Molti diranno di vergognarsi a guardare Sanremo, ma è una bugia: liberiamoci di questo blocco psicologico
In questi giorni sanremesi alcuni spettatori televisivi fingeranno di aver subito una sorta di costrizione di Stato. Come fossimo tutti vittime sacrificali del bilancio Rai, ma non è così...

Ricordate la scena di “Arancia Meccanica” in cui Alex DeLarge è costretto a tenere le palpebre aperte come prevedeva il protocollo del “Programma Ludovico”? In questi giorni sanremesi alcuni spettatori televisivi fingeranno di aver subito una sorta di costrizione di Stato. Vittime sacrificali del bilancio Rai. Che a Sanremo non si può scampare, giureranno che hanno visto solo "pezzetti" dello show ed esclusivamente quelli in cui si esibivano gli ospiti, di non conoscere gli artisti in gara, di non aver riso a nessuna battuta del conduttore, di non sapere chi sono le conduttrici. Insomma, continueranno a guardarlo vergognandosene. Se poi sei un aspirante intellettuale da tastiera, non guarderai Sanremo ma passerai le serata sui social a criticare chi commenta Sanremo, seguendolo indirettamente ma senza troppi sensi di colpa.
La cosa molto curiosa di questo fenomeno tutto italiano, non crediamo infatti che esistano americani che si vergognino di guardare l'altrettanto trash serata degli Oscar, è che lo si può paragonare al simile caso dei sondaggi politici che nel nostro Paese ci azzeccano sempre molto poco. Perché? Perché siamo un popolo che vota vergognandosi della propria scelta, come quando alcuni si scolano le cinque serate del Festival, fino alle 2 di notte, fingendo invece di non averlo fatto e di essere andati in giro per locali (tutte e cinque le serate), anche se in verità non cenano fuori dal 1998.
Ci vorrebbe uno bravo come si suol dire, un dottore in grado di spiegare questo fenomeno psicologico che resiste nonostante sia chiaro a tutti e tutte che si tratta di una mega bugia di massa, smentita da uno share che fa invidia alle partite di calcio della nazionale ai mondiali (quando riusciamo a partecipare).
Uno show che dura da 73 anni ha un ingrediente segreto che forse una volta svelato potrebbe ammazzare la magia intorno. Forse è proprio il fatto che non abbiamo una risposta al motivo per cui lo guardiamo, fieri o di nascosto, che lo rende capace di resistere a ogni scossone generazionale. Ai forti cambiamenti sociali e di costume. E' un punto fermo, un ramo a cui aggrapparsi anche durante la crisi finanziaria, la pandemia e purtroppo oggi la guerra. Ma quali sono le fasce di età più affezionate?
Anziani e giovani, nonni e nipoti. La classe intermedia che invece era pischella negli anni 80, quando il Festival non andava di moda e chi lo guardava era considerato uno sfigato, continua a imporsi questa inutile coerenza. Anche se moltissimi e moltissime lo guardano eccome, ma a luci spente, senza testimoni, giurando di aver preferito la lettura di un ottimo libro (magari in formato cartaceo).
Oggi il Festival si guarda con telefono in mano. Si posta ogni commento, battuta, scivolone, giudizio musicale anche se non si ha ovviamente un orecchio assoluto. Più che guardare e ascoltare si assiste allo spettacolo, partecipando. E' questa nuova modalità che ha avvicinato i giovanissimi insieme al fatto che i cantanti in gara sono oramai tutti ragazzetti e ragazzette usciti spesso dai talent che hanno compiuto 18 anni ieri.
Insomma, a fingere di essere Alex DeLarge è rimasta una fetta consistente ma che secondo le nostre stime si sta riducendo ogni anno che passa. La nuova generazione, diversamente dai propri genitori, è composta da italiani e italiane che hanno meno vergogna di essere se stessi. Di essere leggeri, che non significa superficiali come ci ha spiegato anni fa Italo Calvino. Non c'è più questa smania di voler essere intellettuali tutti i giorni dell'anno. I giovani di oggi sono più coraggiosi delle proprie azioni e dei propri gusti. Hanno viaggiato per il mondo e hanno smesso di credere che tutto quello che viene fatto fuori dai nostri confini abbia più valore.
Oggi a essere cringe dunque sono coloro che si vergognano di guardare il Festival, di godersi la leggerezza o di farlo di nascosto.
Non ci resta che augurarvi Buon Sanremo, lasciatevi andare, liberatevi di questo blocco psicologico. Sperando che dall'anno prossimo, dopo aver raggiunto la conquista di una donna Presidente del Consiglio, dopo 74 anni alla Rai venga la strabiliante idea di dare a una Donna il ruolo di direttrice artistica della kermesse (che guardano tutti senza confessarlo).
L'unica cosa di cui vergognarsi, oggi infatti, è che Sanremo non sia ancora femminista.