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Quarant'anni di pubblicità ministeriali contro l'Aids: in Italia ha fatto più paura la parola "preservativo" che l'Hiv

Il 1° dicembre si celebra la Giornata mondiale contro l’Aids e secondo l'Oms una delle cause è la diagnosi tardiva, che riguarda il 51% delle persone infette.

Claudia Sarritzudi Claudia Sarritzu   
Quarant'anni di pubblicità ministeriali contro l'Aids: in Italia ha fatto più paura la parola...

Per raccontare il linguaggio dei media degli ultimi 40 anni basta ricordare come questi hanno parlato (male) di Hiv e Aids. Possiamo affermare che è il modo migliore per spiegare ai giovani e alle giovani di oggi, con immagini, come il nostro Paese sia stato, ed è ancora, inadeguato, ipocrita e bigotto nel trattare temi di salute pubblica se per farlo deve parlare di sessualità. Per colpa di scarsa chiarezza, pudore giornalistico, moralismo religioso e sessuofobia dilagante nei vari governi che si sono succeduti, per quattro decenni abbiamo mandato in onda di tutto, quando sarebbe bastato comunicare che: per proteggersi dall'Hiv basta indossare un preservativo. 

E' del 1987 la prima campagna pubblicitaria contro l’Aids che con chiarezza spiegava che per evitare il contagio bastava l'utilizzo del preservativo. C'erano sette personaggi, che rappresentavano tutte le persone a rischio: omosessuali, eterosessuali, eroinomani, malati, praticamente chiunque. Perché l'idea che chi si ammalava era un drogato o un perverso con una vita intima riprovevole è stata una delle più grandi fake news della storia che ha provocato tantissime morti e vite rovinate dall'emarginazione e dalla condanna sociale.
Usava un corretto tono informativo e non aveva lo scopo di spaventare. Venivano spiegate in modo esplicito e comprensibile a tutti le varie modalità attraverso cui si può contrarre la malattia ma anche come è possibile
prevenirla.
Una trasparenza che non gli verrà perdonata. Le parole sesso e preservativo facevano più paura della malattia stessa. 

Ma la prima campagna italiana contro l’Aids del Ministero della Salute, che all'epoca si chiamava Ministero della Sanità, è del 1988. Siamo negli anni più difficili, chiunque nel mondo conosce qualcuno che si è ammalato o che è addirittura già morto. Dopo la parola cancro, l'altra parola che terrorizza di più è Aids. Nessuno guariva e si moriva soli con una lettera scarlatta. L'opinione pubblica era convinta che chi contraeva l'Hiv se lo fosse cercato, non fosse una brava persona. Non è il medioevo, è ieri!

In questi spot si usano toni allarmanti ma c'è il ricorso a tutte le terminologie necessarie, compresa la parola profilattico. Lo Stato non arretra. Non può permettersi moralismi. Troppe famiglie vengono travolte da questo dramma.
Vengono mostrati un uomo e una donna nudi, la scelta non è casuale. Tutti possono essere colpiti, non solo omosessuali e drogati.

Nel 1989 arriva la seconda campagna. Tono più serio ma meno spaventoso. E' la famosa pubblicità che ricordiamo tutti, con l'alone lilla che ricopre le persone infette. La parola preservativo resiste.

La terza è quella del 1990 con il primo testimonial. Il preservativo c'è ancora. Ma è l'ultima volta. Dovremmo aspettare anni prima di vederlo ricomparire. L'Italia bigotta vince sulla prevenzione.

Nel 1992 vengono eliminate tutte quelle immagini e parole che fino a quel momento avevano arrecato imbarazzo.
C'è un riferimento al “Quarto stato” di Pellizza da Volpedo: ci sono uomini e donne sotto i 30 anni. Il messaggio che passa è che si ammalano solo i giovani perché è una malattia da irresponsabili. Si vedono marciare aumentando progressivamente di numero, aiutando anche le persone in difficoltà. Lo speaker invita a non drogarsi, a non scambiarsi siringhe usate, a fare il test, ricorda che ci si può infettare per via sessuale e per sangue.

Manca l'unica cosa che conta, l'unica che protegge: il preservativo. Da questo momento in poi verranno usati testimonial, trame sempre diverse, immagini in bianco e nero, fiocchi rossi, ma mancherà sempre la parola o l'oggetto preservativo.  Tutti gli spot appaiono inutili e dannosi perché non informano sull'unico metodo che evita la trasmissione del virus.

Le ultime due campagne ministeriali (perché poi lo Stato si è del tutto dimenticato che l'Aids esiste) sono le seguenti: 

Nel 2009 è stato scelto come testimonial Valerio Mastrandrea che in segno di difensiva contro il contagio ferma un pugno rivolto contro di lui. Ci si limita a suggerire di fare il test per assicurarsi di non essere malati e basta. Non si parla di prevenzione ma si consigliano comportamenti sessuali responsabili. Che cosa vorrà dire, non è dato saperlo.

Dobbiamo arrivare a 2012, 22 anni dopo, per ritrovare la parola (e l'immagine) preservativo: ci sono delle persone comuni, svestite coperte da dei nastri rossi, come testimonial appare Raul Bova.

Per fortuna in questi anni la Lila (lega italiana lotta Aids) ha realizzato degli spot molto efficaci, semplici, intuitivi e soprattutto "laici". Il preservativo è al centro della scena. E' il protagonista, perché è l'unico mezzo ancora oggi dopo 40 anni di prevezione. 

Se non fosse ancora chiaro, lo ribadiamo qui. Siamo liberi di avere la vita sessuale che vogliamo: dobbiamo solo usare il preservativo. 

Claudia Sarritzudi Claudia Sarritzu   
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