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Gli italiani? Capiscono poco. La nostra nazione rivelata dai dati dell’Ocse

Non sappiamo fare calcoli matematici, interpretare grafici né comprendere testi lunghi

Giacomo Pisanodi Giacomo Pisano   
Gli italiani? Capiscono poco. La nostra nazione rivelata dai dati dell’Ocse

Un connazionale su tre non riesce a comprendere un testo se non breve non sa eseguire operazioni matematiche complesse, quasi la metà degli adulti non sa risolvere problemi se non elementari e solo in contesti familiari. Questo l’agghiacciante ritratto di un’Italia che sembra deludere sotto molti aspetti. L’impietosa analisi sul Paese che emerge nell'ultimo rapporto dell'Ocse, l'organizzazione internazionale per la cooperazione e lo sviluppo economico, pubblicato il 10 dicembre: gli italiani sono agli ultimi posti tra le 160 mila persone comprese tra 16 e 65 anni dei 31 stati che hanno partecipato al test per capacità di comprensione di un testo, matematica e soluzione dei problemi. 

Test su capacità di calcolo, interpretazione e tecnologia

Il rapporto Ocse si basa sulla somministrazione di un esame che valuta il contesto in cui i soggetti partecipanti vivono, lavorano, sono cresciuti e si sono formati, e la risposta a una serie di quesiti distribuiti su tre aree: literacy sulla capacità di “capire, valutare, utilizzare ed esaminare testi scritti per partecipare alla vita sociale, per raggiungere obiettivi e sviluppare conoscenza e potenziale umano”; numeracy, “l’abilità di accedere a, utilizzare, interpretare e comunicare informazioni e idee matematiche, per affrontare e gestire problemi di natura matematica in un certo numero di situazioni della vita adulta”, problem solving in ambienti tecnologicamente avanzati sulla “capacità di usare la tecnologia per risolvere problemi e compiere operazioni complesse”.

Risultati disastrosi

L'Italia ha un punteggio medio di 245 in literacy, 244 in numeracy, 231 in problem solving (qui siamo addirittura al quartultimo posto): ben al di sotto della media Ocse, che si aggira intorno a 260. Il dato più grave è la carenza contemporanea in tutti gli ambiti cognitivi, ma siamo in “buona” compagnia: Cile, Croazia, Francia, Ungheria, Israele, Italia, Corea, Lituania, Polonia, Portogallo e Spagna compaiono insieme a noi nella parte bassa della classifica. Tra i paesi con il punteggio più alto nelle tre aree ci sono Finlandia, Giappone, Paesi Bassi, Norvegia e Svezia, insieme a Canada, Danimarca, Inghilterra, Estonia, Belgio, Germania e Svizzera che superano il punteggio medio.

Nella comprensione del testo e nei calcoli, il 35% degli adulti italiani ha un punteggio pari o inferiore al Livello 1, cioè il livello inferiore della valutazione: possono capire elenchi e testi brevi e fare operazioni semplici ma potrebbero avere difficoltà nell'interpretare istruzioni, grafici, percentuali e testi più articolati o da più fonti; solo cinque-sei italiani su cento raggiungono il livello di competenze più alto. E solo uno su cento raggiunge il punteggio più alto nella capacità di risolvere problemi.

Il rapporto, costruito sulle schede PIAA - Programme for the International Assessment of Adult Competencies arriva dopo undici anni dal precedente. Brutte notizie se confrontiamo i dati di oggi e quelli del 2013: solo Inghilterra, Finlandia e Norvegia hanno registrato un livello maggiore di competenze, mentre nella maggior parte dei paesi il livello di competenza è diminuito o è rimasto invariato, con cali pesanti soprattutto tra le persone con livelli bassi di istruzione e aumenti tra adulti con titoli di studio più alti.

Cosa significa in pratica

Un dato così preoccupante suggerisce una società sempre più frammentata e disparità ancora più ampie tra le persone. All’interno dell’analisi emerge anche che il livello di alfabetizzazione è diminuito maggiormente tra gli uomini che tra le donne. 

Che conseguenze ha sulla popolazione? Minori competenze significano minori possibilità di trovare un impiego soddisfacente e ben retribuito, e le capacità cognitive sono legate anche al benessere psicofisico, alla vita sociale e all'impegno civico. Se non possiamo parlare di un’emergenza in senso stretto è comunque evidente la necessità che autorità e istituzioni si confrontino per ideare strategie efficaci per un’inversione di rotta, prima che questi dati così sconfortanti diventino l’ennesima anomalia italiana a cui ci abituiamo con una banale alzata di spalle.

Giacomo Pisanodi Giacomo Pisano   
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