoperta dell’antica città Z perduta nel seno dell'Amazzonia.

Indiana Jones (Ansa)

Quasi sessantenne salì su una nave alla volta della foresta brasiliana insieme al figlio Jack, allora 22enne, e ad un altro giovane di 21 anni, Raleigh Rimmell. Partì da Cuiabà, nel Mato Grosso, nel periodo più favorevole, quello di fine aprile, con la speranza nel cuore. Non falliremo, scrisse alla moglie.

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Ma – nel profondo dell’animo - sapeva che non era semplice, che ad attenderli c’erano imprevisti e pericoli micidiali.

Forse per questo, prima di lasciarlo, l’esploratore inglese disse all’altro figlio: Se non dovessimo ritornare non voglio che vengano a cercarci con spedizioni di soccorso. È troppo pericoloso. Se, con tutta la mia esperienza, non riusciamo noi a farcela, che speranza può esserci per gli altri?.

Viaggiarono nella foresta pluviale tra difficoltà di ogni tipo. A maggio le guide locali che li accompagnavano dissero basta. Avevano paura. Così i tre europei proseguirono da soli sulla scia di un'ossessione. Nessuno seppe più nulla di loro.

Quale fu il loro destino?

Per comprenderlo in tanti cercarono di ripercorrere il loro cammino. Non pochi: almeno un centinaio di esploratori e avventurieri. Ed anche molti di loro non fecero più ritorno.

Stando alle versioni di certi esperti, Percy Harrison Fawcett e i suoi sfortunati compagni furono uccisi da una tribù di indigeni sanguinari. Ma non mancarono altre versioni, come quella che lo voleva, ormai privo di memoria, a capo di un popolo cannibale della foresta.

La spedizione di Percy Harrison Fawcett (Adventure Journal)

Un esploratore danese, tale Arne Falk-Rønne, che si addentrò nel Mato Grosso negli anni sessanta, raccontò però in un suo scritto di aver appreso da un nativo, Orlando Villas-Boas (grande esperto delle civiltà indigene), che Fawcett era stato ucciso dalla feroce tribù dei Kalapalo.

Villas-Bôas avrebbe addirittura recuperato le ossa di Fawcett, ma il figlio dell’esploratore, Brian, non accettò mai questa versione. Il vero destino dell'archeologo, del figlio Jack e dell’altro ragazzo della spedizione rappresenta dunque ancora un mistero. Forse destinato a non essere mai chiarito. Restano comunque le leggendarie vicende e le conquiste fatte da questo ineguagliabile amante dell’avventura.

Una figura mitica che, più di ogni altra, sembra aver fornito ispirazione per il fortunato personaggio di Indiana Jones.

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