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Scontro culturale: niente grilli a tavola, siamo italiani. Ma intanto mangiamo vermi, cocciniglia e sperma di tonno

Il governo impone restrizioni per le farine di insetti approvate dalla Ue in nome del "made in Italy". Ma la tradizione culinaria del nostro Paese ha spesso risvolti horror

Daniela Amentadi Daniela Amenta   
Scontro culturale: niente grilli a tavola, siamo italiani. Ma intanto mangiamo vermi, cocciniglia e...

2 aprile. Dal convegno "Vino e salute" il ministro dell'Agricoltura Francesco Lollobrigida tuona: "L'Italia è la prima nazione libera da carni sintetiche che possono essere veleno per salute, lo vedremo". Tanto che - aggiunge - "Anche coloro che la distribuiscono non ne conoscono gli effetti, mi si dice infatti che chi la vende chiede di firmare un foglio con l'autorizzazione preventiva che permette alle persone di assumere la responsabilita' sui danni che eventualmente subiranno in futuro".

Ma chi vende queste bistecche realizzate con le cellule staminali animali? Risposta: nessuno. E quindi cosa ha vietato il nostro governo? Una cosa già vietata, come sottolinea Il Foglio - " almeno finché la carne coltivata non verrà autorizzata dall'Europa". E siccome la Ue non ha dato nessun via libera il dibattito è, al momento, aria fritta. Diverso il discorso per gli insetti. Lo scorso 26 gennaio Bruxelles ha autorizzato la commercializzazione della farina parzialmente sgrassata di grillo domestico e delle larve di verme della farina minore. Nelle stesse forme sono già sul mercato la locusta migratoria, dalla fine del 2021, e la larva gialla della farina. L'esecutivo guidato da Giorgia Meloni è insorto e il 23 marzo con ben quattro decreti ha imposto una serie di severe norme a tutela dei consumatori. Addirittura scaffali separati nei supermercati. Giusto, per carità.

Ma allora perché non applicare lo stesso pugno di ferro per altri prodotti che allegramente mangiamo a nostra insaputa? Ad esempio larve di mosca reperibili nelle verdure congelate o nelle insalate pronte, per non parlare delle "bestiole" che finiscono nelle farine, fino alla cocciniglia. Il liquido denso e rosso che la contraddistingue è stato per un lungo tempo usato nella produzione di yogurt, aranciate, bitter, caramelle. E liquori. Come l'Alchermes. La presenza dell'acido carminico estratto è segnalato sulle etichette, spesso in caratteri minuscoli, come colorante E120. Oggi la produzione però è quasi tutta sintetica, troppo alti i costi per reperire il fitofago e poi macinarne l'esoscheletro.

Secondo un'indagine di Coldiretti/Ixe il 54% degli italiani è fermamente contrario agli insetti a tavola, indifferente il 24%, favorevole il 16% mentre non risponde il 6%. La motivazione è che si tratta di "cibi" estranei alla cultura alimentare nazionale. E allora andiamo a vedere se la tradizione culinaria del Paese è più o meno appetitosa di un grillo essicato. Tra le prelibatezze sarde troviamo il casu marzu, conosciuto come pecorino con i vermi. Il formaggio viene attaccato da una mosca la Piophila casei, che nella forma depone le uova. Una volta schiuse, le piccole larve con i loro enzimi, trasformano il pecorino in una crema morbida. Carissimo e quasi introvabile è il Calle de crabettu che la storica rivista Cucina Italiana considera come esempio di arte “paleocasearia". Nello specifico "lo stomaco di un capretto lattante viene chiuso alle estremità con una corda e fatto stagionare con tutto il suo contenuto, ossia l’ultima poppata di latte materno. Si mangia spalmato o a fette insieme al pane (comprese le pareti dello stomaco), oppure a fette, fritto nello strutto".

Carne sintetica di pollo

Le lumache sono invece un vero must in Liguria, Lunigiana e nel basso Piemonte ma più o meno consumate con varie ricette in tutto il Paese. In Sicilia sono piccole e bianche, si trovano nei campi arsi dal sole o sui muretti a secco: si chiamano babbaluci e sono, a detta di chi le ha assaggiate, una vera ghiottoneria. E ovviamente non possono mancare le rane che in provincia di Novara sono uno dei piatti più apprezzati. Passiamo poi al gigantesco capitolo delle carni non sintetiche ma delle viscere animali: dal lampredotto toscano alla meusa palermitana (la milza), passando per i turcineddi pugliesi (involtini a base di interiora di agnello o capretto in budello) o la celebre pajata romana (intestino di vitello non ancora svezzato) fino al cibreo realizzato con creste, testicoli e bargigli dei galli, per non dire della matrice di vacca, l'organo genitale femminile dell'animale.
Scegliete voi cosa vi fa più impressione o invece trovate irresistibile. Forse la farina di locusta è meno hard del lattume, sorta di bottarga ricavata dalla sacca del liquido seminale dei tonni maschi. De gustibus. Basta solo chiarire che il "made in Italy" non è soltanto un piatto di spaghetti o una pizza con la mozzarella all'ombra del Vesuvio.
Daniela Amentadi Daniela Amenta   
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