Dracula, il famoso vampiro, forse era vegetariano
Analisi molecolari effettuate sulle lettere scritte a mano da Vlad Tepes ci dicono che mangiava frutta e verdura e che non se la passasse troppo bene

Il nobile rumeno del XV secolo che difese la Valacchia dagli invasori turchi e che ispirò il personaggio di Dracula nel celebre romanzo di Bram Stoker, forse non era così assetato di sangue come crediamo.
Il Post pubblica una notizia molto accurata (https://www.ilpost.it/2023/10/22/dracula-vegetariano-paleoproteomica/) su una ricerca uscita per la rivista Analytical Chemistry (https://pubs.acs.org/doi/10.1021/acs.analchem.3c01461) che riguarda l’analisi biomolecolare delle tracce organiche trovate su tre lettere scritte da Vlad Tepes in persona. I dati rilevati fanno cautamente propendere gli studiosi per un’ipotesi che toglierebbe certo un po’ della patina noir del presunto vampiro: Vlad potrebbe essere stato vegetariano. Non si tratta certamente di una scelta etica quanto dovuta alla scarsissima disponibilità dell’epoca. In Europa infatti il consumo di carne era raro anche presso le corti e le famiglie aristocratiche, anche nelle aree dove i commerci fiorivano ed era possibile effettuare scambi.
La branca scientifica a cui appartiene lo studio in questione si chiama paleoproteomica ed è in grado, anche se con i limiti dovuti alla conservazione dei materiali e all’applicazione ai reperti archeologici ancora da sistematizzare, di fornirci informazioni biologiche preziose e piuttosto attendibili. Osservando le proteine reperite sulla carta, che si deteriorano in modo molto più lento del DNA, si possono scoprire dati fondamentali per la comprensione della vita e della morte dei nostri antenati.
A partecipare alle indagini anche un gruppo di ricercatori esperti di spettrometria di massa dell’Università di Catania. Le lettere, scritte tra il 1457 e il 1475 hanno riportato risultati interessanti: anche se la ricerca è appena all’inizio è stato possibile ipotizzare una dieta principalmente composta da frutta e verdura e addirittura una probabile malattia sviluppata in vecchiaia: la emolacria, ovvero la produzione di lacrime di sangue. Il nobile rumeno era anche forse afflitto da irritazioni cutanee e affaticamento dell’apparato respiratorio.
Insomma pare che il tre volte voivoda Vlad III di Valacchia Hagyak, conosciuto come Vlad e con il patronimico Drăculea, che significa “figlio del diavolo”, abbia avuto una vita sicuramente molto meno vampiresca di quanto il romanziere irlandese Stoker ci abbia fatto credere. Pare che l’associazione con il sangue sia dovuta al soprannome guadagnato dal nobile condottiero rumeno in battaglia: Tepes, l’impalatore. Uno dei modi più efferati in cui uccise i suoi nemici era proprio il tormento del palo e si racconta che amasse passeggiare e addirittura banchettare in prossimità dei cadaveri. Da qui sarebbe derivata la leggenda della sua sete di sangue che lo avrebbe reso colpevole agli occhi di Dio e punito con la dannazione eterna nelle vesti di creatura della notte.
Se nel nostro immaginario l’inarrestabile forza del vampiro resta inalterata grazie alla letteratura e soprattutto al cinema, nella realtà dobbiamo fare i conti con un’indagine scientifica che può riservare ancora tante sorprese e che finora ci ha restituito il ritratto di un uomo con dei problemi che hanno reso la sua vecchiaia certamente molto meno eccitante di quella che libri e grande schermo ci hanno raccontato. Ma per il sogno e per un morso sul collo c'è sempre spazio.