La pop star inglese Jack Savoretti e il nonno partigiano: gli eroi che non stanno nei libri di Storia
La pop star dalla voce straordinaria è il nipote di Giovanni Savoretti, medico partigiano. Ecco la loro storia
Nel salone di rappresentanza del Municipio di Genova, Palazzo Tursi - patrimonio dell’umanità Unesco come tutti i palazzi lì attorno del sistema dei Rolli, i primi “alberghi” al mondo - è esposta la bandiera del Comune di Genova con la medaglia d’oro al valore militare per essere stata la prima città a liberarsi da sola, con una rivolta popolare sostenuta dai partigiani che costrinsero i nazisti alla resa incondizionata.
L'amor di Patria
Recita la motivazione ufficiale del conferimento di quella medaglia: «Amor di Patria, dolore di popolo oppresso, fiero spirito di ribellione, animarono la sua gente nei venti mesi di dura lotta il cui martirologio è messa fulgida gemma all’aureo serto di gloria della “Superba” Repubblica Marinara, i 1863 caduti il cui sangue non è sparso invano, i 2250 deportati il cui martirio brucia ancora nelle carni dei superstiti, costituiscono il vessillo che alita sulla città martoriata che infervorò i partigiani del massiccio suo Appennino e delle impervie valli, tenute dalla VI zona operativa, a proseguire nell’epica gesta sino al giorno in cui il suo popolo suonò la diana dell’insurrezione generale. Piegata la tracotanza nemica otteneva la resa del forte presidio tedesco, salvando così il porto, le industrie e l’Onore. Il valore, il sacrificio e la volontà dei suoi figli ridettero alla madre sanguinante la concussa libertà e dalle sue fumanti rovine è sorta nuova vita santificata dall’eroismo e dall’olocausto dei suoi martiri. 9 settembre 1943 – aprile 1945».
L'esempio di Genova
Perché, nella storia della Resistenza italiana, Genova è “la città che si è liberata da sola”, senza attendere l’arrivo dei militari Alleati, decisivi in tutto il resto del Paese, ma solo con la lotta partigiana.
E per certificare tutto questo ci sono anche un luogo e una data: nel quartiere genovese di San Fruttuoso, c’è Villa Migone, all’interno del parco di Villa Imperiale, dove alle 19,30 del 25 aprile 1945, il generale tedesco Gunther Meinhold firmò l'atto di resa “alla presenza di Remo Scappini, Errico Martino e Giovanni Savoretti, membri del Comitato di Liberazione Nazionale per la Liguria e dal maggiore Mauro Aloni, comandante della Piazza di Genova”.
Ed è questo l’atto ufficiale con cui i tedeschi si arresero ai partigiani, liberando Genova. E poi l’Italia.
La pop star e il nonno partigiano
Jack Savoretti, pop star inglese dalla voce straordinaria, è il nipote di Giovanni Savoretti, medico partigiano. Animato quel giorno, come tutti gli altri protagonisti dell’incontro dalla ricerca di un punto di contatto: fine della guerra e dei morti inutili. Il generale Meinhold, dall’altra parte, ebbe l’intelligenza di rifiutare di far bombardare il porto di Genova perché comprese che la guerra era persa e continuare sarebbe stato accanimento terapeutico. Per la sua sana disobbedienza, Meinhold si dette alla fuga e furono gli stessi partigiani ad aiutarlo a scappare.
«I nostri nonni – racconta Jack (che in realtà si chiama Giovanni come il nonno) Savoretti a ogni Festa della Liberazione che passa a Genova, una volta anche in concerto, una volta proprio a Villa Migone con gli eredi dei protagonisti di quella storia - non erano uomini che amavano parlare di cosa accadde quel 25 aprile, erano uomini che preferivano fare piuttosto che parlare di fare. Contrariamente a quanto accade spesso oggi. Mio nonno era un uomo semplice, un grand’uomo, ma semplice. Per lui non era importante il ruolo che aveva avuto, ma la firma dell’atto di resa».
Dal tifo sfegatato per il Genoa, con la scelta di girare allo stadio Ferraris il video della sua hit più famosa, “Home”, al legame fortissimo con il territorio, c’è tanto di quella storia in Jack che ha sempre raccontato: «Sono cresciuto con Genova nel cuore (casualmente, ma non troppo, il logo della solidarietà dopo il crollo del Morandi ndr) – e c’è tanto di Genova nelle mie canzoni. Ho trascorso qui tanta parte della mia infanzia e girando per la città mio padre mi ha raccontato cosa accadde, cosa fece il nonno. Qui, sotto il Ponte Monumentale, in via Venti settembre, in pieno centro c’è una targa dorata che lo ricorda e a lui è intitolata anche una via a Lavagna. Mi ha sempre reso fiero parlare di lui, è stato un uomo di valore e onestà. Il suo nome di battaglia era Lanza, e ho chiamato così la mia casa discografica».
Ricordò Jack-Giovanni il giorno che si incontrò con gli altri eredi dei protagonisti di quel giorno: «Oggi vediamo cos’è l’Europa che i nostri nonni hanno sognato. Ho detto a mia figlia, prima di venire a Genova, che mio nonno era un eroe e io sono fiero di lui. Lei mi ha chiesto: “Papà, lo studierò a scuola?” No, le ho risposto. Ecco, trovo che non si faccia abbastanza per tenere vivo il ricordo di quanto hanno fatto i partigiani. In Inghilterra, forse perché è una Nazione vincitrice, c’è più memoria, ma anche l’Italia deve andare fiera di quanto ha fatto per riscattarsi dal fascismo».
Jack, ovviamente, è un nome molto anglosassone, ma «questo nome che porto, Giovanni, è una responsabilità, sento il dovere di esserci, di raccontare cosa hanno fatto questi eroi silenziosi. Il nonno è morto quando io non avevo ancora compiuto cinque anni; non mi ricordo i suoi racconti, ma che mi mostrava sempre le sue medaglie lo rammento benissimo. Quando fui più grande per comprendere, mio padre mi spiegò che era stato un partigiano e aveva combattuto per la libertà contro i nazifascisti: divenne il mio eroe”.
La vita di nonno Savoretti e di nipote Savoretti si interseca strettamente, ed è anche l’occasione per raccontare le estati passate a Portofino, nel Borgo e in Piazzetta, dove torna spessissimo.
L’occasione di affrontare e approfondire questi ricordi da parte di Jack, approdato per la prima volta al canto in italiano, è la kermesse di Corriere della sera e Regione Liguria “Verso il tempo delle donne”, dove racconta anche l’esperienza a Sanremo: “Sarò sempre grato a Diodato per avermi invitato a cantare sul palco dell’Ariston un brano di Fabrizio De Andrè, uno dei miei miti. Se non lo vivi, non puoi capirlo, Sanremo è uno shock culturale unico al mondo”. E l’Eurovision? “E’ una grande manifestazione, ma non farebbe per me. Sarebbe come chiedere a Totti di giocare a basket”.
Con un’ultima scelta, quella di fare un disco in italiano. L’anteprima è stata “Senza una donna” con Zucchero: “Prima di me l’ha fatta con Paul Young, è uno che canta con Bocelli e al Madison Square Garden. Quando qualcuno ti invita a una festa ci vai”.
Il resto, dopo la paura iniziale, è straordinario, anche e soprattutto in italiano.
Un po’ come avvenne per Elisa.
“Penso in inglese, ma sogno in italiano” è la firma di Jack.