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Misteri, depistaggi, reperti spariti e due sentenze dimenticate: così è stato massacrato Pasolini

Sono passati 47 anni dall'omicidio del Poeta: abbiamo riletto le carte e i dati dell'autopsia: restano almeno dieci domande senza risposta, mentre rispunta dal nulla l'auto rottamata del Poeta

Daniela Amentadi Daniela Amenta   
Misteri, depistaggi, reperti spariti e due sentenze dimenticate: così è stato massacrato Pasolini
2 novembre 1975, il corpo senza vita di Pasolini all'Idroscalo di Ostia

Pier Paolo Pasolini viene trovato morto all'alba del 2 novembre del 1975 all'Idroscalo di Ostia, Roma. Poche ore prima, alla Stazione Termini, ha caricato a bordo della sua auto, un ragazzo di vita. Insieme raggiungeranno l'estrema periferia della città, un luogo buio e isolato, nelle vicinanze del mare.

2 novembre 1975: il film delle prime ore
ore 1.30.
I carabinieri della stazione di Ostia Lido fermano un'Alfa Gt che viaggia contromano nei pressi di Piazzale Cristoforo Colombo. Ad intimare l'alt sono i militari Antonino Cuzzupè e Giuseppe Guglielmi. Il guidatore alla vista dei militari tenta una manovra spericolata, batte la testa sul volante, abbandona la macchina e scappa a piedi. Verrà bloccato e condotto in caserma. Sarà identificato come Giuseppe Pelosi, 17 anni, residente a Guidonia. Piccoli precedenti. Presenta sulla testa una “ferita lacero contusa al cuoio capelluto”. Dal controllo del libretto ritrovato nell'auto si scoprirà che il mezzo appartiene a Pasolini Pier Paolo, nato a Bologna il 5 marzo 1922, residente a Roma, via Eufrate 9, professione: "Giornalista".
ore 4
Giuseppe Pelosi viene arrestato per furto d'auto
ore 7
La prima giornalista ad arrivare all'Idroscalo di Ostia è una giovane cronista di Paese Sera, ha 22 anni, si chiama Lucia Visca. Ha avuto una soffiata da un brigadiere dopo la denuncia di una donna, Maria Teresa Lollobrigida, che con la famiglia sta costruendo una baracchetta abusiva lì, al mare. E' lei a rinvenire il "fagotto" un'ora prima, "Pensavo fosse un sacco di monnezza, era un uomo", dirà.
ore 7.15
Dal libro di Lucia Visca "Pasolini 1922-2022 - Un mistero italiano" (Edizioni All Around): "A una settantina di metri dal cadavere, salta fuori una camicia, di fustagno (...) Attaccata sulla parte bassa, sotto l’ultimo bottone, all’interno, c’è una specie di targhetta (...). Le attaccano le lavanderie per non perdere i capi dei clienti. Fango e sangue non hanno cancellato il nome: “Pasolini”. Arriva il commissario Gianfranco Marieni, vice del vicequestore di Ostia. Si prende la responsabilità e fa girare il cadavere senza aspettare il giudice istruttore. «Pasolini», mormora. Quando lo gireranno, lo scempio sarà inguardabile. Ferite evidenti alla testa e al torace. La mano sinistra fratturata, le dita quasi tagliate. Il volto è una maschera di lividi e sangue, irriconoscibile. Un orecchio non c’è più"
ore 8
Giuseppe Pelosi viene portato dai carabinieri a Roma, per via della ferita in testa sarà prima controllato dal medico di guardia di Regina Coeli. E' un giovane psichiatra, si chiama Michele Crebelli, trova il ragazzo arrabbiato, molto agitato, ma in buona salute. Il ragazzo dirà: "L'ho ammazzato io, sono stato io". Dirà che ammazzato Pasolini. Viene condotto al carcere minorile di Casal del Marmo.
ore 9
Dal libro di David Grieco: La macchinazione (Rizzoli) "La scena del delitto non è interdetta, nè limitata. Non ci sono nastri a circoscrivere la mattanza. Nella notte ha piovuto, all'Idroscalo ormai è una fanga". Arrivano a frotte reporter, tv, e gli amici del Poeta, Il corpo è steso in terra, coperto da un lenzuolo.
Ore 10.15
Dal libro di Lucia Visca: "Sono le 10,15 quando Ninetto Davoli scende dalla gazzella che lo ha accompagnato all’Idroscalo. Quasi corre verso il capannello attorno al cadavere del poeta. Mormora qualche cosa ai carabinieri, si allontana verso il capannello dei giornalisti: «È Pier Paolo. L’hanno ammazzato», sussurra.(...) Mentre tutto si compie, il campetto di calcio subito dietro il cadavere si popola. Due squadrette si mettono a giocare a pochi metri dal corpo.(...) Potrebbero esserci segni lasciati dall’assassino, potrebbero esserci prove. Se così fosse, tutto sarebbe perduto."

La foto segnaletica di Pino Pelosi

Prima deposizione di Giuseppe Pelosi, detto "la rana", 5 novembre 1975
Pelosi racconta di un alterco con Pasolini all'Idroscalo per via di un rapporto orale cui non intendeva prestarsi. Dirà poi di non conoscere l'uomo che lo ha rimorchiato, ma durante il primo interrogatorio lo chiamerà sempre "Paolo". Come mai? Cambierà il tiro nelle successive deposizioni parlando di "quell'uomo, o quel signore". Poi, più in là nel tempo, ammetterà una pregressa frequentazione. Sapeva insomma chi era Pasolini. Non un "cliente" qualsiasi. 
L'alterco diventa rissa, Pasolini raccoglie da terra un bastone, segue una lotta.
Parla Pelosi: "Paolo mi ha colpito col bastone, ora ricordo. era un paletto verde, e mi ha colpito alla tempia, alla testa e in varie parti del corpo. Io ho visto per terra una tavola e gliel'ho rotta in testa, ma questo non è servito a farlo smettere. Sembrava che non avesse sentito niente e sembrò non sentire nemmeno due calci nelle "palle". Allora gli ho afferrato i capelli, gli ho abbassato la faccia e gli ho dato due calci in faccia. Il Paolo barcollava, ma ha trovato ancora la forza di darmi una bastonata sul naso. Allora non ci ho visto più e con uno dei due pezzi della tavola di cui ho detto prima l'ho colpito di taglio più volte finché non l'ho sentito cadere a terra e rantolare. Allora sono scappato in direzione della macchina, portando con me i due pezzi di tavola che ho buttato e anche il paletto verde che ho pure buttato vicino alla rete e vicino alla macchina. Subito dopo sono salito in macchina e sono fuggito con quella. Ero stravolto e ho impiegato del tempo permetterla in moto e per accendere le luci. Nel fuggire non so se sono passato o meno con l'auto sul corpo del Paolo".

 

L'autopsia
La concentrazione delle lesioni è tutta nella parte superiore del corpo di Pasolini: le braccia e la testa. Non esistono assolutamente tracce di colpi a stampo, ovvero catene, sbarre di ferro o martelli.
Le ferite sono di due tipi: alcune provocate da un oggetto contundente non molto largo (un bastone), altre dalla tavoletta. Le mani sono nere, ecchimotiche, qui e sulle braccia sono state rilevate tracce della vernice della tavoletta. Pelosi ammette di aver preso il Poeta a calci nei testicoli, l'esame autoptico parla di gravi lesioni ai genitali. E' in questo istante che Pasolini perde i sensi. La morte sopraggiunge dopo, quando l'auto investe il corpo inerme per ben due volte, schiacciando gli organi vitali. 

Gli stivali di Pasolini la notte dell'omicidio

Dieci interrogativi senza risposta
Domanda 1): La controinchiesta dell'Europeo - Articolo di Duilio Pallotelli, 25 novembre 1975.
"Il bastone è stato trovato a settanta-ottanta metri dal corpo. E’ lungo circa ottanta centimetri, mezzo marcio, presenta tracce di sangue e di capelli. La tavoletta è stata invece raccolta vicino al cadavere. Ciò fa presumere che l'azione delittuosa si sia svolta in due tempi: l’assassino (o gli assassini) ha prima usato il bastone che a un certo punto si è spezzato. Pasolini intanto si è spostato verso la strada asfaltata, è caduto a terra, ed è stato quasi finito con la tavola. Ma a questo punto c’è da porsi una domanda fondamentale: come faceva Pasolini a percorrere ottanta metri, avendo ricevuto, come primo colpo, un terribile calcio al basso ventre (documentato dall’autopsia) che avrebbe steso a terra un uomo anche più forte e resistente di lui?". 

Domanda 2): Pasolini è un "grumo di sangue". Parliamo di un uomo atletico, sportivo, di 53 anni, poco più basso del suo aggressore (1 metro e 67 cm Pier Paolo, un metro e 70 "La Rana") che lotta contro un ragazzino di 17. Sui vestiti di Pelosi verranno rinvenute solo due macchioline di sangue: una sul polsino, l'altra sul fondo dei pantaloni. Come è possibile che in quella mattanza l'omicida si sia appena sporcato. Il taglio sulla testa che presentava l'assassino "può esser dovuto all’urto del Pelosi contro il volante della macchina quando i militi l’hanno mandato fuori strada. L’ha ammesso egli stesso di aver sbattuto la testa sul volante". Nessuna ferita, insomma per l'aggressore. Qualcosa non torna. 

Domanda 3): Altro sangue di Pasolini viene rinvenuto sul tetto dell'Alfa. Come è finito lì e perché?

Domanda 4): Dalla controinchiesta dell'Europeo: "Lo scrittore è morto perché il suo cuore è scoppiato quando le ruote dell’Alfa 2000 (presumibilmente l’anteriore sinistra e la posteriore sinistra) gli sono passate sopra schiacciandolo. La macchina era molto distante, poteva girare benissimo dove era parcheggiata e, una volta in marcia, era molto improbabile che finisse sul corpo inerme “per caso”. Nel punto in cui giaceva Pasolini lo sterrato è molto ampio e la vettura poteva scorrere comodamente di fianco. La retromarcia è dunque un particolare che non ha senso. Come non sembra sensato affermare che la macchina è passata due volte sul corpo dello scrittore: se ciò è avvenuto, i due passaggi si sovrappongono in maniera perfetta. È una cosa che capita una volta su un milione".

Domanda 5): Durante l'interrogatorio nella caserma di Ostia Pelosi chiederà di riavere un pacchetto di sigarette e un accendino lasciati nella macchina di Pasolini. Reperti mai ritrovati. Chi li ha presi? Qualcuno oltre "la rana" guidò l'Alfa del Poeta?

Domanda 6): Gli occhiali di Pasolini sono stati ritrovati all'interno della vettura. Il Poeta era miope. Difficilmente in un luogo buio, impervio come l'Idroscalo si sarebbe separato delle sue lenti. Perché non aveva gli occhiali con sé?

Domanda 7): A chi appartenevano il maglione verde e un plantare destro misura 41 trovati all'interno dell'Alfa di Pasolini?

Domanda 8): L'orecchio sinistro del Poeta risulta completamente mozzato. Una ferita del genere a quale momento dell'aggressione può venire ascritto?

Domanda 9): La scena del delitto, come abbiamo detto sopra, non fu transennata, poco dopo la scoperta del "cadavere eccellente" arrivarono truppe di inquirenti e giornalisti. Mentre erano in corso i rilievi, un gruppo di ragazzini improvvisò una partitella a pallone. Perché almeno loro non furono fermati?
E inoltre: l'auto di Pasolini fu lasciata senza neppure una copertura, neppure un telo, nel parcheggio del Commissariato di Ostia. Se c'erano prove, ci pensarono le intemperie a cancellarle per sempre. Perché? Dell'Alfa Romeo Giulia 2000 GT Veloce di Pasolini parleremo più avanti: sembrava essere stata rottamata ma è invece ancora in giro.

Domanda 10): 26 aprile 1976. Sentenza del processo di primo grado. "Il Tribunale dei Minori di Roma, presieduto dal giudice Alfredo Carlo Moro, emette la sentenza nel processo per l’uccisione di Pier Paolo Pasolini, dichiarando: Pelosi Giuseppe colpevole del delitto di omicidio volontario in concorso con ignoti". Sentenza confermata dalla Cassazione nel 1979. Maria Agrimi, come Moro, sancisce che altri c’erano quella notte all'Idroscalo. Chi erano? Chi sono gli ignoti?

 

Le ritrattazioni di Pelosi
Il 7 maggio 2005 il reo confesso afferma in tv, nel corso di un programma della Rai "Ombre sul giallo", di non aver ucciso Pasolini che sarebbe stato massacrato a bastonate e catenate da tre persone, a lui sconosciute, che parlavano con accento siciliano
Nel settembre 2011, nella sua autobiografia, Pelosi racconta di non aver incontrato per la prima volta Pasolini la sera del delitto ma di averlo conosciuto all'inizio dell'estate e di averlo frequentato con una certa assiduità.
Affermò di essere stato minacciato di morte assieme ai suoi genitori da parte di uno degli aggressori, e di aver atteso la loro morte per iniziare a parlare. I due potrebbero essere i fratelli Franco e Giuseppe Borsellino, criminali comuni di origini siciliane, spacciatori, militanti del Msi uccisi dall'Aids negli anni novanta.
Per l'omicidio Pasolini, Pelosi resterà in carcere per un totale di 9 anni e 7 mesi. E' morto a 59 anni il 20 luglio del 2017 per un cancro ai polmoni.

I funerali del Poeta

La gestione dei reperti
Gli oggetti ritrovati sul luogo dell'omicidio sono conservati dalla Procura di Roma in una vecchia scatola di cartone chiusa alla bella e meglio con del nastro adesivo. E' la numero 3257 C. All'interno si trovano, tra l'altro:  la camicia della vittima ancora intrisa di sangue, il tesserino da giornalista di Pasolini, i suoi occhiali, un libro, alcune foto del Poeta, il maglione verde, un piccolo bastone e una tavoletta di legno rotta in due parti. L'Alfa GT, uno dei reperti più importanti, dopo essere rimasta per anni nel cortile del Commissariato di Ostia, viene portata presso l’Autodemolizione Rozzi della Capitale nel 1981 dalla cugina del Poeta, Graziella Chiarcossi, accompagnata da Ninetto Davoli (Davoli dirà che era l'87, la data è incerta, insomma). L'auto targata Roma K69996 in realtà non viene distrutta e riappare dal nulla nel 2018. La storia viene raccontata su Il Giornale da Giuseppe Pollicelli che sottolinea: "il mezzo risulta attualmente di proprietà di una persona residente in provincia di Varese, la quale lo ha acquistato pagandolo 15mila euro, da un uomo residente in provincia di Trapani che lo ha reimmatricolato il 6 maggio del 2019". Un'altra follia in una vicenda costellata da inciampi, disattenzioni e dimenticanze.

Le ultime indagini e i cinque nuovi profili genetici
Nel 2010 viene riaperta l'inchiesta sull'omicidio Pasolini dopo la denuncia presentata da Guido Mazzon, cugino della vittima. I carabinieri del Ris individuano almeno cinque profili genetici "non attribuibili" sui vestiti indossati dal poeta la notte dell'omicidio e su alcuni reperti. Cinque tracce senza volto e non riconducibili a nessuna delle persone che, negli anni, sono state coinvolte nelle indagini. Nel maggio 2015 a chiudere il caso definitivamente sarà il Gip Maria Agrimi che accoglie la richiesta di archiviazione della  Procura: impossibile attribuire le tracce di Dna identificate. Quarant'anni dopo cala il sipario sulla mattanza all'Idroscalo.

Gli occhiali di Pasolini ritrovati sulla sua auto

Chi doveva parlare allora ha taciuto. La maggioranza dei protagonisti è morta, a cominciare da Pelosi che si è portato nella tomba segreti e misteri di un omicidio che ha cambiato il profilo del Novecento, lasciandoci per sempre orfani di un intellettuale che è stato bussola e provocazione. L'uomo che scriveva: "Amo ferocemente, disperatamente la vita. E credo che questa ferocia, questa disperazione mi porteranno alla fine". Si chiamava Pier Paolo Pasolini, era l'uomo che sapeva.

 

Daniela Amentadi Daniela Amenta   
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