Minigonna e capelli blu a scuola: tra regole e libertà di esprimersi c'è una soluzione. Ecco quale
Intervista allo psicologo Andrea Moi dopo la protesta degli studenti al liceo Righi di Roma in difesa della compagna apostrofata dall'insegnante con questa frase: "Ma che stai sulla Salaria? Copriti la pancia o ti sospendo"


Al liceo Righi studenti e studentesse protestano in difesa dell’alunna che ha denunciato una docente di diritto per averla definita “adatta alla Salaria”, una delle strade più note per essere frequentate da prostitute. La ragazza durante l’ora buca è stata sorpresa dall’insegnante a registrare un video di ballo, forse per il social Tik Tok e rimproverata così: "Ma che stai sulla Salaria? Copriti la pancia o ti sospendo". Nell’ufficio della preside Cinzia Giacomobono la docente ha replicato: "Non mi scuso per averti dato della prostituta, perché non l'ho fatto". La studentessa allora le ha chiesto cosa avrebbe detto davanti un ragazzo in pantaloncini. "Che stai al mare”? è stata la risposta dell’insegnante che ha ricevuto un provvedimento disciplinare. Eleonora Mattia, presidente della commissione regionale Scuola, Pari opportunità, Lavoro, lo ha definito un atto gravissimo perché ancora una volta viene puntato il dito sul corpo delle donne, in questo caso giovanissime, dato che la ragazza è appena sedicenne. Verrà convocata una commissione per trattare questo caso e affrontare ancora una volta il problema dei pregiudizi.
La solidarietà del corpo studentesco
Nel mentre gli alunni e le alunne del liceo Righi hanno inscenato una protesta lamentando l’imposizione di codici di abbigliamento obsoleti e la visione sessista che nel 2022 ancora punisce le donne appellandole come prostitute semplicemente per ciò che indossano. Al grido di “Benvenuti nel Medioevo” studenti e studentesse si sono presentati in mini gonna e top corto rivendicando il diritto di indossare ciò che si vuole indipendentemente dal sesso.
Non un caso isolato
Nel 2019 all’istituto Alpi di Scampia un alunno è stato allontanato dalle lezioni a causa dei suoi capelli blu. La preside Rosalba Rotondo aveva dichiarato di agire nell’interesse degli alunni imponendo regole strette sul dress code. “Solo così gli studenti imparano oggi quello che servirà loro domani. Immagino i miei alunni come futuri dirigenti. Potranno mai andare a lavorare con treccine blu elettrico? Non credo proprio”. Sono tante le segnalazioni. Da nord a sud, l’ultima al Carlo Porta di Milano nel 2021, dove gli studenti si sono presentati con la parrucca blu per solidarietà con il compagno di classe allontanato per avere i capelli di quel colore. Episodi che mettono in luce un’insofferenza sempre più forte verso restrizioni e mancata libertà d’espressione. Abbiamo chiesto ad Andrea Moi, psicologo, educatore e formatore, ex giudice onorario presso la Corte d’Appello sezione minori di Cagliari, un parere.
“Casi come questi presentano due 'tensioni' diverse: quella dei/delle dirigenti e insegnanti, che utilizzano norme per raggiungere obiettivi educativi, e quella degli/delle alunni/e che desiderano sperimentare uno dei primi strumenti di autodeterminazione della personalità. Il difficile è farle convivere nei contesti. Però è proprio questa tensione che fa della situazione un’occasione propizia di crescita, per questo la scuola (in generale) deve cogliere questa grande opportunità per creare progetti che possano integrare il desiderio di sviluppare l'arte dell'abbigliamento applicata alla propria persona e, allo stesso tempo, fare ri-scoprire ai/alle giovani la complessità dei contesti di studio e lavoro, magari rendendoli artefici dei propri percorsi di cambiamento e delle regole. La tensione è fondamentale nella crescita e non si deve cancellare (toglierebbe a questo periodo di sviluppo la parte rivoluzionaria e "piratesca" del contrasto generazionale) ma deve essere utilizzata come punto di partenza per la negoziazione e la partecipazione alla progettazione del momento educativo, che, allo stato attuale, vede la mancanza degli stakeholders primari: gli/le studenti. Portiamo gli/le studenti al centro della programmazione per una vera nuova scuola, oggi. Solo così potremmo confrontarci con il vero cambiamento. Non si è mai vista una formazione che non vedesse discenti e docenti fare un percorso attivo e proattivo insieme”.