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Roberto Coroneo, la lezione di un uomo di cultura andato via troppo presto: perché va riscoperto

Forse è l'unico che possiamo annoverare fra coloro che, prima all'interno della Cittadella dei Musei di Cagliari, poi nella Facoltà di Lettere, ha creato un “Simposio” contemporaneo di studenti e apprendisti ricercatori nel campo delle discipline artistiche e non solo

Fabio Marceddudi Fabio Marceddu   
Roberto Coroneo - Foto di Giuseppe Ungari
Roberto Coroneo - Foto di Giuseppe Ungari

Raccontare e ricordare la figura di Roberto Coroneo è impresa ardua, sia dal punto di vista umano che dal punto di vista strettamente scientifico. Essendo “Lui” un raro esempio di formatore studioso è forse l'unico che possiamo annoverare fra coloro che prima all'interno della Cittadella dei Musei di Cagliari (luogo prescelto per tutte le discipline artistiche e archeologiche) poi nella Facoltà di Lettere, ha creato un “Simposio” contemporaneo di studenti e/o “apprendisti ricercatori nel campo delle discipline artistiche e non solo.

La sua peculiarità era quella di prendere il meglio da ogni studente, ognuno nelle singole competenze in cui eccelleva, e creare una collegialità, fatta di sincretismi, comparazioni, confronti e di mettere in comunicazione le diverse discipline. Il suo essere legato al territorio, e soprattutto collegato al mondo dell'editoria, essendo stato per molti anni redattore presso la casa editrice nuorese Ilisso, gli ha sempre permesso di “tradurre” in libri, monografie e pubblicazioni, l'esito delle sue ricerche che diventavano subito “Scripta” alla portata di tutti, e soprattutto dei futuri studenti.

Roberto era un uomo brillante, che non temeva di condividere il suo sapere e mettere a disposizione le sue conoscenze in un confronto continuo al servizio della comunità scientifica e non solo, e soprattutto firmare le sue pubblicazioni con gli studenti che avevano collaborato alla ricerca; unicità questa nel settore universitario, dove non di rado i docenti firmano le ricerche dei non titolati in attesa di riconoscimenti che in alcuni casi non arriveranno mai.

Le sue lezioni erano un viaggio altamente formativo ma alla portata di tutti: aveva il dono della semplicità e la volontà di far innamorare tutti della Storia dell'arte, e della Storia dell'arte in Sardegna.

E nonostante lui si fosse formato in un ambiente universitario poco incline alle novità e ai cambiamenti, ha sempre riconosciuto il valore della sua Maestra Renata Serra (grande studiosa che accolse e sviluppò l'eredità di Corrado Maltese e Raffaello Delogu) che meriterebbe un articolo a parte, rispetto alla quale si è evoluto e contraddistinto per “dedizione, condivisione, applicazione” ed evoluzione. La sua disciplina era ed è “Una storia dell'arte applicata” riscritta e rivelata, con collegamenti storici artistici antropologici in tutto il mondo dell'alto e del basso Medioevo, con particolare attenzione al pre-romanico asturiano ispanico, all'area bizantina dell'Impero Romano d'Oriente, e alla chiese a croce greca dell'Armenia che insieme alle chiese della Corsica sembravano rimandare, e quindi avere molte corrispondenze con molta produzione paleocristiana sarda a partire dal VI/VII secolo d.C.

Le sue ricerche hanno inondato di luce il Medio Evo isolano che forse così buio non fu.

Dal 1998 al 2012 ha ricoperto all'interno della Facoltà di Lettere tutti ruoli possibili (da ricercatore non confermato a Preside della Facoltà di Lettere) con una percezione del talento di ogni studente che mirava ad uno sviluppo personale per una crescita collettiva.

Un uomo illuminato che si è spento troppo in fretta, spesso circondato da persone non all'altezza del suo sapere, che in varie fasi hanno cercato di “condizionare o estromettere alcuni partecipanti di quel Simposio” con effetti solo sul breve periodo, perché quell'amore trasmesso è impossibile non ritrasmetterlo.

Roberto merita non solo di essere ricordato ma anche studiato.

L'arte era per lui oltre il mero studio pedante, era un modo per incidere e contaminare nel senso più ampio il mondo (nell'arte lui affermava gli stili si contaminano, la abusata parola influsso non vuol dire niente), quel mondo che lui amava e spesso raccontato da una delle sue scrittrici preferite: Marguerite Yorcenauer, che a partire da “Le memorie di Adriano”, fino a “Il tempo grande scultore” fu da Lui amata e in qualche modo presa fra i modelli eccelsi che gli indicarono una delle vie da percorrere.

La sua opera, i suoi studi e la sua didattica meritano di essere prese a modello perché ancora avveniristiche, affinché possa essere un esempio da seguire, per un futuro in costruzione ancora possibile.

Fabio Marceddudi Fabio Marceddu   
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