La piccola Nina scampata a un atroce destino: così l’Ong indiana Cini salva le bimbe da un futuro segnato
La vicenda di una bengalese poverissima sottratta a una sorte diffusa in più Paesi. La racconta Eliana Riggio, volontaria e presidente del ramo italiano dell’associazione umanitaria creata per tutelare i diritti dei bambini e delle donne più fragili
Nina Das (nome di fantasia perché minorenne) ha 14 anni, è bengalese, vive in una baraccopoli di Calcutta dove i genitori si sono trasferiti dopo che uno dei tanti cicloni sempre più violenti e frequenti li ha costretti ad abbandonare il loro piccolo appezzamento di terra. La sorte di questa ragazzina di una famiglia poverissima pare segnata: un matrimonio combinato da minorenne anche se in India è reato. Invece Nina è stata sottratta a quel destino di sposa-bambina grazie all’intervento della Ong indiana Cini (Child in Need Institute, si pronuncia “sini”) fondata il 1° febbraio 1974 dal pediatra Samir Chaudhuri per far crescere sani i bambini poveri, per evitare tanti decessi infantili causati dalla denutrizione, per aiutare le madri durante e dopo la gravidanza, per prevenire – appunto – casi di spose-bambine e arginare questa autentica piaga. In breve: l’ong lavora per tutelare i diritti, troppo spesso calpestati, dei bambini poveri.
Elena Riggio racconta: “Nina ha avuto le mestruazioni ed è in pericolo”
Chi riepiloga l’emblematica vicenda di Nina è Eliana Riggio, una vita trascorsa a lavorare per l’Unicef, moglie di Chaudhuri, presidente, a titolo volontario e gratuito, del ramo italiano con sede a Verona. L’associazione umanitaria “per bambini e donne fragili” ha appena compiuto 50 anni e ha ramificazioni anche in Gran Bretagna, Svizzera, Stati Uniti (onde evitare confusione, non è collegata alla Fondazione Cini di Venezia).
“La famiglia di Nina ha tre figlie e un figlio, tutti sotto i 18 anni. Quando la famiglia si trasferisce nello slum di Calcutta, in un riparo fatto di pali di bambù e plastica, la tolgono da scuola. Il papà va in giro tutto il giorno per cercare lavoro; la mamma fa la domestica presso tre famiglie nei grattacieli appoggiati allo slum, inizia alle 5 di mattina e rientra alle 10 di sera; il loro figlio lavora; la sorellina di 12 anni si occupa della più piccola; Nina ha avuto le mestruazioni ed è in pericolo, può diventare oggetto delle attenzioni di vicini e passanti, diventa una preda sessuale”.
Il matrimonio precoce combinato dai genitori
Il matrimonio precoce combinato pare l’unica soluzione ai genitori di Nina e nella loro comunità, tra le baracche e ripari precari nella bidonville, cercano un candidato della medesima casta. “Nina dovrà piacere ai suoceri – racconta Eliana Riggio – perché dovrà occuparsi degli anziani, procurare un reddito, diventare una risorsa, lavorare in casa. Il marito può essere minorenne o meno, la differenza di età più comune è di dieci anni: lei si troverà ad avere regolarmente rapporti sessuali, e possiamo considerarla una forma di violenza sessuale, anche perché possibilmente dovrà generare un maschio”.
“Prevenire il fuoco, non spegnerlo quando è già acceso”
Come interviene allora l’associazione? Riggio continua: “Il nostro atteggiamento non è di ‘spegnere il fuoco già acceso’, è cercare di prevenirlo creando un solco e lavorando nelle comunità più povere, nelle baraccopoli, nei villaggi: aiutiamo le famiglie in modo che non consegnino i bambini al lavoro minorile, che non facciano sposare le loro bambine, che non tolgano i figli bambini da scuola”. Problemi di portata enorme: è semplice capirlo anche nel nostro Occidente, metterlo in atto magari non è semplice.
“Lavoriamo soprattutto attraverso la ‘partecipazione’, una forma di democrazia dal basso in comunità non alfabetizzate e con pochissime risorse economiche. Non ci poniamo come ‘supplenti’ di altri: da un lato cerchiamo di aiutare i genitori, gli operatori dei servizi, gli insegnanti, gli enti locali, lo Stato; dall’altro diamo voce ai bambini fin dall’infanzia in modo che partecipino ai loro processi di sviluppo. Negli slum creiamo piccoli gruppi dove i bambini discutono dei loro problemi e aiutano, dal loro punto di vista, gli adulti a risolverli”. Qui si immette la storia di Nina.
I bambini di Cini avvisano i genitori di Nina
“Nina entra in uno dei ‘Children’s group’ di Cini: è piuttosto intelligente, vivace, confessa a un’amica del gruppo che i genitori parlano con altri genitori per farla sposare nei prossimi due mesi, stanno raccogliendo abbastanza soldi da renderla appetibile, senza dote non riuscirebbero a sposarla, dovranno dare un televisore e una certa somma di denaro. I bambini del gruppo dicono di parlarne con gli operatori di Cini e le chiedono se sa che il matrimonio dei minorenni è contro la legge. Lei risponde di non saperlo, nel suo villaggio tante bambine sono già sposate. Gli altri bambini si radunano intorno a lei e dicono: è nostro diritto non sposarsi prima 18 anni, i tuoi genitori violano la legge, potrai morire di parto, dovrai avere rapporti sessuali con tuo marito ogni notte, dovrai lavorare per la suocera, la rendono cosciente del pericolo. Lei risponde che il suo desiderio più grande è studiare, capisce che se si sposa i suoi sogni si infrangeranno, si sente impotente e domanda: ‘cosa posso fare contro mio padre e mia madre?’ Allora gli altri bambini vanno dai genitori di lei e li avvisano: ‘Vi rendete conto che mettete vostra figlia in pericolo? Che infrangete i suoi diritti?’ La mamma di Nina risponde che lo capisce ma lei stessa e suo marito, i nonni e altri prima di loro si sono sposati prima dei 18 anni e sostiene che è loro dovere trovarle marito prima dei 18 anni”.
Il matrimonio precoce viene sventato
A questo punto, racconta ancora Eliana Riggio, la bambina ha acquisito consapevolezza dei propri diritti, un passaggio decisivo. Einterviene un operatore di Cini. Da un lato avverte i genitori che, se continuano, può denunciarli alla polizia la quale impedirà il matrimonio, dall’altro agisce “con la famiglia, con l’aiuto del governo locale, con il quartiere e con la polizia, il caso viene reso noto a tutti e matrimonio viene sventato prima che venga celebrato perché dopo nemmeno lo Stato può annullarlo”, dice la volontaria.
Il ritorno a scuola di Nina
Il finale non è ancora scritto. I genitori chiedono agli operatori di Cini cosa fare. Appunto: cosa fare? “Per primo Nina viene rimessa in una scuola pubblica, la mattina, e nel pomeriggio viene inserita in un programma di supporto all’istruzione in un nostro centro di apprendimento avviato nel quartiere e dove i bambini fanno le loro riunioni – risponde la presidente di Cini Italia – Al contempo anche le sorelle e il fratello di Nina vengono inseriti in programmi pubblici a scuola o per l’infanzia e la famiglia viene inserita in programmi di assistenza pubblica avendo accesso a cibo a prezzo politico e ad altri supporti sociali ed economici”. Con questa strategia “abbiamo sventato centinaia di matrimoni precoci e con la partecipazione dei bambini stessi”. Nina ritrova il sorriso e vede un futuro.
A 18 anni Nina potrà insegnare e sposare chi vuole
A Nina cosa succederà? “Quando avrà 18 anni deciderà lei di sposarsi e scegliere un marito dopo un percorso dove ha preso coscienza di sé, avrà possibilità di avere un reddito perché sarà istruita, potrà insegnare come sogna, non farà cinque figli ma due, lavorerà fuori da quel circolo vizioso di povertà”, dice Eliana Riggio. “Quello delle spose-bambine è uno dei nostri temi. Questa metodologia dei diritti umani ci porta a lavorare nei processi decisionali con i poveri, con gli ultimi senza una voce, e attraverso i nostri percorsi cerchiamo farli diventare cittadini, persone con diritti. A quei bambini di strada spesso non danno nemmeno un nome perché non varrebbero niente, invece hanno un nome, un cognome, una cittadinanza, hanno diritti e il nostro dovere è cercare di realizzarli insieme ai bambini stessi, e intendo in una fascia di età dagli zero ai 18 anni”.
Le fonti di finanziamento della ong Cini
Ultima domanda: come si finanzia, l’Associazione Cini? “Il 30-40% viene da fondi nazionali del governo indiano attraverso convenzioni – risponde la presidente della sezione italiana – Una parte viene da donatori internazionali tra cui i governi italiano, svizzero e britannico, fondazioni americane, un’altra fonte sono aziende private tramite i loro percorsi di responsabilità sociale di impresa, molte aziende sponsorizzano il no profit”. Come è strutturata, l’organizzazione? “Abbiamo 1500 dipendenti e moltissimi uffici in sei Stati indiani, lavoriamo in un bacino complessivo di 10 milioni di persone in partnership sia con il governo centrale di Delhi sia con i governi locali”.
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