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Complotti, xenofobia, populismo: così il neofascismo conquista consensi

Paolo Berizzi con Rizzoli e Claudio Vercelli per Einaudi raccontano il nuovo volto del fascismo in Italia e in Europa

Francesca Mulasdi Francesca Mulas   
Complotti, xenofobia, populismo: così il neofascismo conquista consensi

Ha senso parlare di fascismo oggi? Quali volti ha la destra più estrema? Sono movimenti che tramano nell'oscurità o lavorano serenamente alla luce del sole? Da queste domande si muovono due pubblicazioni arrivate nelle librerie italiane nel 2021, "Neofascismo in grigio, la destra radicale tra l'Italia e l'Eiropa" firmato da Claudio Vercelli per Einaudi, e "È gradita la camicia nera. Verona, la città laboratorio dell'estrema destra tra l'Italia e l'Europa" di Paolo Berizzi per Rizzoli. Due libri dal taglio decisamente diverso, storico il primo, giornalistico il secondo; ma il quadro che emerge dall'indagine dei due autori è pressoché identico: ci troviamo di fronte oggi a un radicalismo di destra che, pure guardando in maniera più o meno dichiarata al fascismo storico, ha assunto forme e linguaggi nuovi sfruttando la crisi sociale, politica ed economica del paese e dell'Europa. E trova una spalla solida nel populismo e nel nazionalismo. 

Claudio Vercelli è uno storico contemporaneista torinese; "Neofascismo in grigio", il suo ultimo libro, arriva dopo decine di monografie e articoli soprattutto sulla storia europea del Novecento, sul conflitto arabo-palestinese e sui regimi totalitari.

Claudio Vercelli

Vercelli già dalle prime pagine chiarisce che i movimenti recenti della destra più radicale hanno tanti punti comuni con il fascismo che storicamente collochiamo tra il primo dopoguerra e il 1945, ma hanno cambiato aspetto e possiedono contorni più sfumati. Da qui la definizione di "neofascismo in grigio": non più camicie nere e simboli chiari e definiti, ma una miriade di movimenti che spesso non si pongono neanche come forma di potere ma esercizio di contropotere. E infatti uno dei motivi grazie al quale proliferano, oggi, è la crisi economica, politica e sociale che ha generato un clima di incertezza e sfiducia verso le istituzioni: il bacino ideale per il radicalismo di destra che propone un nemico da combattere (di volta in volta gli stranieri, i rappresentanti politici, i media tradizionali, i cosiddetti poteri forti) senza necessariamente proporsi come alternativa di governo come invece è stato il fascismo storico.

Bersaglio del radicalismo di destra, oggi, è la democrazia, presentata come ostacolo alla libertà individuale o addirittura come esercizio in cui dominano poteri oscuri; tra le teorie cospirazioniste più note a livello mondiale c'è QAnon, secondo cui le democrazie occidentali non sarebbero altro che lo strumento per sovvertire l'ordine mondiale a vantaggio di un Deep State manovrato da pochi. E a proposito di QAnon, è impossibile parlare di neofascismi senza considerare che la diffusione e l'affermazione di certe teorie sono state possibili grazie al web, che le ha rese reali per il solo fatto di essere condivise: non solo QAnon si è avvantaggiata delle infinite possibilità della rete, ma l'idea stessa che la società non abbia bisogno di medium e rappresentanti, e dunque di democrazia, si è fatta strada tramite internet. Al di là del fatto che il radicalismo di destra si è emancipato dal fascismo storico, restano alcuni tratti comuni: il rifiuto della politica "come luogo e sfera di conflitto mediato, di dibattito articolato, di confronto legittimo", mentre il potere è delegato a una potente e unica leadership. E ancora l'odio, la paura di una ipotetica invasione o sostituzione etnica e culturale, il ricorso a linguaggi e metodi violenti e autoritari. Non esiste, conferma Claudio Vercelli, una "internazionale nera [...] ma piuttosto una pronunciata tendenza che intercetta umori, e soprattutto malumori, di chi si sente non rappresentato, traducendoli quindi in domanda politica". 

Il neofascismo su cui indaga Paolo Berizzi, giornalista bergamasco del quotidiano Repubblica dove lavora dal 2000, ha invece volti e nomi noti e ben definiti e non ha paura di inneggiare a Mussolini e Hitler: il suo "E' gradita la camicia nera" racconta la città di Verona definita come "laboratorio italiano dell'estrema destra di potere".

Paolo Berizzi

Attraverso 15 anni di inchieste, l'autore, che da due anni vive sotto scorta a causa delle minacce ricevute da gruppi neonazisti e neofascisti, svela cronache e fatti che hanno coinvolto politici, imprenditori, amministratori in un sistema dove forte è la traccia lasciata dal fascismo storico, che ha eletto Verona come capitale della sua Repubblica Sociale Italiana nel 1945. "Da allora, al netto di quarant'anni di governo democristiano, di un decennio di proto-fascioleghismo e di quattro anni di destra sovranista, il nero si è preso la pancia della città. E non l'ha mai lasciata". Il neofascismo odierno a Verona non ha necessariamente la camicia nera, ma si è insediato nel governo della città grazie a partiti come Fratelli d'Italia e Lega, e grazie a una fetta della società che non prende posizione ma accetta di fatto che idee e metodi fascisti si diffondano tramite gruppi estremisti e violenti come Forza Nuova, Casa Pound, Veneto Fronte Skinheads, Fortezza europa. “È grazie allo sdoganamento ottenuto dalla destra di palazzo se oggi i camerati vedono le loro idee, simboli e istanze – scrive Paolo Berizzi – rappresentate da chi sta nell’amministrazione. La Verona che offre di sé l’immagine di città reazionaria è il più grande e insperato successo per i nostalgici di Priebke e dei ‘boia chi molla’”.

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