Suonare il piano all'ombra del nuraghe per ripopolare Rebeccu, borgo fantasma nel cuore della Sardegna
Il Festival MusaMadre riporta nell'Isola i nipoti dei sardi emigrati in tutto il mondo mescolando lingue, arte, letteratura e sogni. Anche nel nome di Michela Murgia
Questa storia si intitola MusaMadre e al suo interno come una Matrioska contiene decine di rivoli che mutano per diventare altri scenari, racconti. E' un'idea diventata una sfida, una sfida trasformata in un gioco collettivo, è un incanto fatto di suoni, corpi, visioni. E' un atto d'amore ed è un percorso, più di un festival, molto di più. Siamo in Sardegna, intanto, nel Logudoro. Siamo nel centro dell'Isola, in quello che era il granaio d'Italia. Terra d'oro, appunto, di vulcani che dormono da millenni, di nuraghi e fonti sacre, di canyon e falesie, di boschi e d'acqua. Siamo a Rebeccu, unica frazione di Bonorva nel Sassarese. L'idea diventata sfida è ripopolare il borgo disabitato dagli anni Cinquanta, restituirgli voci, anime. Portare musica, cinema, teatro, libri e spettacoli. Ma non solo.
L'altra parola chiave di questa storia è Ischeliu che in sardo è il richiamo. Il richiamo delle origini, della casa, delle radici. Valeria Orani, cagliaritana, vive a New York. Si occupa da sempre di produzioni e di eventi, di teatro e cultura. L'ischelieu lei lo conosce bene come tutti gli emigrati per scelta o necessità. Per questo ha deciso che Rebeccu poteva diventare il luogo della ritornanza, la domus per ricostruire il viaggio di chi ha lasciato la propria terra. Ha lanciato un messaggio in bottiglia, nel mare magnum dei social. "Sei di origini sarde ma non conosci l'Isola? Ti ospitiamo noi per una settimana in una residenza artistica". MusaMadre ha accolto così ragazze e ragazzi, uomini e donne provenienti da America, Australia, Inghilterra, Scozia, Olanda, Francia che insieme hanno scritto, girato cortometraggi, cucinato, suonato, ballato. Hanno raccolto le loro personali esperienze e le hanno condivise nelle nove casette, una canonica e un ostello ristrutturati dal Comune di Bonorva.
Rebeccu ha ripreso a respirare, il paese non era morto ma solo addormentato. Il risveglio ha coinvolto non solo gli "expat" ma anche coloro che qui, in questa piana d'oro, hanno deciso di restare, e hanno aperto porte, ospitato, diviso con gli "stranieri" saperi e pane, formaggio e percorsi. Antonello, per esempio, che pietra dopo pietra ha costruito un agriturismo dove c'era il mulino dei suoi avi lungo il fiume di Santa Lucia. Sas Abbilas si chiama, le aquile, che qui volano alte come i pensieri. O Tonino che conosce ogni domus de janas, ogni nuraghe, ogni anfratto di un territorio spettacolare, un colpo al cuore tra sterrati e panorami larghi, imprevedibili. O Giammario che a Firenze faceva lo chef ma ha deciso di fare pace con la nostalgia ed è tornato, si è comprato un rudere accanto a quella che era la casa dei nonni e lo sta ristrutturando con le sue mani, usando il legno di ginepro che profuma come un fiore. O Chiara che ha studiato a Brera però ha capito che l'ischeliu va ascoltato ed ora è qui per fare arte.
C'è chi ha portato sedie, chi vino, chi storie, chi saperi per nutrire MusaMadre. Come Antonio Marras - stilista - che ha disegnato l'immagine del Festival, usato cesti di spighe di grano per riallestire l'interno della chiesetta del borgo. Per il terzo anno consecutivo la piazza di Rebeccu, grazie alla direzione artistica di Valeria Orani, è diventato crocevia di lingue, esperienze, narrazioni. Per un mese, in questa estate, si sono dati il cambio - tra gli altri - lo scrittore Jeff Biggers, l'attore/conduttore Fabio Canino, il fumettista Otto Gabos, l'attrice Isabella Ragonese in veste di film-maker, il produttore Paolo Pisanelli che ha raccontato la vita di Cecilia Mangini, prima documentarista italiana, il pianista Andrea Granitzo che ha suonato nella Necropoli di Sant’Andrea Priu, la performer Alessandra Cristiani che ha volteggiato come un angelo sull'acqua della Fonte nuragica di Lumarzu.
Nel nome della Serendepità - quello strano, magico fenomeno che permette di fare scoperte per puro caso o imbattersi nella sorpresa dell'imprevisto - il borgo dimenticato al centro della Sardegna si è ripreso la memoria, la dignità, il cuore palpitante di una storia millenaria che ha la dignità per incrociare il futuro e riscriverlo. Magari guardando il cielo nella notte di San Lorenzo con l'astronomo Ettore Perozzi mentre una stella cadente illuminava il buio. E chissà, ma piace pensare fosse un saluto di Michela Murgia alla sua terra amatissima, l'ultimo incanto di Kelledda per ricordarci il valore delle differenze, delle imperfezioni, del bene che è questione di anima e non di sangue. Si replica fra un anno esatto. MusaMadre vi aspetta. Ci aspetta