Daniela Zedda, la fotografa che rubava l'anima alle stelle del jazz: una grande perdita per l'arte e la Sardegna
Addio a una grandissima fotografa. Il suo ultimo progetto sui centenari lo descriveva così: "Ormai alleggeriti dal problema di invecchiare sembrano persone che navigano con semplicità e purezza d’animo sul mare del tempo come se il suo scorrere non li riguardasse". Semplicità e purezza d'animo che l'hanno sempre accompagnata
“La fotografia per me è un mezzo per trovare percorsi nuovi per leggere la persona, per vivere le situazioni come percorso di coinvolgimento emotivo. Ogni fotografia è qualcosa che va costruito, è un momento di tensione, di introspezione. Quando ho scattato la foto per me è un sollievo, sono felice di lasciarla andare, di liberarmene, di lasciare agli altri il compito di leggerla secondo il proprio codice visuale”. E per Daniela Zedda era davvero così: bastava osservarla mente era all’opera.
Mentre scattava piano, con una semplicità assoluta, quasi nascondendosi, e rincorreva con lo sguardo traiettorie invisibili agli altri. Scattava pochi clic, non a raffica come fanno tanti altri fotografi perché lei cercava “quella foto”, l’unica che corrispondeva al suo sguardo profondo e senza pregiudizi, capace di restituire verità alla persona che aveva davanti. Fosse un centenario sardo o quel riottoso di Miles Davis, la magia incantata di Maria Lai o l’ironia di Toni Servillo. Impossibile sottrarsi allo scanner dei suoi occhi davanti ai quali tutti, scrittori famosi, leggende del jazz, perfetti sconosciuti, finivano per restare nudi.
Il mondo della fotografia e dell’arte perde una testimone preziosa, morta nella sua Cagliari ad appena 64 anni. Fotoreporter dal 1983 per L’Unione Sarda, Daniela Zedda ha collaborato con i principali giornali italiani, dal Corriere della Sera a La Repubblica, da Panorama a Tv Sorrisi e Canzoni. È stata la fotografa del Festival letterario della Sardegna “Isola delle storie di Gavoi” e del “Festival Tuttestorie” di letteratura per ragazzi di Cagliari. Ma poi è andata oltre la cronaca e il fotogiornalismo per approcciarsi all’arte e a progetti a lungo raggio, come quello di “Solitude”, raccolta dei suoi ritratti ai jazzisti con i testi di Giuseppe Videtti o “Al di là del mare”, altri ritratti questa volta accompagnati dalle parole di maria Paola Masala.
L’ultimo grande progetto, portato avanti con Antonio Marras di cui era anche grande amica è “Senes”, uno studio sui centenari di Sardegna che lei descriveva così: “Tu leggi nelle loro rughe i segni del tempo, ma quando parli con loro sembrano vivere in una dimensione atemporale a noi sconosciuta. Ormai alleggeriti dal problema di invecchiare sembrano tutti persone che navigano con semplicità e purezza d’animo sul mare del tempo come se il suo scorrere non li riguardasse”. La stessa semplicità e purezza d’animo che hanno accompagnato il suo lavoro, la sua vita, la sua arte.