Cineuropa37 festival di Santiago: una finestra sul cinema contemporaneo con focus sulla Galicia
La città è punto di arrivo, ma anche di partenza di milioni di pellegrini che vedono nel “cammino non metaforico” il principio della loro trasformazione, l'incoronazione di un sogno, la ricerca della solitudine e della sfida
Santiago di Compostela è una città magica, mistica, romanica con un aspetto “gotico”, quasi Capitale di se stessa, che nel suo essere così monumentale e austera nasconde meraviglie che non si possono raccontare ma solo cercare di transfondere.
Mentre incautamente cerco di descriverla, mi rendo conto che è come parlare di una abanico, un ventaglio, che come lo apri rivela la sua utilità e bellezza ma, come accadeva nei teatri di un tempo, le signore si celavano dietro di lui o comunicavano attraverso gesti con l'oggetto stesso.
Punto di arrivo e di partenza
Così Santiago è punto di arrivo, ma anche di partenza di milioni di pellegrini che vedono nel “cammino non metaforico” il principio della loro trasformazione, l'incoronazione di un sogno, la ricerca della solitudine e della sfida, il gruppo che lungo i sentieri faticosi, si incoraggia e diventa mutuo soccorso.
Santiago è in Galicia, in quell'estremo nord della Spagna che è baciata dall'oceano, dove gli Spagnoli parlano anche il Gallego, e dove i celtiberos piantarono le loro “tende”.
Così crocevia di cultura, mezcla di arti, orgoglio di un popolo che da sempre difende le proprie tradizioni all'interno della penisola iberica.
Ma non di sola cultura o misticismo vive la terra dove il monumento nazionale è la gaita, un antico strumento a fiato, e che diede i Natali a colui che nel secolo scorso instaurò la dittatura più lunga mai esistita del Vecchio Continente.
Oggi per fortuna quei tempi sembrano lontani, nonostante alcuni pericolosi rigurgiti. In questi giorni si è svolto nella Maestosa città la 37 edizione del Cinema Europeo, un festival che è forse più una mostra, dove il premio principale è esserci ed essere programmati.
Così dal 9 al 26 novembre scorrono i titoli dei film che hanno trionfato negli ultimi festival di Venezia, Cannes, Berlino e Bilbao con una selezione accurata che rende il cartellone ricco. E, accanto a loro, la nuova produzione cinematografica indipendente, e non solo, del Cinema Gallego, che rivendica il suo posto nell'universo Europeo e non solo.
Il 17 novembre ho avuto l'occasione di partecipare alla premier gallega del lungometraggio
“Os espazos en branco” del giovane e coraggioso Bruno Arias, nella sezione Panorama Audiovisual Galego; parliamo di coraggio quando con poesia e dolcezza un regista si avvicina al proprio vissuto, distaccandosene e allo stesso tempo facendocene innamorare.
Così nella sua apparente semplicità “Os espazos en branco” - gli spazi bianchi diventano le assenze di tutti noi, quella linea interrotta che ci lascia un costante desiderio di appartenere e di appartenenza.
La storia della Poitisa
Il film documentario racconta la storia della Poitisa gallega Xela Arìas, la sua relazione con le proprie radici e tutte le radici, la famiglia, i movimenti di una Spagna “sbiadita” da super 8 rivendicano prepotentemente il loro spazio, il suo grido di libertà, interrotto troppo presto.
Bruno Arias sceglie la via documentale, ma il percorso diventa filmico nel momento in cui tutti cerchiamo di riempire i nostri spazi bianchi, quella relazione “Zia” e nipote, diventa la relazione di fratelli, amici, compagni e compaesani e di un POPOLO tutto.
Raccontando la storia di Xela, nella lingua originale (il film è girato in Gallego, nda) Bruno ci rende partecipi e ci riempie del suo amore, di quell'amore che lo ha legato dall'infanzia che ha tradotto in pellicola e diventa il primo tassello per la ricostruzione di una assenza. Ma niente è più presente delle assenze.
Ed in questo viaggio, coadiuvato dalla Serea film che ha avuto il giusto ardire di produrlo, e dalla Fundaciòn Uxìo Novoneyra gli spazi bianchi si sono riempiti di tanti colori.