Verità storica a rischio. Scongiurato l'intervento sulla piramide: il comitato dice no
Esperti contro la reinstallazione sul monumento di Micerino dei blocchi di rivestimento in granito che giacciono a terra da millenni. “E’ importante mantenere lo stato della piramide senza alterazioni”. Sarebbe giusto invece liberare dalla sabbia la base originale del monumento

Una squadra di archeologi egiziani e giapponesi voleva restaurare la più piccola delle piramidi di Giza, quella intitolata a Micerino, reinstallando nelle facciate esterne i blocchi di granito che da millenni giacciono disseminati alla base del monumento. Il comitato statale egiziano ha però respinto il progetto.
Il Comitato si è opposto all'unanimità alla reinstallazione dei blocchi di rivestimento in granito sostenendo l'importanza di mantenere lo stato attuale della piramide senza alterazioni, "dato il suo eccezionale valore universale ed archeologico". E’ scritto in un rapporto consegnato al ministro del Turismo e delle Antichità Ahmed Issa.

Vi si afferma che sarebbe impossibile accertare l'esatta posizione originale di uno qualsiasi dei blocchi. "Di conseguenza - sostiene il rapporto - qualsiasi reinstallazione dei blocchi di granito cambierebbe l'antico tessuto originale e l'aspetto della piramide, nascondendo importanti prove di come gli antichi progettavano e costruivano le piramidi".
Forse la cosa più giusta sarebbe riportare alla luce la base della piramide ancora ricoperta dalla sabbia ma senza effettuare restauri azzardati che potrebbero risultare deleteri per l'antico monumento.
Il ministero aveva inizialmente approvato alcune ricerche sul posto, ma ha bloccato i lavori, consentendo agli archeologi di proseguire con alcuni rilievi non invasivi.
In Egitto il progetto aveva suscitato scalpore e polemiche, anche in relazione all'alto costo, in un momento di grave crisi economica del Paese.
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La piramide di Micerino, grande un decimo di quella di Cheope, risalirebbe secondo la versione ufficiale al 2.510 avanti Cristo. In origine avrebbe dovuto essere tutta ricoperta di granito rosso di Assuan ma la prematura morte di Micerino la fece frettolosamente terminare con il bianco calcare di Tura. Il lato nord conserva parte del rivestimento, che però non risulta liscio dando l'impressione di un lavoro non terminato. Vi è anche un'ampia breccia, dovuta al figlio di Saladino che l'aprì nel 1196 per cercare l'aureo corredo funerario del sovrano Micerino. Fu edificata in più riprese, materiali vari e varie tecniche, rappresentando nelle sue irregolarità un esempio unico nel suo genere.