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La più bella ma anche colta: la storia di Nefertari, sposa di Ramses divinizzata in vita

La sposa amata dal faraone Ramses II detto anche il Grande, è una delle figure femminili più potenti e celebri dell'antico Egitto; oggi il Museo Egizio di Torino la ricorda con un nuovo allestimento

Francesca Mulasdi Francesca Mulas   
La più bella ma anche colta: la storia di Nefertari, sposa di Ramses divinizzata in vita

Era definita "La più bella di tutte", "colei per cui splende il sole", "signora di grazia e dolce d'amore". Nefertari, la sposa amata dal faraone Ramses II detto anche il Grande, è una delle figure femminili più potenti e celebri dell'antico Egitto; oggi il Museo Egizio di Torino la ricorda con un nuovo allestimento, realizzato con il sostegno di Fondazione CRT, dedicato al suo prezioso corredo funerario, venuto alla luce nel 1904 con la scoperta della tomba QV66 nella Valle delle Regine. Il corredo, che negli anni scorsi è stato esposto in diversi musei del mondo, dal 9 agosto è raccontato con testi aggiornati e un video che mostra disegni e foto d'archivio.

Nefertari messaggera di pace

Le sue origini sono sconosciute, ma la presenza di un cartiglio del faraone Ay, forse suo nonno o bisnonno, nella tomba fa immaginare che fosse imparentata con la prima dinastia del Nuovo Regno, che governò per circa 250 anni a partire dalla metà del XVI secolo, rappresentata da Tutankhamon e Nefertiti, tra gli altri. Nobili origini dunque, e istruzione da regina: sapeva leggere e scrivere, cosa piuttosto rara per una donna di quel tempo, e sappiamo oggi che mise il suo sapere al servizio della diplomazia: negli scavi di Hattusa è venuta alla luce la sua corrispondenza con la regina Puduheba, moglie del re ittita Hattusili II, che testimonia un importante ruolo di pacificazione tra il popolo egizio e quello ittita.

Nata ad Akhim nel 1295, a soli tredici anni andò in sposa al giovane Ramses II, non ancora incoronato sovrano, e fu al suo fianco fino alla morte avvenuta nel 1255 ad Abu Simbel, dopo avergli dato sei figli. Fu l''unica sposa reale, insieme alla regina Nefertiti moglie del faraone Akhenaton, a essere divinizzata in vita: a lei è dedicato il tempio minore di Abu Simbel, vicino al più grande e celebre, che Ramses fece costruire per celebrare la compagna e altre divinità protettrici della maternità: qui la sposa reale è scolpita nella facciata del tempio con la stessa altezza del sovrano, equiparata quindi in quanto a ruolo e potenza, e il tempio è definito per volere di Ramses "la casa dei milioni di anni, nessuna costruzione simile è mai stata scavata".

La tomba più bella

Nefertari morì a quarant'anni ad Abu Simbel; la sua tomba fu scavata nella Valle delle Regine, vicino alla Valle dei Re dedicata ai sovrani, nei pressi dell'antica Tebe (oggi Luxor). Fu scavata nel 1904 dalla Missione Archeologica italiana guidata dall'egittologo Ernesto Schiaparelli, lo studioso che diede un grande impulso alla costruzione del Museo Egizio di Torino e ne fu direttore dal 1884 al 1928.

La tomba di Nefertari, una delle più antiche della necropoli, si presentava già in condizioni critiche: violata più volte dai tombaroli, era pesantemente danneggiata da infiltrazioni d'acqua e dai cristalli di sodio che avevano causato crepe nell'intonaco e nelle pitture interne. Nonostante ciò Schiaparelli, coadiuvato nelle tre campagne di scavo dal collaboratore Francesco Ballerini, si rese subito conto di trovarsi davanti a una delle tombe più belle e raffinate dell'antico Egitto. Composta da diversi ambienti trovati già saccheggiati, la tomba è accessibile con una scala che scendeva per circa otto metri fino a una porta che conservava sugli stipiti il nome della regina. Il ciclo pittorico osservato dentro la tomba si sviluppa per circa 520 metri quadrati, e racconta il viaggio della regina nell'aldilà. 

Del sarcofago in granito rosa rimangono frammenti, e il corredo fu spogliato in antichità; tuttavia Schiaparelli riuscì a ossservare e catalogare trenta statuine, frammenti di vasi in ceramica e in alabastro e di piccoli arredi, oltre a parte delle gambe mummificate, amuleti, un bracciale d'oro e dei sandali realizzati con intreccio di palma e papiro, oggi in mostra al museo torinese. Dopo lunghi e complessi restauri, nel 2003 la tomba QV66 è stata chiusa alle visite, e oggi si può ammirare nella riproduzione realizzata dal Governo egizio nel 2014. 

ricostruzione della tomba di Nefertari, immagine del Museo Egizio di Torino

Dov'è il corpo?

I sovrani e le sovrane dei regni egiziani erano conservati, dopo un complesso processo di mummificazione, dentro un sarcofago in almeno tre strati riccamente decorati; della sepoltura di Nefertari resta, invece, solo il sarcofago in pietra ritrovato a pezzi. Al suo interno, grande fu la sorpresa degli archeologi nell'osservare solo frammenti delle gambe appartenenti a un corpo femminile: la mummia fu trafugata poco prima degli scavi o la sua sparizione è più antica? La scienza più recente è venuta in aiuto delle scoperte antiche: nel 2016 un gruppo di ricercatori ha pubblicato un articolo sulla rivista Plos One (ne parla qui Repubblica) in cui spiega che femore, rotula e tibia trovati da Schiaparelli appartengono sicuramente a Nefertari; scartata la possibilità di avere conferme dal dna, dato che non conosciamo il corredo genetico dei suoi familiari, le varie indagini effettuate dal team hanno confermato che si tratta proprio del corpo della regina, unici resti mortali di una donna tra le figure più amate e potenti dell'antichità. 

Francesca Mulasdi Francesca Mulas   
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