Valentina, la musa di Crepax. Quando l'erotismo si prende la scena e diventa arte
La vita del più immaginifico e audace degli illustratori in un docufilm. Storia di un genio tra musica, giarrettiere e letteratura
A pensarci bene anche quel cognome - Crepax con la x finale - sembra un segno grafico, uno di quei giochi che fa la vita quando ti preannuncia il destino, te lo indica. Milanese fino al midollo, Guido Crepax amò la sua città prendendone le distanze, "è bruttina", amò il suo lavoro di architetto ma lo tradì in fretta per la grafica, amò il design e la pubblicità ma soprattutto prevalse il piacere per la musica, dono di famiglia: suo padre era primo violoncello della Scala, suo fratello un talentuoso discografico. Di conseguenza Guido iniziò la sua carriera disegnando le copertine dei 45 giri e degli Lp, quel mondo parallelo e formidabile fatto di hit, suoni, confezioni. Fu lui a disegnare la cover della prima edizione di Nel blu dipinto di blu di Modugno, un pezzo nato su una suggestione pittorica: un quadro di Chagall che si intitola Le Coq Rouge dans la nuit, e che il pittore dipinse subito dopo la morte prematura della moglie. Crepax alle prese con quel ritornello immortale - Volare-oh-oh - non ha dubbi: disegna una ragazza con gli occhi azzurri, spalancati, e un omino che arriva dal nulla e le danza sui capelli.
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Crepax
Era il 1958. Da allora Crepax non ha fatto altro che modificare l'immaginario italiano attraverso i suoi segni. Un genio complicato, labirintico, coltissimo. Di questo e molto altro racconta Crepax -Lanterna Magica, il docufilm di Roberto Manfredi per la produzione di Stefano Piantini per RedShift. Un'opera che parteciperà fuori concorso anche alla sedicesima edizione di Sardinia Film Festival (Sassari, 3-8 dicembre) e che è un vaggio nell'immaginario "alto" e mercuriale di Crepax, padre del fumetto moderno, inventore del Graphic Novel, in bilico tra hit parade e biblioteche ardite. Fu lui a realizzare le copertine de il “Processo” di Kafka, “Dracula” di Bram Stocker, lo “Strano caso del dottor Jekyll e Mister Hyde” di Robert Louis Stevenson, e dei classici dell'eros come “Histoire d’O” di Pauline Réage.
E' un viaggio questo docufilm ma anche un gesto d'amore per un personaggio forse poco capito in vita, troppo colto per essere pop, troppo libero per non mettere in scena le fantasie erotiche delle ragazze che nei primi anni Settanta volevano riprendersi "pane e rose" in egual misura. Grazie alle testimonianze dei figli Caterina e Antonio Crepax, accompagnati da musicisti, critici d'arte e intellettuali si delinea il tratto di un genio, capace di illustrare i suoni di Miles Davis e Chet Baker, come quelli di Bobby Solo e Ricky Gianco, un innovatore che leggeva e dava struttura immaginifica al “Il giro di vite” di Henry James e per Linus nel 1965 diede vita alla sua creatura più amata, censurata, idolatatra, negata, segnata tanto dalle incomprensioni quanto da un'adorazione al limite del feticismo: Valentina. Questa donna magrissima, spesso nuda, a metà tra realtà e viaggi inconsci che sprofondano nelle allucinazioni oniriche, è il più grande alter ego di Crepax. E' il suo film che da privato diventa pubblico. I piani sequenza, i particolari - la bocca ad esempio - ma anche il profilo di schiena e glutei, come la Kiki violoncello di Man Ray, la rendono concreta e soprannaturale al tempo stesso. Valentina appunto. Tanto reale da avere una carta d'identità: nata a Milano, la notte di Natale del 1942, fotografa, residente in via Carlo d'Amicis numero 25. Lo stesso indirizzo di Guido Crepax che la inventò ispirandosi a una delle regine del cinema muto degli anni Cinquanta, la conturbante Louise Brooks, stesso caschetto nero, stesso erotismo sfacciato, volutamente ambiguo. Louise che amava uomine e donne, posava nuda, faceva scandalo. Quando Crepax le inviò per posta i disegni della sua Valentina lei gli scrisse: "Signor Crepax mi ha liberato da Hollywood e mi trasformata in un mito".
Mito era Valentina, ragazza d'inchiostro così carnale, materica, da uscire dalla carta e diventare segno, simbolo, fantasia e presenza. Presenza anche ingombrante, tanto che Luisa, la moglie di Crepax, adottò anche lei il caschetto e c'è una tavola in cui Valentina, con le calze d'ordinanza, è a letto tra i due coniugi. Fu sogno, bisogno, presagio Valentina Rosselli? Fu la donna che anticipò il proprio piacere per liberarsi dagli schemi, dai dogmi, o piacque per assecondare le fantasie maschili della preda che diventa protagonista nel gioco dei ruoli? Incapace di aver freddo, fame, di provar noia per la scomodità della giarrettiera, forse Valentina è tutto questo e molto di più. Certo fumetto di alto calibro, da mostra d'arte. E icona infine di un tempo che non si è concluso quando nel 2003 Crepax ci ha lasciati orfani e disorientati in un mondo di simboli. Perché Valentina ci sopravvive come un graffio, come l'innocenza perduta, come un urlo e un gemito, l'inconscio che si fa realtà e diventa vertigine. Valentina che canta il jazz di Baker, ad esempio. Se fosse una canzone sarebbe Almost Blue. E forse Crepax sorriderebbe.