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Una finestra di bellezza, cultura e arte sul mondo. L’Istituto Italiano di Cultura di Madrid raccontato dalla Direttrice Marialuisa Pappalardo

Una donna che sa il fatto suo alla guida di un Istituto che con una vocazione aperta al mondo, impressa nell'ultima gestione, quasi un museo che ospita al suo interno importanti collezioni permanenti e temporanee

Fabio Marceddudi Fabio Marceddu   
Marialuisa Pappalardo, direttrice Istituto Italiano di Cultura Madrid
Marialuisa Pappalardo, direttrice Istituto Italiano di Cultura Madrid

Madrid ha il potere di stupire per la sua luce che la bacia oltre la notte, per la sua voglia di festa continua, per la gente che senza differenza di età e genere e altro affolla le strade del centro e della periferia. Madrid è un centro pulsante di mondo possibile e godibile e la rappresentazione vivente del “gran teatro del mundo”.

In questo scenario, in uno dei tanti angoli meravigliosi e accoglienti della capitale madrilena, Palazzo d'Abrantes (1652), nei pressi della cattedrale dell'Almudena e del Palazzo reale, ospita l'Istituto Italiano di Cultura: cuore cervello e anima pulsante di tutte le molteplici attività culturali, artistiche e molto altro del “Bel Paese”; megafono di una centralità culturale che vanta, nelle sue molteplici unicità, particolarità e peculiarità rare, preziose ed al contempo eccezionali.

Abbiamo incontrato la Direttrice Marialuisa Pappalardo, in una delle sale del Palazzo, che è una finestra di bellezza, di cultura e di arte; un Istituto che con una vocazione aperta al mondo, impressa nell'ultima gestione, quasi un museo che ospita al suo interno collezioni permanenti e temporanee.

Entrata in carica nel 2020, Marialuisa Pappalardo quest'anno termina il suo mandato, forte di una gestione che nonostante le intrinseche difficoltà del primo periodo (la pandemia, nda) è riuscita a generare nuove forme di promozione culturale e a far convivere le competenze acquisite durante le restrizioni, con la programmazione libera e ampia del “dopo”.

Lei ha un percorso formativo variegato con una formazione artistica musicale e internazionale (la Direttrice è diplomata in Pianoforte al Santa Cecilia di Roma, e Laureata in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali, nda), che importanza ha avuto questa doppia anima dal momento in cui ha intrapreso questa carriera e nel momento in cui si è “insediata” nell' IIC di Madrid?

La musica è sempre un ponte, nelle relazioni internazionali ancora di più è elemento di coesione e condivisione, è un abbraccio fra i popoli che non solo crea legami ma spesso crea punti di incontro e confronto. Il percorso formativo e lavorativo di un musicista è determinato da una ferrea disciplina, mutuare questa metodologia e applicarla al mio lavoro in Istituto è stato un approdo naturale.

Ci può raccontare brevemente come si diventa Direttore o Direttrice di un Istituto Italiano di Cultura?
"Si accede per concorso e bisogna essere in possesso di determinati requisiti imprescindibili. Il mandato dura 4-5 anni e non è rinnovabile, allo scadere si cambia destinazione. È obbligatoria la conoscenza di due lingue oltre la lingua madre".

Dando uno sguardo alla distribuzione delle cariche, se nelle ambasciate prevalgono gli uomini, possiamo dire che negli Istituti di Cultura qualcosa è cambiato?
"Madrid e, in generale, la Spagna hanno una tradizione abbastanza equivalente a livello di gestione di genere. In questi ultimi anni si sono alternati Direttori e Direttrici che hanno ricoperto alacremente ed eccellentemente il loro ruolo; nei ruoli diplomatici c’è ancora una maggioranza maschile, ma è un percorso che sta cambiando velocemente e molte strade che ormai anni fa apparivano impraticabili per il genere femminile ora sono molto più percorribili".

Lei è un'Artista, ha una formazione che va dallo studio del pianoforte, rinforzato poi dalla specializzazione in composizione, che è andata di pari passo con la Laurea in Scienza Politiche e per citare il suo densissimo curriculum il corso SIOI. Quanto è stato determinante nel suo percorso la sua competenza artistica?
"La formazione artistica è una grande scuola in generale; la formazione musicale presuppone una costanza, una disciplina e un impegno quotidiano ed anche una formazione continua. Come artisti non si è mai arrivati, di conseguenza anche la gestione di un apparato culturale come l'IIC di Madrid significa armonizzare le tante anime non solo artistiche, orchestrarle e generare melodie altre e possibili (per usare una metafora musicale) a volte azzardando nuove strade".

L'anno del suo insediamento, il 2020, eravamo in piena crisi pandemica, quali sono state le strategie adottate durante la “chiusura” e quelle mutuate dal periodo durante la ripresa?
"Premettendo che in Spagna non c'è stata la chiusura totale che abbiamo/avete conosciuto in Italia, la mia conduzione in questo periodo è stata volta alla ricerca di nuove modalità di fruizione artistica e quello che di fatto era un limite dettato da fatti oggettivi, è diventato occasione di indagine di nuove forme di proposta e programmazione artistica; quel che un tempo appariva come raro e sperimentale è diventato norma: parlo di programmazioni digitali, di mostre e appuntamenti on line, di rappresentazioni artistiche in diretta sui canali che sono nati dall'urgenza, la creazione di piattaforme che dessero accesso a tutta l'arte e agli artisti che ,“bloccati”, potevano scoprire nuove forme di azione e di creazione, superando i limiti geografici non sempre superabili. Molto del creato durante questo periodo è stato mantenuto: Citiamo fra i progetti: Musica|acisúM (Musica allo specchio), con straordinari musicisti quali Chano Dominguez in collaborazione con Musica Nuda; Gianluca Petrella con Marco Mezquida; il Festival del cinema italiano di Madrid, pur tornando pienamente al presenziale, ha mantenuto una sezione di cinema online; la trasmissione in streaming dei concerti, degli eventi performativi, degli incontri letterari che organizziamo nel nostro bellissimo Teatro. Tutto è servito ad abbattere barriere, spinti dalla voglia di continuare a “fare e condividere cultura”. Credo che anche questo spirito pionieristico sia rimasto".

Spesso gli IIC sono avamposti non solo culturali. È difficile essere promotori culturali di un Paese come l'Italia che deve la sua ricchezza al suo immenso Patrimonio materiale e immateriale e che sovente ha incontrato gestioni non sempre all'altezza della sua caratura?
"L'Italia è un grande Paese, un unicum e come lei afferma, forse il più ricco e articolato nella sua offerta culturale che investe tutte le sue specificità. Noi siamo dei megafoni ed abbiamo la responsabilità di far conoscere questo immenso patrimonio nei Paesi dove svolgiamo la nostra attività; ma siamo anche centri propulsori di nuove creazioni e incontri attraverso la cultura. Attività che è forza centripeta e centrifuga della Cultura italiana nel mondo. L'IIC di Madrid, è stato fondato nel ‘39 ed è uno dei più antichi e rinomati. Lo stesso Palazzo che ci ospita è di per sé un luogo d'arte crocevia di culture che sono sinonimo di dialogo, convivenza, trampolino di idee che sincreticamente convivono in un passato recente più remoto e in un futuro che ha l'ardire di disegnarsi con queste forti radici. L'Italia è una “superpotenza” culturale; il nostro lavoro è quello di mettere le nostre competenze al servizio del bello, del dialogo interculturale, della “ricreazione” di un mondo possibile attraverso la straordinaria ricchezza del nostro patrimonio".

Quali sono a parer suo i punti d'incontro fra i Paesi che possono essere considerati cugini, Italia-Spagna, e quelli che ci differenziano?
"Abbiamo in comune l'amore per la convivialità. In questo, forse, una differenza è che gli spagnoli vivono molto di più gli spazi all’aperto e, ad esempio, ti invitano molto difficilmente a casa loro, ma in un locale per tapas e poi a cenare al ristorante. Inoltre, in questi anni mi è sembrato di percepire negli spagnoli più ottimismo rispetto a noi italiani".

Come sono le relazioni con le altre Istituzioni Italiane nel mondo?
"L'IIC di Madrid è una diretta emanazione del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale; l’Ambasciata, con cui abbiamo un’ottima collaborazione coordina tutti gli enti del Sistema Italia. Abbiamo anche intense relazioni con la Scuola Italiana, con l’Agenzia ICE, l’ENIT e con i Comites (organismi rappresentativi della collettività italiana). L’IIC ha anche attivato collaborazioni a Madrid e sul territorio con le più importanti istituzioni culturali spagnole, con la Dante Alighieri, e con gli Istituti culturali di altri Paesi europei (cito il Cervantes spagnolo, o il Goethe tedesco). L’Istituto, quindi, non è un’isola della cultura, bensì uno snodo essenziale nella rete delle istituzioni culturali; questo sistema di collaborazioni è fondamentale e contribuisce a creare iniziative di alto livello e impatto, che stimolano nuove forme di dialogo culturale e promozione delle culture fra i popoli, e soprattutto nella creazione di un futuro per i giovani che sono i reali ambasciatori del nostro presente e del loro futuro".

N.d.a

Mentre la nostra intervista volge al termine, sappiamo che fra qualche mese la Pappalardo sarà al timone di un altro Istituto, ma crediamo che l'impronta data all'Istituto italiano di Cultura di Madrid, facendolo diventare un Museo al servizio della comunità, con una biblioteca accessibile una ricchezza di proposte culturali, farà ancora parlare di sé, come un modello esportabile di cultura da tutti i punti di vista e da tutte le latitudini e longitudini.

Fabio Marceddudi Fabio Marceddu   
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