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L'Italia perbene sa chi ha ucciso Pasolini ma non ne ha le prove: l'omicidio e la verità giudiziaria

Nella notte tra il 1 e il 2 novembre 1975 il grande intellettuale fu ucciso all'idroscalo di Ostia. Colpevole venne dichiarato Pino Pelosi. Ma le cose non sono andate (solo) così...

Claudia Sarritzudi Claudia Sarritzu   
L'Italia perbene sa chi ha ucciso Pasolini ma non ne ha le prove: l'omicidio e la verità giudiziaria
Pier Paolo Pasolini

E' la mattina del 2 novembre 2021, ho la solita tazza di caffè calda in mano e osservo il calendario, lo faccio tutti i giorni. Mi ricordo che nella notte tra il 1 e il 2 novembre 1975 Pier Paolo Pasolini fu ucciso all'idroscalo di Ostia. Poi un altro ricordo, non mio ma quello di Antonio Padellaro che scrisse qualche anno fa:

"Il telefono sulla mia scrivania nella redazione romana del Corriere della Sera (allora in via del Parlamento) vibrava di rabbia.

Lusingato, ma anche intimorito dall’attenzione della grande collega, non sapevo cosa rispondere. Balbettai qualcosa sulle indagini di polizia, cose a cui la voce non era minimamente interessata.
“Sono Oriana Fallaci. Padellaro, ascolta bene: Pasolini è stato ucciso dai fascisti. DAI FASCISTI, devi scriverlo”.
Non avevamo alcun elemento per scrivere che era stato vittima di un agguato fascista, ma solo il sesto senso della Fallaci che virgolettai fedelmente. Non mi cercò più".
 
E poi mentre bevo la seconda tazza di caffè continuano a venirmi in mente le parole dell'immenso intellettuale assassinato, le recito come i versi di una poesia o l'incipit del Promessi Sposi o il proemio dell'Iliade: 

“Io so. Io so i nomi dei responsabili di quello che viene chiamato golpe… Io so i nomi dei responsabili della strage di Milano del 12 dicembre 1969… Io so i nomi dei responsabili delle stragi di Brescia (fare una pausa in lettura) e di Bologna dei primi mesi del 1974. Io so. Ma non ho le prove…”.

Queste parole lucide e immortali le scrisse il 14 novembre 1974 sulla prima pagina del “Corriere della Sera”. Sono nata nel 1986. Ma le conoscono anche quelli della mia generazione perché ci sono personalità che trapassano il proprio tempo e restano impresse come fossili nei secoli dei secoli...

All'epoca Pasolini era il poeta, scrittore, regista, polemista, per eccellenza. Come ha ben scritto Giancarlo Governi (scrittore, giornalista, regista e autore televisivo italiano) su Globalist qualche tempo fa : "Una delle figure più rappresentative della cultura italiana. Non solo i suoi libri e i suoi film, anche i suoi articoli sono accolti sempre con interesse. Le chiavi interpretative che lo scrittore fornisce per comprendere i fatti della politica e del costume sono sempre originali e imprevedibili".         

Che strano? Sembra ci sia un legame tra quelle parole impresse nella memoria collettiva e la sua morte. Tra quelle accuse che erano la voce coraggiosa di un sentire comune e il suo corpo che qualcuno descrisse "grumo di sangue"?
Che strano? C’è subito un colpevole, "un ragazzo di vita" che confessa: “Sono stato io”.
Si chiama Pino Pelosi. Racconta tutto ai carabinieri che l’hanno fermato sul lungomare di Ostia mentre guidava proprio l’auto di Pasolini.
Caso risolto, per tutti, anche per i giornalisti (tranne la Fallaci) che in Italia non hanno mai avuto tanta voglia di scovare la verità reale e di mettere in discussione quella ufficiale. A uccidere il poeta è stato un disperato, un ragazzetto qualunque, uno di quelli di cui scriveva proprio Pasolini.
Che strano? Pelosi ha gli abiti chiari senza neppure una macchia di sangue. Avrebbe martoriato il corpo di Pasolini senza sporcarsi, lui così gracile e il poeta così atletico.
La versione rilasciata agli inquirenti dunque è questa: 

"Pelosi racconta di essere stato avvicinato nei pressi della stazione dallo scrittore, di cui ignorava l’identità, e di essere andato a cena con lui. Poi Pasolini si sarebbe diretto all’Idroscalo di Ostia dopo avere imboccato la Via Ostiense. Qui avrebbe tentato di violentarlo con un paletto, al che Pino la Rana avrebbe reagito fino ad ucciderlo". Ovvio. Nella storia ufficiale non deve mai mancare un omosessuale che cerca di violentare un poveraccio. 

Ma alcuni testimoni oculari (coraggiosi) giurano di avere visto tutto e che Pasolini è stato ucciso invece in un agguato di gruppo. 

Si arriva al processo dinnanzi al Tribunale dei minori di Roma. E' il ’76, e un carabiniere, Renzo Sansone, racconta di aver ricevuto delle informazioni che stridono con il racconto di Pelosi: "C’erano più persone, fu un agguato, non la difesa di una vittima di tentata violenza sessuale". Poi ritrattano. 

Ma poco importa perché il perito della parte civile, prof. Faustino Durante, smonta in aula la ricostruzione dei fatti: Pasolini fu aggredito da più persone e finito volontariamente attraverso il sormontamento di una vettura sul suo corpo. Pelosi viene riconosciuto colpevole e condannato a oltre nove anni di carcere.

Il giudice è Alfredo Carlo Moro, fratello di Aldo Moro, non gli crede e lo condanna “in concorso con ignoti”. Chi sono questi ignoti?

La Procura di Roma la impugna con il risultato che gli “ignoti” non saranno più individuati. Nei diversi gradi di giudizio Pelosi resterà l'unico "colpevole".

Giancarlo Governi racconta ancora: Un’altra delle cose che non quadrano è perché mai Pasolini, per appartarsi pochi minuti con Pelosi, abbia fatto tutti quei chilometri dalla Stazione Termini all’Idroscalo per poi riaccompagnare Pelosi sulla Tiburtina e tornarsene a casa all’Eur. Una cosa come almeno 70-80 chilometri. Una cosa che non sta in piedi. E’ quanto aveva sempre sostenuto Sergio Citti, uno dei più cari amici dello scrittore, senza mai essere ascoltato. Citti aveva anche filmato a caldo la scena del delitto. Ma questo importantissimo reperto visivo non era mai stato acquisito agli atti.

Passano trent’anni esatti dalla morte del poeta. Arriva il colpo di scena più importante: Pelosi ritratta tutto e ammette che a uccidere Pasolini sono stati quattro uomini che lo tirarono con forza fuori della sua automobile e infierirono sul suo corpo. Raccontava tutto ora perché prima temeva per sé e per i suoi familiari.

Il regista David Grieco amico di Pasolini scrisse due anni fa: "Il 2 novembre del 1975, Pier Paolo Pasolini venne torturato e ammazzato all'Idroscalo di Ostia da un manipolo di delinquenti comuni e fascisti davanti a tanti testimoni che abitavano nelle baracche circostanti.
Un delitto di cui oggi, grazie alle nuove tecnologie, potremmo conoscere, nel giro di un paio d'ore, ogni più infimo dettaglio.
Ma la cattiva coscienza è più forte di qualunque tecnologia. Guardate il Caso Cucchi. Se un carabiniere non fosse crollato sotto il peso dei rimorsi, l'immagine del volto spaventosamente tumefatto di Stefano Cucchi, così somigliante a quello altrettanto spaventoso di Pasolini, anch'esso deformato da centinaia di colpi, non sarebbe servito a niente.
Dopo tanti anni, grazie alla riapertura delle indagini e agli esami dei DNA richiesti e ottenuti molto faticosamente dall'avvocato Stefano Maccioni, i dettagli del Delitto Pasolini li conosciamo a menadito, ma nessun magistrato, nessun tribunale, e neppure il Parlamento italiano ha voluto prenderli in considerazione.

Enrico Berlinguer fu il primo a chiedere una commissione parlamentare per indagare sul Delitto Pasolini. Non riuscì ad ottenerla, pur avendo alle sue spalle il Pci più forte di sempre. E chissà che Berlinguer non riuscì a intuire allora che il suo esperimento politico calunniato fin dalla nascita come "compromesso storico" era destinato a fallire, che lui stesso sarebbe stato oggetto di un attentato, e che Aldo Moro avrebbe fatto la fine che ha fatto." 

46 anni dopo l'Italia attende ancora la verità. 

Intanto siamo ancora un Paese omofobo, razzista ed egoista. Un'Italia dove oggi continuano a essere uccise le donne che non si sottomettono al patriarcato e si festeggia in Parlamento per l'affossamento del Ddl Zan.
In queste settimane è uscito il film "La scuola cattolica" che racconta i fatti terribili del massacro del Circeo e voglio chiudere questo articolo con le parole sempre lucide di David Grieco: "Solo Pasolini aveva capito che il Delitto del Circeo era l'inizio di nuove atrocità che non appartenevano più alla sola borghesia depravata del Caso Montesi di vent'anni prima. Per questo motivo, Pasolini aveva polemizzato con il suo amico Italo Calvino che descriveva in modo facile e pigro quel fattaccio del Circeo. Ma Pasolini lo metteva in guardia dalle facili banalità raccontandogli il degrado del sottoproletariato che aveva tanto amato, e in quella spiegazione c'era già la predizione di Mafia Capitale. Italo Calvino nemmeno gli rispose. Quando pochi giorni dopo Pasolini venne ammazzato, Calvino confessò candidamente che si era ripromesso di rispondere a Pasolini dopo "il prossimo delitto".
Ma la vittima del "prossimo delitto" fu proprio Pier Paolo Pasolini.
Forse proprio in quei giorni nacque la brutta, bruttissima definizione di "radical chic" affibbiata agli intellettuali di sinistra. Anche questa, a pensarci bene, è una definizione pasoliniana apocrifa e postuma. Perché Pier Paolo Pasolini non risparmiò mai critiche e accuse agli altri intellettuali come lui che, a differenza di lui, si rinchiudevano nei loro comodi salotti anziché cercare di capire in quali condizioni vive la gente comune e cosa gli passa per la testa.
Non molto tempo dopo, cominciò il declino di una sinistra soddisfatta e satolla incapace di lottare per i suoi stessi ideali".

 

Claudia Sarritzudi Claudia Sarritzu   
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