Anna Foa: “L’antisemitismo è in crescita, anche in Italia. Perché le femministe non hanno parlato degli stupri di Hamas?"
Intervista alla storica per la Giornata della memoria. “Opposto ad Hamas, anche quello di Netanyahu è estremismo: gli ebrei della diaspora e di Israele dovrebbero tenersene lontani. Ma perché le femministe il 25 novembre scorso non hanno ricordato gli stupri di Hamas?”
L’antisemitismo è in crescita? Anche in Italia? La domanda si pone sempre e si fa ancora più pressante per il Giorno della Memoria di quest’anno, istituito nel 27 gennaio per tenere viva la consapevolezza della Shoah, ovvero il tentativo teorizzato e praticato dal nazismo, affiancato da regimi come quello fascista, di cancellare gli ebrei dalla faccia della Terra, di sterminarli attraverso una moderna pianificazione industriale. Fu l’apice smisurato di un antisemitismo plurisecolare. Qui, non guasterà rammentarlo, risiede la tragica unicità della Shoah. Non è comparabile ad altro.
Quest’anno il 27 gennaio cade in tempi grondanti sangue: prima il 7 ottobre i terroristi di Hamas hanno attaccato Israele massacrando 1200 donne, bambini, uomini, stuprando, oltraggiando i cadaveri, prendendo circa 250 ostaggi. Come risposta il governo di destra di Benjamin Netanyahu ha scatenato un’offensiva spietata nella Striscia di Gaza che a oggi ha provocato la morte di quasi 26mila palestinesi e distruzioni.
Di antisemitismo parla qui Anna Foa, professore emerito di storia moderna all’università della Sapienza a Roma, nata a Torino nel 1944 e figlia di Vittorio Foa. Storica di grande sensibilità, si è occupata della Shoah, dell’antisemitismo, della Resistenza ebraica, della Diaspora, di storia femminile, oltre che di fenomeni di storia culturale come stregoneria, magia e ateismo. Parla una esperta che ha sempre avuto un'ottica culturale e ideale di sinistra senza dogmi.
Professoressa Foa, l’antisemitismo cresce?
Sì, soprattutto dal 7 ottobre e dalla guerra di Gaza. Da noi almeno non cresce in maniera eclatante, gli episodi sono sempre gli stessi. In Italia i più gravi e clamorosi sono forse la lettera che ha chiesto il boicottaggio delle università israeliane (è un appello lanciato il 3 novembre scorso da accademiche e accademici italiani “per chiedere un’urgente azione per un cessate il fuoco immediato e il rispetto del diritto umanitario internazionale” a Gaza, ndr) e che le femministe, nella manifestazione del 25 novembre scorso, non abbiano citato il caso aberrante del 7 ottobre. Per me è stata veramente pesante e conturbante: com’è stato possibile non aver parlato degli stupri di Hamas e aver sventolato la bandiera della Palestina anche in supporto di Hamas? Non sono stata una femminista militante ma ho sfiorato il movimento e credo che chi lo ha fatto sia profondamente antisemita. Altri episodi sono più limitati. Noi non abbiamo come in Francia giovani che vengono soprattutto da paesi ex coloniali decisamente contrari agli israeliani e in parte antisemiti.
Sui social però si leggono i soliti stereotipi e vengono da lontano.
Certo, hanno radici lontane. In parte è anche nella lunga storia dell’antigiudaismo e nel rapporto verso la minoranza ebraica. Resta il fatto che questo antisemitismo è cresciuto ma non ha toccato lo Stato come è accaduto sotto il fascismo: è un antisemitismo diffuso e lo caratterizza il fatto che ora viene dalla sinistra.
Scusi, ma quando Elly Schlein è stata eletta segretario del Pd sono fioccati insulti proprio di stampo antisemita contro di lei.
Certo, ricordo benissimo. Parlando di sinistra qui parlo del vasto strato di giovani studenti convinti di battersi per il più debole appoggiando non solo i palestinesi ma anche Hamas senza riflettere e senza veri dubbi su cosa sia Hamas: vuol dire appoggiare un partito che governa a Gaza sulla falsariga di un partito teocratico e dittatoriale che uccide anche i suoi e ha un sistema aberrante. Questo scompare. Viene fuori un antisemitismo con una vecchia storia dal 1968 in poi. Ricordo il 1982 durante la guerra del Libano: gli ebrei e anche io come ebrea di sinistra eravamo molto turbati, ci fu un appello firmato anche a Primo Levi, c’era un antisemitismo che diventava antisionismo. Ora le cose sono peggiori.
Vi contribuiscono molto il premier israeliano Benjamin Netanyahu con la sua politica violenta e con un ministro del suo governo, Amichai Eliyahu, che per la seconda volta ha evocato l’uso dell’atomica da sganciare su Gaza.
Quanto penso di Netanyahu e dei suoi ministri, e del governo precedente, è che hanno responsabilità enormi non solo nella guerra di Gaza, che dovrebbe finire e dove viene ucciso un numero di civili così alto: hanno responsabilità per l’appoggio dato ai coloni, a una voglia di riprendersi la Cisgiordania. Quello di Netanyahu è un governo estremista e messianico, ha velleità gigantesche ma non si giustifica quanto accaduto il 7 ottobre: lo scopo di Hamas era distruggere gli ebrei, creare una grande confusione, la guerra era prevista e voluta. Sono opposti ma sono due estremismi. Credo che gli ebrei della diaspora e di Israele dovrebbero prendere posizione: è una via molto stretta, tenendosi lontani da questi estremismi. In Israele sta partendo un movimento di opposizione; a Gaza c’è stata una manifestazione contro Hamas: se confermato sarebbe sintomo il che qualcosa sta cambiando.
L’antisemitismo è una malapianta dalla lunga storia. Basti ricordare l’accusa degli ebrei di deicidio, aver ucciso Gesù, quando tecnicamente gli autori sarebbero stati i romani.
Queste cose ci sono sempre state. Per molto tempo le persone sono state attente a non dirlo, ora dicono di tutto con facilità grazie anche allo sdoganamento del fascismo e dell’antisemitismo anche da parte degli stessi che si proclamano i migliori amici di Israele.
Come parlare soprattutto ai giovani?
L’unica cosa che si può fare è parlare ai giovani e continuare a celebrare la Giornata della memoria tenendo presente l’attualità: si può solo continuare a spiegare, a far studiare e insegnare la storia di quei fatti. Ma bisogna farlo bene, non retoricamente, non per celebrare la memoria come se avesse il compito di risarcire gli ebrei: invece ci si rivolge a tutto il mondo, la memoria è di tutti.