Eleonora d'Arborea: un mito esistito che avrebbe bisogno di maggiore risonanza
La storia la “scrivono” i vincitori, non i vinti e nei loro racconti spesso fanno “apparir vero” quel che invece è verosimile

La storia è piena di luoghi comuni, ma anche di scrittori di corte, o storiografi che dai campi di battaglia, narravano i tintinni degli scudi del battaglione sacro tebano (le coppie di combattenti omosessuali consacravano il loro amore a Eros, IV secolo a.C.) o esaltavano più tardi le virtù del Principe vere, o che avrebbe dovuto avere (Dell'Arte della guerra, 1521, di Niccolò Machiavelli).
La storia trasuda di protagonisti maschili, mentre quelli femminili spesso sono ricordati per altre virtù che appaiono come incidenti di percorso. Se la Spagna nel suo momento di massima ascesa ha avuto la sua Isabella di Castiglia (1451-1504 ) che, sposando Ferdinando di Aragona (1452-1516), diede poi alla luce il babbo di Carlo V (1500-1558), ovvero quell'Imperatore che disse che nel suo regno non tramontava mai il sole, l'Inghilterra ebbe il suo massimo periodo di espansione che sfociò in quella monarchia così moderna, sotto la guida di Elisabetta I (1533-1603); ebbene queste donne sono state ampiamente celebrate, raccontare e ricordate.
C'è stato in Sardegna un momento in cui il vuoto di potere creatosi nell'Alto Medioevo portò la Sardegna (formalmente sotto il dominio Bizantino) a “sdoganarsi” e affrancarsi dalla lontana Bisanzio (dopo l'invasione Vandala durata novant'anni) a cavallo fra il VI e VII secolo d. C.; questo vuoto di potere dunque portò alla formazione di quattro Giudicati che di fatto erano quattro regni indipendenti: Giudicato di Karalis, Arborea, Logudoro e Gallura.
Fra questi quello che resistette agli attacchi interni ed esterni e che riuscì a dare un'idea della Sardegna come nazione fu quello di Arborea, che ebbe nel momento di massima espansione come “condottiera” la Giudicessa Eleonora d'Arborea (1347-1403). Una donna che durante il basso Medioevo resistette indomita alle guerre “de genti allena” (degli stranieri) e che morì non sul campo di battaglia ma stroncata dalla peste, dopo aver governato in modo giusto una terra contesa dalla superpotenze dell'epoca.
Ma non solo. La Carta de Logu, che lei aggiornò e perfezionò, rappresenta un Codice di leggi, in una corte illuminata e all'avanguardia, sia nella sua redazione che nelle intenzioni.
Il mito di questa figura necessiterebbe di ulteriori verifiche storiche, che dessero dignità e risalto ad una Sovrana al pari di altre Sovrane di diverse epoche, anche per sfatare quell'abitudine dei vincitori che tendono a distorcere personaggi di valore e relegarli nell'area del mito, che sottrae verità storica e diventa leggenda che tende inevitabilmente a sminuire queste figure.
Una cosa è certa: Eleonora fu all'avanguardia, una eroina del suo tempo, nata in quella terra denominata qualche secolo prima da Carlo Magno “marca hispanica” in funzione anti musulmana, terra che non solo le diede i natali, ma forse la intrise di quel sentimento autonomo e indipendente che cercò di esportare e far rinascere nella nostra Isola.