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L'Uro, l'antenato del bue, grande come un elefante: trovati in Mesopotamia e nella Valle dell'indo i resti più antichi

Il Bos primigenius, l’uro selvatico, poteva raggiungere un'altezza di poco meno di due metri, i 1000 kg di peso ed avere corna lunghe più di un metro. Era presente anche in Italia. L’ultimo fu abbattuto in Polonia nel 1627

di Tiscali Cultura   

Un tempo esisteva il possente Uro, antenato dei buoi domestici. Un vero e proprio colosso. Un animale forte e maestoso dalle corna enormi. I resti più antichi del Bos primigenius, scoperti nella valle dell'Indo e nella mezzaluna fertile in Mesopotamia, sono stati datati a circa 10mila anni fa.

Di questo animale ormai scomparso si è occupata una ricerca pubblicata sulla rivista Nature e condotta dal Trinity College di Dublino e dall'Università di Copenaghen, che ha coinvolto anche Luca Pandolfi, paleontologo del Dipartimento di Scienze della Terra dell'Università di Pisa, da tempo studioso dell'evoluzione e dell’estinzione dei grandi mammiferi continentali anche in relazione ai cambiamenti climatici.

Poco più piccolo di un elefante

Secondo gli esperti esisteva una marcata differenza tra gli uri addomesticati e quelli selvatici. I primi risultavano abbastanza simili ai secondi ma erano un po' più piccoli. In particolare presentavano corna meno sviluppate, a testimonianza di una maggiore mansuetudine.

Di ben altre proporzioni l'animale che viveva libero nei boschi e nelle praterie. Un tipetto da trattare con molta cautela, almeno a considerare quanto scrisse Giulio Cesare nel De Bello Gallico (6-28). Il grande condottiero romano descrive l'uro selvatico di dimensioni poco inferiori a quelle dell'elefante, veloce e di natura particolarmente aggressiva.

Dimensioni impressionanti

Del resto le risultanze delle analisi effettuate sui resti fossili sono effettivamente  impressionanti: l’uro selvatico denota un'altezza di poco meno di due metri, circa 1000 kg di pesocorna lunghe molto più di un metro.

I resti di un corno dell'Uro (Ansa)

Il magnifico bovide avrebbe dominato gli scenari naturali dell'Eurasia e del Nord Africa per un periodo iniziato almeno 650 mila anni fa. Poi sarebbe andato incontro ad un decisivo declino intorno agli 11mila anni fa (Pleistocene) per giungere purtroppo all’estinzione in età moderna. Secondo notizie documentate pare che l'ultimo esemplare sia stato abbattuto in Polonia nel 1627.

Lo studio su Nature ha analizzato "per la prima volta questa specie per comprenderne la storia evolutiva e genetica attraverso resti fossili rinvenuti in diversi di siti in Eurasia, Italia inclusa, e Nord Africa", spiega Pandolfi.

Estratto il Dna antico

I reperti ritrovati comprendono scheletri completi e crani ben conservati ed è stato possibile estrarre campioni di Dna antico. Gli scienziati hanno così potuto individuare quattro ceppi ancestrali distinti che hanno risposto in modo diverso ai cambiamenti climatici e all'interazione con l'uomo.

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In Europa gli uri iniziarono a subire una diminuzione drastica, sia in termini di popolazione che di diversità genetica, nel corso dell'ultima era glaciale, circa 20 mila anni fa. Il calo delle temperature ridusse infatti il loro habitat spingendoli verso la Penisola Italiana e quella Iberica da cui successivamente ricolonizzarono l’intera Europa.

"Nel corso del Quaternario, epoca che va da 2 milioni e mezzo di anni fa sino ad oggi, l’uro è stato protagonista degli ecosistemi del passato, contraendo ed espandendo il proprio habitat in relazione alle vicissitudine climatiche che hanno caratterizzato questo periodo di tempo - spiega Pandolfi - le ossa di questi maestosi animali raccontano ai paleontologi la storia del successo, adattamento e declino, di una specie di cui noi stessi abbiamo concorso all'estinzione e rivelano la complessità e fragilità delle relazioni che legano gli organismi viventi al clima del nostro Pianeta".

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