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"Rapito", la struggente storia di un bambino strappato ai propri genitori: un sopruso diventato caso internazionale

È il 23 giugno del 1858, quando una famiglia ebrea di nome Mortara subisce un sopruso che diventa un caso internazionale

Claudia Sarritzudi Claudia Sarritzu   
'Rapito', la struggente storia di un bambino strappato ai propri genitori: un sopruso diventato...
«Non possumus»
 
Ottant'anni prima delle leggi razziali fasciste del 1938, nella penisola ancora non unificata sotto il nome Italia, nello Stato pontificio, ancora governato da un Papa re, essere ebrei anche se vivevi a Bologna non era certo una passeggiata.
 
È il 23 giugno del 1858, quando una famiglia ebrea di nome Mortara subisce un sopruso che diventa un caso internazionale. In piena notte la polizia pontificia e la Santa Inquisizione prelevano un bambino strappandolo ai propri genitori (Salomone Mortara e Marianna Padovani) per farlo crescere secondo i dettami cattolici portandolo a Roma. Per quale motivo è toccata questa sorte al piccolo Edgardo? Il fanciullo era stato segretamente battezzato dalla domestica all'insaputa dei suoi genitori.
La legge canonica del tempo vietava agli ebrei di crescere bambini cattolici ma anche di avere personale di servizio cattolico. Il battesimo venne dunque scoperto a causa dell'altra infrazione compiuta dai Mortara, avere appunto domestici cattolici. 
 
La famiglia Mortara per anni inviò al Pio IX suppliche, petizioni e tentò di smontare il caso proprio sul terreno del diritto canonico. 
In che modo? Cercò di dimostrare che il battesimo non fosse valido. Per prima cosa cercando di provare l'estrema ignoranza della domestica Anna Morisi che non era in grado di comprendere quali sarebbero state le conseguenze del suo gesto e di compierlo in maniera corretta. La Morisi infatti sostenne di aver battezzato il piccolo convinta fosse in pericolo di vita con un battesimo di emergenza in articulo mortis. Ma il medico dei Mortara testimoniò che il bambino era in ottima salute facendo cadere la condizione necessaria per il compimento del sacramento in emergenza. Il Papà restò irremovibile e finì per considerarlo come suo figlio adottivo. 
A favore della famiglia di Edgardo si mosse tutta la comunità ebraica di Bologna e Roma, nomi illustri da tutto il mondo, indignati dalla prepotenza del Papa cattolico. Da Napoleone III che non può ignorare "una telle violation de la loi civile et du droit naturel" a Francesco Giuseppe d'Asburgo, fino a Cavour che colse immediatamente l'importanza politica della vicenda, un fattaccio che faceva buon gioco per mettere in cattiva luce lo Stato pontificio e rinforzare le ragioni del Regno di Sardegna. Anche i quotidiani statunitensi ne parlarono a lungo. Pio IX non cederà a nessuna pressione e rispose sempre «Non possumus». 
Nel 1970 dopo la presa di Porta Pia, Edgardo è libero ma è grande e ormai è troppo tardi. Sceglie di non ricongiungersi alla sua famiglia e diverrà prete dedicando la sua esistenza alla conversione degli ebrei. Morirà a 90 anni plagiato da una Chiesa antisemita. Diventando vittima e simbolo dell'arroganza e prepotenza clericale.
 
Una storia volutamente fatta dimenticare ai più. Conosciuta sì ma divulgata a malapena dagli storici, censurata nei libri di scuola e riportata a galla nel 1997 da Daniele Scalise che per Mondadori scrisse un libro dal titolo "Il caso Mortara La vera storia del bambino ebreo rapito dal Papa". Nonostante tutto questo nel 2003 Papa Giovanni Paolo II ignora le polemiche e lo proclama Beato. 
 
Il 25 maggio esce al cinema Rapito, pellicola firmata da Marco Bellocchio e scritta insieme alla grande Susanna Nicchiarelli, in concorso a Cannes per la Palma d'oro. 
 
Speriamo che grazie a questo film, anche a scuola si dedichi una lezione per ricordare l'orrore compiuto sulla pelle degli ebrei molto prima dei lager nazisti. 
 
Claudia Sarritzudi Claudia Sarritzu   
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