"Non voglio essere un’icona, voglio dimagrire": quando la body positivity diventa tossica

L’attrice Barbie Ferreira dice basta alle pressioni dei media che l'hanno intrappolata nella body positivity

'Non voglio essere un’icona, voglio dimagrire': quando la body positivity diventa tossica

Barbie Ferreira, la giovane attrice della fortunata serie tv “Euphoria”, vive nella realtà ciò che nella finzione è il suo personaggio: una ragazza consapevole del proprio corpo che si affaccia alla sessualità e alla vita con un bagaglio di frustrazione e ansia tipiche dell’adolescenza.

Dalla fiction alla vita reale

“La body positivity può diventare tossica” ha dichiarato la Ferreira al giornale InStyle, trovandosi a gestire un ruolo da paladina senza riconoscersi. Il dibattito intorno al corpo e all’accettazione rischia di esasperarsi per la troppa pressione che media, social e attivisti veicolano ogni giorno. Continua la Ferreira “Se non rientri nello standard di Hollywood o del mondo della moda automaticamente vieni vista come una persona coraggiosa, e per me questo è davvero offensivo. È difficile essere sempre confinata in quel contenitore e sentire la pressione di dover per forza essere felice nel tuo corpo sin dalla giovane età”. L’attrice si sente intrappolata in un ruolo rigido, senza possibilità di vivere in modo veramente libero il suo corpo, i cambiamenti che vorrebbe per se stessa e il suo sforzo per raggiungere un risultato di “body normal” perché sottoposta a giudizio e accusata di tradire una causa.

Ashley Graham

Dalla body positivity alla body neutrality

Barbie Ferreira non è la sola voce a spendersi in questa direzione ma si fa avanti una nuova tendenza chiamata body neutrality che supera il concetto di accettazione del corpo e guarda alle sue funzionalità, non solo basandosi su come appare e quindi sull’estetica. La body neutrality si concentra anche sulla libertà di gestire la propria fisicità in modo privato e di essere valutati come persone e non come corpi. Sposano questo pensiero anche la cantante Lizzo e la modella Ashley Graham, entrambe hanno espresso il desiderio di essere valutate per la personalità e professionalità e non essere costantemente abbinate al termine plus-size.

Barbie Ferreira (archivio ANSA)

Le persone non sono solo simboli

Con un approccio per forza positivo alla questione corpo viene meno l’individuo. Il rischio è quello di dimenticare le persone per farle diventare un simbolo, anche se non si riconoscono in quel simbolo, o se magari ci si ritrovano solo in parte. La troppa attenzione sul corpo, renderlo sempre uno strumento di battaglia politica, rischia di perdere di vista l’anima che abita quei corpi e di “utilizzare” il fisico altrui per rivendicazioni che a volte mettono in luce ulteriori differenze. È proprio il caso della body positivity che si è diffusa come pensiero inclusivo ma che a detta di tanti non è la risposta corretta al fat shaming verso le persone grasse. La società tollera chi è curvy, non chi è grasso e il body positive finisce per essere uno slogan vuoto o, peggio, l’ennesima forma di discriminazione. Le differenze tra i singoli poi son tali per cui non tutto può essere inglobato in un solo discorso e il volersi schierare a ogni costo potrebbe generare contrapposizioni con altri gruppi invece che trovare un dialogo su un terreno comune. Il terreno comune è, e dovrebbe sempre essere la dignità, della persona, con annesso il suo diritto innegabile a vivere in modo libero la propria unicità.

“Continuo per la mia strada, e spero che un giorno le persone smetteranno semplicemente di pensarci” si augura la Ferreira a conclusione dell’intervista.