Scoperta shock a Giza: sotto le piramidi c’è una città con strutture che arrivano a 650 metri di profondità
A sostenerlo un team capitanato dal professor Corrado Malanga con Filippo Biondi e Armando Mei. Il Progetto Chefren condotto con l’utilizzo della tecnologia SAR avrebbe portato alla rilevazione di stanze e corridoi sconosciuti. Ma soprattutto di 5 Zed e otto strutture cilindriche che arrivano a centinaia di metri sotto terra

In questi anni Archeologia e Mistero si è occupata più volte dell’affascinante attività di ricerca del professor Corrado Malanga, e degli studi condotti col dottor Filippo Biondi e il dottor Armando Mei, sulle piramidi della Piana di Giza, in Egitto. Molto seguite, dai nostri utenti, le coinvolgenti interviste video al vulcanico ex docente del Dipartimento di Chimica dell’Università di Pisa. Il suo lavoro però non si ferma. Tanto che lo studioso, a metà marzo, ha presentato alla stampa internazionale e al pubblico, con i suoi due partner, una nuova sconvolgente scoperta fatta sotto il suolo della Terra dei faraoni: l’esistenza di vaste strutture nelle profondità dell’altopiano che formerebbero “una vasta area di costruzioni non naturali, seguendo geometrie complesse”. Inutile dire che la notizia ha creato enorme interesse e sta spopolando sui social.
Il Progetto Chefren
E’ il risultato del Progetto Chefren, The Khafre Research Project SAR Technology, condotto dal team di ricerca. Un lavoro, ampiamente discusso e corredato da prove scientifiche, coordinato appunto da Malanga, con Biondi (Department of Electronic and Electrical Engineering, University of Strathclyde, Glasgow, specialista in Radar ad apertura sintetica-SAR) e Mei (esperto in egittologia), come spiega in un video informativo la responsabile comunicazione del team Nicole Ciccolo.
La squadra di esperti ha utilizzato, nell’ambito dell’indagine archeologica, una tecnica innovativa che si avvale della tomografia Doppler con radar ad apertura sintetica (SAR, Synthetic Aperture Radar). Una tecnologia che non è azzardato definire rivoluzionaria. In grado di ridefinire i confini della analisi dei dati satellitari e della esplorazione archeologica. In questo modo è stato rilevato che sotto il suolo di Giza si cela qualcosa di scioccante in grado – se verrà confermato – di cambiare la storia come finora raccontata.
Una scoperta da brividi
Ma partiamo dall’inizio. In precedenza, gli studi di questi ricercatori avevano portato ad enunciare che dentro le due principali piramidi esistono corridoi e strutture finora sconosciuti. Ma la scoperta in questione potrebbe essere ancor più sensazionale: sotto il suolo di Giza, sotto quei monumenti famosi in tutto il mondo, vi sarebbero infatti altre vaste strutture, probabilmente una intera città sotterranea che potrebbe corrispondere alla enigmatica città di Amenti, quella mitica del Dio Thot. In particolare, però, vi sarebbero una serie di pozzi verticali che, si stima, potrebbero arrivare a oltre mille metri di profondità. Il punto di accesso a questi sistemi sotterranei, ad una possibile sconosciuta tecnologia, dovrebbe trovarsi - ad avviso degli studiosi - all’interno delle stesse piramidi. Sarebbero state individuate anche delle enormi camere sotterranee le cui dimensioni risulterebbero paragonabili a quelle delle piramidi stesse.

I componenti del team hanno illustrato gli aspetti fondamentali della loro ricerca, spiegando la natura delle tecniche non invasive utilizzate, basate su dati SAR, forniti gratuitamente da Capella Space e Umbra Space. Lo studio non sarebbe altro che una logica conseguenza delle precedenti ricerche condotte, descritte e pubblicate da Malanga e Biondi: dopo aver utilizzato il Radar a scansione sintetica sulla Grande piramide (quella chiamata di Cheope) la ricerca si è concentrata sull’analisi di quella di Chefren. Studio da cui sono nati anche un libro e un articolo scientifico.
La Grande piramide (quella attribuita a Cheope)
Nella Grande piramide è stata rilevata - attraverso la tecnologia SAR e, per la prima volta, un software innovativo e originale sviluppato da Biondi - la presenza di molte strutture sconosciute, con stanze e corridoi sia sopra che sotto il livello del suolo. Tramite il software in questione è stato possibile convertire le informazioni radar fotoniche in segnali fononici, in grado di rilevare le strutture nascoste in profondità rimaste fino ad oggi praticamente invisibili. Attraverso questo rivoluzionario radar, capace di percepire e interpretare le vibrazioni emesse dai materiali fino a parecchie centinaia di metri nel sottosuolo, e alle immagini tomografiche ottenute, è stato possibile elaborare un modello in 3D della piramide di Khufu.
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La piramide di Chefren
In un secondo tempo l’attenzione si è concentrata invece sulla piramide di Khafre (Chefren), ed anche in questo caso i dati avrebbero fornito prova dell’esistenza, nel monumento, di strutture sconosciute. Più precisamente, le immagini tomografiche, frutto dell’elaborazione dei dati, avrebbero evidenziato l’esistenza di cinque strutture al centro della piramide, sopra la nota camera di Belzoni (quella contenente un presunto sarcofago ritenuto, erroneamente, l’ultimo giaciglio del faraone).
Le nuove strutture scoperte presenterebbero la stessa forma del cosiddetto Zed presente all’interno della Grande piramide, proprio sopra la Camera del re. I cinque Zed apparirebbero, in questo caso, collegati da precisi percorsi geometrici. Ma non basta. Accanto a queste, ci sarebbero altre incredibili strutture secondarie visibili da varie angolazioni satellitari.
Le gigantesche strutture cilindriche
Le strutture della piramide di Chefren sono state ricostruite in 3D attraverso l’esame di decine di immagini tomografiche ottenute da diverse angolazioni, tramite Capella Space e Umbra. Ma a impressionare maggiormente l'opinione pubblica e gli stessi studiosi è la scoperta, sotto il suolo della piramide, di gigantesche strutture cilindriche allineate verticalmente che paiono sprofondare per centinaia di metri sotto Giza. Più nello specifico, otto di queste sarebbero disposte in due file parallele da nord a sud, e scenderebbero fino ad una profondità di oltre 650 metri, andando a finire in due grandi cassoni cubici di circa 80 metri per lato.
Questi otto elementi cilindrici catturati dalle immagini tomografiche vengono descritte dai ricercatori del team quali pozzi verticali, cavi all’interno e circondati da percorsi a spirale discendente. Strutture che ricorderebbero, in definitiva, talune opere tubolari ritrovate in India e in Turchia. Qualcosa di simile, almeno quanto a conformazione, all’italiano pozzo di San Patrizio di Orvieto, per intenderci.
L’ultima fase del progetto è stata quella dell’analisi dei dati tesa a stabilire l’estensione delle costruzioni sotterranee della Piana di Giza. E le immagini tomografiche rivelano con chiarezza – sostengono Malanga, Biondi e Mei - come sotto l’altopiano esistano strutture, proprio sotto le piramidi di Chefren, Khufu e Menkaure (Mykerinos), estese per oltre due chilometri. Strutture che – ad avviso dei ricercatori - formano una vasta area di costruzioni non naturali, secondo precise geometrie complesse. Inutile dire che molti studiosi accademici si dicono estremamente scettici riguardo a tali enunciazioni. Ma c'è solo un modo per confutare i risultati dello studio del team di Malanga: effettuare le verifiche del caso.
Domande a cui è doveroso rispondere
E allora, cosa succederà? Sarà interessante vedere quali sviluppi ci saranno e se chi di dovere effettuerà, come sarebbe doveroso e secondo criteri di imparzialità, le verifiche. I tre ricercatori, in ogni caso, non molleranno la presa. Gli approfondimenti infatti proseguiranno a qualsiasi costo, dichiarano. “Nella quarta fase della nostra indagine – dicono - le strutture scoperte saranno ulteriormente analizzate, con la possibilità di scavo, per verificarne la natura artificiale”.
Per l’intanto, allo stato attuale, si impongono delle domande fondamentali, come dichiara lo stesso professor Malanga in una intervista di Byoblu: I rilievi scientifici effettuati consentono di dire che sotto le piramidi di Giza ci sono delle strutture finora sconosciute. Queste strutture non sono naturali e dunque sono state necessariamente costruite da qualcuno. Se ciò è vero, diventa allora d’obbligo rispondere a delle doverose e logiche domande: Chi le ha fatte? Quando? E a cosa servivano? Rispondere nell’immediato non è semplice, ma una cosa è certa secondo il professore: “Non sono certo stati gli antichi egizi”.
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