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"Kurt Cobain, l'artista che ha dato voce alla generazione grunge": l'ultima lettera ai fan

Era il 9 aprile 1994 quando un elettricista scoprì il corpo senza vita del giovane cantante dei Nirvana: la band era al culmine di un successo straordinario e fulmineo

Francesca Mulasdi Francesca Mulas   
'Kurt Cobain, l'artista che ha dato voce alla generazione grunge': l'ultima lettera ai fan

"Non provo più emozioni nell'ascoltare musica e nemmeno nel crearla e nel leggere e nello scrivere da troppi anni ormai. Non posso imbrogliarvi, nessuno di voi. Non sarebbe giusto nei vostri confronti né nei miei. Il peggior crimine che mi possa venire in mente è quello di fingere e far credere che io mi stia divertendo al cento per cento. A volte mi sento come se dovessi timbrare il cartellino quando salgo sul palco. Ho provato tutto quello che è in mio potere per apprezzare questo e l'apprezzo, Dio mi sia testimone che l'apprezzo, ma non è abbastanza".

Con queste parole, tratte da una lunga lettera scritta a mano, Kurt Cobain si congedava trent'anni fa dalla sua esistenza terrena: lasciava la moglie, una bimba di pochi mesi e milioni di ragazzi e ragazze in tutto il mondo che vissero quella scomparsa come un lutto familiare, la perdita di un amico, di un fratello maggiore. Era il 9 aprile 1994 quando il suo corpo senza vita venne trovato da un elettricista dentro la casa di Whashington Boulevard, a Seattle: con Kurt, fondatore e frontmand della band Nirvana, una generazione di giovani perdeva un punto di riferimento prezioso, un artista malinconico e arrabbiato che era riuscito a trasformare in musica il senso di desolazione e fallimento della società contemporanea.

Cobain, una vita al limite

L'abuso di droghe, la separazione travagliata dei genitori, un'adolescenza passata con la valigia sempre pronta, un disturbo maniaco depressivo e sofferenze fisiche varie: negli anni tanti scrittori, giornalisti, biografi autorizzati e non hanno cercato la causa della profonda malinconia di Cobain, quel dolore dell'anima tanto insopportabile che lo ha portato  al suicidio. Ma in fondo ha senso cercare la causa ultima di un gesto tanto intimo? Ha senso scavare nella mente e nell'anima di un ragazzo che quella spiegazione l'aveva già affidata a una lettera d'addio? No, non ha alcun senso, sempre che non si voglia ancora cercare il mito della rockstar inquieta e maledetta perché tutto abbia una spiegazione nella morte, esattamente come in vita una certa parte della stampa musicale aveva costruito il personaggio Cobain. Kurt e le sue stranezze, la collezione di bambole rotte e deformi, la passione per la storia drammatica dell'attrice Francis Farmer, lo sguardo assente e l'espressione malinconica, gli aneddoti sull'adolescenza tormentata e quei mesi passati a vivere sotto un ponte, e poi il matrimonio con un'altra star maledetta, Curtney Love: quanto bastava per fare di Cobain un personaggio negativo, l'ennesimo musicista rock contro cui i benpensanti potevano accanirsi come cattivo esempio per i giovani.

"Nevermind", un successo mondiale

L'intero movimento grunge, che nei primi Novanta aveva in Nirvana, Pearl Jam, Janes Addiction e Faith No More i suoi punti di riferimento, stava dando voce a una generazione di ragazzi e ragazze che guardavano al futuro con disillusione e un senso di disagio e frustrazione. Il successo di Kurt Cobain e dei Nirvana, con Dave Grohl alla batteria e Krist Novoselic al basso (in seguito si aggiunse Pat Smear alla chitarra) fu rapidissimo e fulminante: "Album così buoni non solo sono rari da trovare, fanno quasi paura", scriveva Alternative Press a proposito di 'Nevermind', il secondo disco della band uscito nell'autunno del 1991, aggiungendo "Nel settembre 1991 i Nirvana erano solo un gruppo di culto a livello locale. Da ottobre, i Nirvana erano diventati gli U2 e Springsteen, Presley e i Pistols, tutti messi insieme in una sola ingarbugliata matassa". Il singolo 'Smells like teen spirit' raggiunse subito i primi posti delle classifiche mondiali, accompagnato da un video rabbioso e oscuro che oggi conta quasi due miliardi di visualizzazioni; in due anni la band conquistò un successo mondiale, arrivò sulle copertine delle stesse riviste considerate da Kurt parte di un sistema editoriale malato e mosso solo dal profitto, conquistò fan di paesi diversissimi grazie a concerti ovunque.

Il crollo dopo la tournée italiana

Il malessere di Cobain cammina insieme al successo: nell'ultimo, famosissimo live 'Unplugged', registrato il 18 novembre 1993 per MTV, ha lo sguardo triste e spento. Nel febbraio 1994 i Nirvana arrivano in Italia per due concerti tra Milano e Roma e partecipano alla trasmissione Rai 'Tunnel' con Serena Dandini e Corrado Guzzanti, pochi giorni dopo Kurt viene trovato in overdose da farmaci in un hotel romano; dopo le dimissioni torna in America e accetta di farsi ricoverare in una clinica di disintossicazione ma se ne va dopo appena due giorni. Sembra sparito nel nulla, la moglie e gli amici lo cercano ovunque. Il 9 aprile 1994 arriva la notizia che nessuno avrebbe voluto sentire: Kurt Cobain è morto, si è sparato con un fucile al piano terra della sua casa di Seattle. Ragazzi e ragazze di tutto il mondo accolgono quella notizia, in verità non inaspettata, con angoscia e tristezza, consapevoli che da quel momento in poi nulla sarebbe stato più lo stesso. Il mondo della musica perdeva una voce sensibile, malinconica e sincera, capace di interpretare l'inquietudine di una generazione e trasformarla in musica.



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