Rachel Carson, la scienziata che denunciò i pesticidi e fu crocifissa dalle multinazionali d'America
Giornata della terra: omaggio alla prima ambientalista. Dopo di lei è nato il movimento ecologista. Messa al bando, ora riscoperta

La ricordano in pochi Rachel Carson. Eppure la campagna per denigrarla non è mai finita. Perfino Michael Crichton, lo scrittore best seller di Jurassic Park, è riuscito a citarla di traverso, e attaccarla in Stato di Paura, il suo romanzo del 2004. Tutta "colpa" (o meglio merito) della battaglia di questa scienziata indomita contro l'uso massiccio dei pesticidi e del Ddt. Oggi, a ridosso della giornata mondiale della Terra, andrebbe celebrata: lei, signora dell'ambientalismo, la piccola, temeraria donna che ha battuto anche le multinazionali senza mai arretrare. L'antica madre di ogni Greta. Di ogni ragazzo e ragazza che manifesta contro i disastri del clima. La prima a dirci: attenzione, ci stiamo approfittando di questo Pianeta, non sappiamo quali saranno le conseguenze.
Oggi paghiamo tutto, con gli interessi.
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Carson, la figlia di Madre Terra
Primavera silenziosa (Silent Spring) esce a puntate sul New Yorker a partire dal giugno del 1962 e il 27 settembre dello stesso anno viene pubblicato dalla casa editrice Houghton Miffin. Il titolo non è casuale. Ci sono uccelli che non cantano più, gabbiani che hanno smesso di volare, ci sono specie cancellate dalla furia umana. Come riporta Simone Petralia in "Oggi Scienza" questo saggio: "non parla semplicemente dei danni prodotti dai pesticidi, ma affronta il problema molto più complesso del rapporto tra esseri umani e natura e mette in discussione l’idea di un progresso scientifico senza limiti né vincoli".
Rachel dedica il libro ad Albert Schweitzer, Premio Nobel per la pace, il medico che andò a curare gli ultimi in Africa, i dimenticati, i cancellati, e disse "L'uomo ha perduto la capacità di prevenire e prevedere. Andrà a finire che distruggerà la Terra". Rachel in Primavera Silenziosa scrive: “Penso che come umanità siamo chiamati ad affrontare la più grande sfida della nostra storia. Dimostrare la nostra maturità e la nostra capacità di padroneggiare non tanto la natura, quanto noi stessi".
Il libro ha un potere deflagrante, arriva a vendere un milione di copie. Tanto che le multinazionali della chimica investono migliaia di dollari pur di screditare Carson. La attaccano in ogni modo, ma soprattutto sul piano personale: non è sposata, non ha partorito, una nullipara figuriamoci, è un'isterica, è irrazionale, probabilmente comunista. Ezra Taft Benson, ex segretario del Dipartimento dell’Agricoltura americano, lo dice nero su bianco: “Come mai una zitella senza figli è così interessata alla genetica?”.
Ma la battaglia di Rachel non si ferma: il comitato scientifico istituito da John Fitzgerald Kennedy per valutare l'impatto degli studi di Carson dà ragione alla scienziata e nel 1963 raccomanda il graduale abbandono dei pesticidi tossici. Nove anni dopo il presidente Richard Nixon vieterà l'utilizzo del Ddt in agricoltura negli Stati Uniti: 100mila tonnellate prodotte ogni anno.
Carson non avrà la possibilità di fare festa a suo modo: camminando laddove si infrangono le onde o passeggiando sotto gli alberi dell'infanzia. Un tumore al seno se la porterà via a 57 anni, nell'aprile del 1964.
Ora il tema del Ddt è di nuovo in auge, in ambito scientifico, come "unico rimedio" contro la malaria in Africa e in India. Così nuovamente dibattuto da dimenticare che la battaglia di Rachel Carson fu diversa, che la sua non fu una guerra contro il Dicloro-Difenil-Tricloroetano ma una sfida necessaria a sostegno di una ricerca altra, sostenibile per noi e per la Natura. Quando esimi scienziati, famosi scrittori che parlano di "caro, vecchio Ddt" dicono che vietare il Flit (così lo chiamavamo in Italia) "ha ucciso più persone di Hitler", dimenticano che Carson non ha mai sostenuto un divieto assoluto dell'insetticida, ma semmai una sua regolamentazione. E tutto questo accadeva in un Paese come gli Stati Uniti dove perfino la pubblicità dell'epoca diceva che mangiare Ddt faceva bene:" Ddt, so safe you can eat it”.
Nel 2020, l'ultimo rapporto della riunione congiunta delle Nazioni Unite sui residui di pesticidi, ha dimostrato che programmi ben gestiti di irrorazione di Ddt in ambienti chiusi non comportano danni agli esseri umani o alla fauna selvatica. Ci sono terre come il Sudafrica, e almeno altri 14 Paesi africani che continuano a usare il Flit contro la malaria - una malattia che colpisce tra 300 e 500 milioni di persone ogni anno- con discreti risultati. Più facile, più economico spruzzare a casaccio, a tonnellate, che cercare altro, ovvio, o dotare di zanzariere o altri presidi medici le popolazioni a rischio. Salvo poi dimenticare che in questa esegesi del Ddt e dei pesticidi la zanzara della malaria è più furba degli esseri umani e che in Asia, ad esempio, ha imparato a difendersi: non muore più. Mentre invece ci ammaliamo noi per le conseguenze dei fitofarmaci e di tutte le violenze che usiamo alla Terra, la Madre che ogni giorno prendiamo a calci, in nome di un falso progresso che è veleno.