Sulle tracce di Raffaella Carrà in Spagna: un mito alla portata di tutti, ma non per tutti
La sua prima apparizione nella tv spagnola risale al 1975. In quasi quarant'anni di carriera, il caschetto biondo italiano più famoso del mondo è riuscito a conquistare indistintamente intere generazioni ponendosi al di sopra di qualsiasi diatriba
La Spagna si caratterizza per tanti simboli, simboli che si sovrappongono e che sono per certi versi identificativi di uno Status o un modo di essere.
Così il simbolo del toro, nonostante i giusti appelli animalisti, continua ad essere sinonimo di Spagna e Corrida, e la Movida notturna, che a partire dagli anni ottanta hanno ridefinito il più grande fra i Paesi iberici, come luogo della gioia, della libertà e della riappropriazione delle proprie attitudini e inclinazioni.
Questa sua evoluzione repentina sicuramente è dovuta al fatto di essere stata per anni imprigionata in una fra le dittature più lunghe del vecchio continente, che a partire dagli anni della Seconda Guerra Mondiale si è protratta fino alla morte del suo “fondatore”, Francisco Franco nel 1974.
Da allora la Spagna ha intrapreso una lunga strada verso una pacificazione nonostante le ferite ancora aperte, che per molti versi aspetta ancora risposte.
In questo percorso di affrancamento da un passato ingombrante in un futuro prossimo ormai passato, si è inserito a suo tempo il Mito di Raffaella Carrà.
La sua prima apparizione nella tv spagnola risale al 1975, a cavallo di un’epoca che avrebbe catapultato la sclerotica repubblica, oggi Monarchia, verso l'era contemporanea.
In quasi quarant'anni di carriera, il caschetto biondo italiano più famoso del mondo è riuscito a conquistare indistintamente intere generazioni ponendosi al di sopra di qualsiasi diatriba.
Lo stesso Almodovar, regista di fama internazionale pluripremiato, suo grande ammiratore, l'ha definita non un personaggio ma “Uno stile di vita”. Le sue tracce si ritrovano in qualsiasi manifestazione legate alle giornate dell'Orgoglio Gay, dove è stata e continua ad essere una Icona del mondo LGBTQ.
Ma Raffaella è molto oltre Mito e Icona, la Carrà è arte estesa, che si fa carne ma al contempo non è mai pericolosa: è l'attrazione senza il peccato, il proibito che diventa possibile, l'impossibile alla portata di tutti senza mai essere comune.
Tutto questo e anche molto di più l'hanno resa in Spagna (ma anche nei territori latini del sud America di Lingua Spagnola) un’Eroina dei nostri tempi, raro esempio di Sacralità laica, che nella gioia condivisa del suo essere ha saputo essere Maestra ed alunna nel contempo.
Sarà per queste ragioni ed anche per altre, che Madrid e la Spagna, dopo averla insignita delle più altre onorificenze (mentre in Italia come lei stessa lamentava ironicamente, “Sono il milite ignoto” per le Istituzioni) le ha dedicato una piazza nel cuore pulsante della sua Movida.
Sulla Gran Via, si prosegue sulla calle FUEN-CARRA-L (ed è curioso che nel nome stesso della via in oggetto viva il suo cognome) via che deve il suo nome ai carri che si fermavano per far abbeverare gli animali e forse anche qui il nostro “caschetto biondo” sembra voler essere fonte dissetante con la sua allegria, la sua voglia di libertà e la sua unicità. Un omaggio alla grande artista che in nove “Azulejos” creati dall'Artista Pinto, sorridono dall'alto della piazza nel centralissimo quartiere Malasaña adiacente a Chueca.
“La più spagnola fra le italiane” vive e persiste nel suo esistere ogni volta che una musica ricorda i suoi balli scatenati che anche oggi trascinano tutti verso una felicità condivisa.
Così “Para hacer bien el amor hay que venir al sur” è ancora un inno giocosa di libertà e torna a grande richiesta nel Music hall “Bailo Bailo” ispirato alla sua vita, che debutterà il 2 Novembre al teatro Capitol sulla Gran Via.
In Italia non siamo ancora riusciti a dedicarle una via, una piazza, né un Premio. Forse sarebbe opportuno dedicarle un corso, per la strada che ha saputo tracciare, per le nuove vie che ha indicato senza mai essere presuntuosa e per l'alto tasso di professionalità che ha anteposto la sua preparazione e altissime qualità artistiche all'ombelico che le costò una censura poi sdoganata per l'intervento repentino di Alberto Sordi.
La Carrà ha avuto il merito di essere sempre se stessa, anche nei momenti meno brillanti della sua carriera e come tutti gli artisti che si rispettino ha saputo congedarsi lasciando dietro di sè solo i più bei ricordi, fatti di arte, lustrini d'oro e non di bigiotteria, e una eredità fatta di piccole e grandi cose.
Mi piacerebbe che una piazza Raffaella Carrà fosse presente in tutti i capoluoghi delle nostre regioni e se questo non partisse da Roma, che partisse dalla Sardegna e da Cagliari: Signori, signore: Piazza Raf-fa-ella Carrà.
Sipario