Chi era davvero il Conte Ugolino che “mangiò i propri figli” e di cui parla Dante: un dramma eterno nella Storia
Visse nel XIII secolo ed era un nobile toscano, accusato di tradimento fu imprigionato insieme ai suoi figli e nipoti in una torre. Il gesto di una gravità incommensurabile. Il Sommo poeta lo incontra nell’Inferno.
Il Conte Ugolino della Gherardesca è una figura storica e letteraria che ha suscitato grande interesse e dibattito nel corso dei secoli. La sua notorietà è in gran parte attribuibile al celebre episodio descritto da Dante Alighieri nell'Inferno, dove Ugolino è rappresentato in una situazione di indicibile disperazione e atrocità. Questa narrazione si sviluppa attorno a un evento straziante: Ugolino che, in un momento di estrema esigenza, divora la testa dei propri figli.
Nobile toscano
Ugolino visse nel XIII secolo ed era un nobile toscano, governatore di Pisa, noto per le sue ambizioni politiche. Le sue vicende sono intrinsecamente legate a conflitti tra le famiglie nobiliari del tempo e a lotte di potere che contraddistinguevano l'epoca. Accusato di tradimento, fu imprigionato insieme ai suoi figli e nipoti in una torre, dove affrontarono la fame e la disperazione. Più precisamente il conte fu rinchiuso con i suoi parenti a Pisa nella torre dei Gualandi poi chiamata Torre della Fame dove morì nel 1289. Le vicende del conte Ugolino sono divenute illustri grazie ai profondi versi di Dante Alighieri nella Divina Commedia: «La bocca sollevò dal fiero pasto quel peccator…» che troviamo nel XXXIII canto dell’Inferno.
La pena del conte
Il sommo poeta, nella sua opera, approfondisce non solo la pena del conte, ma anche il contesto morale e filosofico della sua condanna. La rappresentazione di Ugolino nell'"Inferno" di Dante è caratterizzata da una profonda riflessione sulla questione della giustizia e della colpa. Il nobile, ridotto allo stremo, racconta a Dante le atrocità che ha subito e la sua disperata scelta di mangiare i propri figli. Questo gesto, di una gravità incommensurabile, solleva interrogativi sull’istinto di sopravvivenza e sulla natura umana di fronte a situazioni estreme. La narrazione di Ugolino mette in luce i temi dell’amore paterno e della dedizione, contrapposti alla devastazione causata dalla fame e dal tradimento.
È importante notare che la figura di Ugolino è stata oggetto di numerosi studi e dibattiti. Alcuni storici e critici hanno cercato di contestualizzare le sue azioni all’interno della complessità politica dell'epoca, mentre altri si sono concentrati sull'aspetto letterario e simbolico della sua storia. La sua immagine continua a destare interesse non solo come rappresentazione della tragedia umana, ma anche come riflesso delle dinamiche sociali e politiche di un'epoca in crisi.
Una figura tragica
In conclusione, il Conte Ugolino della Gherardesca è una figura tragica che, attraverso la sua storia, invita a riflessioni profonde sulla condizione umana, la vita e la morte. La sua rappresentazione nell'opera di Dante non è solo un racconto di miseria, ma un momento di confronto con le tenebre dell’animo umano, offrendo così un monito sulla fragilità dell'esistenza e sull'abisso della sofferenza.
Il castello in Sardegna
La figura del conte è anche per questo entrata nel mito. In Sardegna vi è un castello ritenuto appartenuto al celebre nobile pisano sin dal 1257, anno in cui divenne Signore della parte sud – occidentale della Sardegna dopo la caduta del Giudicato di Cagliari. Si tratta del Castello di Acquafredda situato a 30 chilometri da Cagliari, in territorio di Siliqua, su di un colle di origine vulcanica ad un’altezza di 256 metri sul livello del mare.