Nell’Oceano un galeone col più grande tesoro della storia: bauli di monete, oro e smeraldi. Chi se lo contende
Si tratta del San José affondato nel 1708 dagli inglesi al largo di Cartagena. Nelle sue stive un tesoro valutato 20 miliardi di dollari. Ora Colombia, Spagna, Perù, Panama e Bolivia se ne disputano la titolarità. Restano però interrogativi e misteri

Trovare un tesoro è uno dei sogni più comuni, e non solo tra i ragazzi. Un obiettivo che muove in genere anche uomini navigati ammaliati dall’avventura. Non per nulla il tema accompagna da sempre la trama di film e romanzi d’azione. E in generale - diciamo la verità - il ritrovamento di forzieri, monete tintinnanti e materiali preziosi suscita sempre morbosa attenzione. Merita dunque considerazione la notizia seguente, una notizia sensazionale: nelle profondità oceaniche, in una zona sconosciuta ai più, giace il tesoro più grande mai individuato. Si parla di forzieri ricolmi d'oro e smeraldi, stivati nella pancia di un galeone spagnolo proveniente dal Sud America e mai giunto a destinazione. Nel dettaglio si tratterebbe di 116 bauli traboccanti di milioni di monete, chili di smeraldi, argento e 7 milioni di pesos un tempo appannaggio dal viceré del Perù. Talune fonti parlano più dettagliatamente di 344 tonnellate di monete d'oro e argento e 116 scatole di smeraldi. Valore: 20 miliardi di dollari.
Ma ecco la storia
Il galeone appartenente alla flotta di Filippo V di Spagna si chiamava San José, proveniva dalla Colombia ed era diretto nella Penisola Iberica. Non ci arrivò mai perché fu affondato il 10 giugno del 1708 da quattro navi da guerra inglesi, capitanate dal corsaro Charles Wager, al largo della costa caraibica di Cartagena.
Nel naufragio persero la vita 600 persone, inghiottite in gran parte dalle acque profonde e scure insieme all’incredibile ricchezza custodita nelle stive della nave.
Del galeone si persero le tracce e non si seppe più nulla. Fino a quando il governo colombiano, nel 2015, annunciò di conoscere il luogo dove giaceva il relitto.
In realtà nella vicenda pare sia implicata anche una società privata di recupero statunitense, la Sea Search Armada, che ha dichiarato di essere a conoscenza del luogo del tesoro fin dal 1981 e di aver rivelato al governo colombiano le coordinate in cambio del diritto alla metà dell'enorme ricchezza. L'esistenza di un tale accordo pare sia stata negata, tuttavia, dai rappresentanti governativi interessati.
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In ogni caso, la questione dell’esistenza del relitto e del suo prezioso carico, unitamente alle prospettive di un recupero, sembra sia proprio una cosa seria, tanto che il presidente colombiano Gustavo Petro avrebbe incaricato l’esecutivo di procedere alle necessarie operazioni. E il ministro della Cultura David Correa avrebbe così promesso l’impegno prioritario del governo in questo senso. “La Sea Search Armada tuttavia - avrebbe spiegato il rappresentante del governo - ha portato il suo caso a Londra per un arbitrato, e chiede 10 miliardi di dollari, equivalenti a metà del valore."
Questa la situazione
O meglio, parte della situazione. La Colombia infatti non sarebbe l’unico Paese a contendersi il tesoro. Anche la Spagna avrebbe orientato i radar sull’enorme ricchezza. Del resto, sostengono a Madrid, si trattava pur sempre di una nave spagnola. Ma anche Panama e Perù vorrebbero la loro parte. Quei beni, a loro avviso, vennero sottratti a loro territori. La Bolivia (riferendosi alla nación Qhara Qhara), a sua volta, accampa dei diritti perché ad estrarre i materiali preziosi dal grembo della terra, nel XVI secolo, furono i loro antenati.
In ogni caso la posizione esatta del relitto sarebbe nota solo ai colombiani che punterebbero ad intascare totalmente i 20 miliardi di dollari, ritenendo che si parla di un patrimonio nazionale di esclusiva spettanza.
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Su quello considerato il più grande tesoro della storia dell’umanità - come l'ha definito il governo della Colombia - sembra inevitabile dunque l’apertura di una vertenza legale internazionale.
Per altro, un rapporto del governo colombiano risalente al 1994 dichiara che nessun relitto è stato trovato sotto le coordinate fornite dalla società privata. Nel 2015 poi – fanno notare i legali del governo – quando il galeone fu individuato davvero nei fondali oceanici, a circa 100 chilometri dalla costa, l’ex presidente Juan Manuel Santos tenne segrete le coordinate facendo valere il segreto di stato. Annunciò tuttavia di voler far nascere un museo dedicato al San José.
Lo stesso comportamento utilizzato dall’attuale presidente Gustavo Petro che vorrebbe recuperare la nave col suo incredibile carico entro il 2026, in pratica prima della fine del suo mandato.
Resta da vedere come finirà l’appassionante vicenda. Soprattutto cosa succederà quando questa verrà dibattuta, come sembra ormai inevitabile, di fronte alla Corte Permanente di Arbitrato preposta a dirimere le controversie internazionali. Chi riuscirà a far proprio il tesoro più grande mai rinvenuto nella storia dell’umanità? Sarà veramente interessante seguire gli sviluppi della storia.
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