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Belle da morire, corpi sempre al top

L’ultima frontiera? Essere belli al nostro funerale

Giacomo Pisanodi Giacomo Pisano   
Belle da morire, corpi sempre al top

Viviamo un’epoca in cui, nonostante tutti i messaggi sulla consapevolezza e l’accettazione, l’immagine è tutto. La bellezza sembra un valore irrinunciabile, soprattutto per le donne, per le quali non essere perfette pare una mancanza intollerabile. Belle secondo gli standard del momento, belle secondo regole feroci, belle a costo di rinunce e sacrifici infiniti. Tutto questo può sembrare follia eppure…

Il malinteso della bellezza, per un’antropologia del corpo

Questo è il titolo del libro di Sara Patrone, filosofa e studiosa di antropologia, uscito da pochissimo con Meltemi editore. La Patrone ha lavorato per diversi anni nei beauty center e ha tracciato, grazie al suo ruolo di osservatrice privilegiata, una mappa dei bisogni umani e delle insicurezze. Cosa si cela dietro la corsa alla bellezza?Un’ossessione per il controllo del corpo, senza dubbio – ci ha detto Sara – visto come un bene materiale da plasmare a piacimento e da sostituire in tutte quelle componenti che non ci soddisfano”. Chirurgia, palestra, trucco, trattamenti estetici, sono la giostra in cui tanti uomini, ma soprattutto le donne, si trovano a girare senza sosta. “Per la donna essere brutta è considerata una condizione intollerabile, quasi una colpa – prosegue la Patrone – la bellezza è la qualità base con cui potersi presentare in società e magari emergere professionalmente”.

Non tutte le donne, ovviamente, sono attratte dal mito della bellezza, ma portano avanti valori anche estetici di tipologie differenti. Le scelte non convenzionali in tal senso spesso comportano piccoli e grandi scontri nel quotidiano perché il pensiero comune pretende sempre standard elevati e performance altissime. Ora questa pretesa sembra aver allargato il suo territorio, valicando il confine di quella che possiamo definire l’ultima frontiera.

Se proprio devo morire…

…voglio essere bellissima! E l’ultima frontiera è proprio quella che scaccia il tabù della morte: la tanatoestetica anche in Italia sta conquistando sempre più seguaci. Per chi non lo sapesse quella del tanatoesteta è una professione impegnativa, e Sara Patrone la racconta molto bene nel suo libro avendo intervistato chi si occupa di farci belli per il nostro funerale. Tantissime sono le operazioni da fare sul corpo morto: drenaggio, pulizia, trattamenti conservativi, applicazioni cosmetiche e infine il make up, a fugare l’ombra della morte e a mostrarci in formissima a parenti e amici venuti a piangerci. “Sembra che dorma” è quello che vorremmo ascoltare se il nostro udito fosse ancora attivo.

Una corsa alla cancellazione dei segni del tempo anche quando questo si è esaurito. Lungi dal sentenziare la Patrone riporta fedelmente le dichiarazioni di chi opera nel settore tra paure, pregiudizi e curiosità, ma riflette e fa riflettere su questa folle corsa alla perfezione estetica, portata avanti tutta la vita per attenuare il senso di inadeguatezza che fa naturalmente parte dell’essere umano.

In un momento in cui tanta attenzione viene dedicata all’inclusione, al linguaggio rispettoso e al corretto uso delle parole, forse abbiamo perso di vista la nostra parte materica, quella deperbile, ma che fa pur sempre parte di noi, percependo il corpo solo come un qualcosa da gestire secondo precisi dictat, dal momento che non possiamo disfarcene, e agendo perché risponda almeno al gusto estetico accettato dalla società.

Un limite, un confine, un orizzonte da superare ancora, smontando, tagliando, mascherando, ricucendo, truccando, per tendere ad un ideale che ci faccia sentire appagati nei nostri corpi vivi, che ovviamente non sarai mai raggiunto, ma che pretendiamo anche nella morte per conquistare il plauso degli altri. Ma a quale prezzo?

Giacomo Pisanodi Giacomo Pisano   
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