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Luis Sepúlveda: il Cile, l’esilio, la natura e l’amore

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Luis Sepúlveda: il Cile, l’esilio, la natura e l’amore

“Vola solo chi osa farlo” La gabbianella e il gatto

Attratta – come spesso accade – dal titolo del libro, scoprii Luis Sepúlveda  nel 1993 con Il vecchio che leggeva romanzi d’amore, il suo primo libro edito in Europa. Sono stata subito conquistata dalle atmosfere dei suoi romanzi ed è rimasto  per molti anni il mio autore preferito.

La vita di Sepúlveda è degna essa stessa di un romanzo: giornalista, combattente al fianco del rivoluzionario venezuelano Simon Bolivar, scorta personale del Presidente cileno Salvador Allende e prigioniero politico durante il colpo di Stato di Pinochet. Dopo essere stato incarcerato e torturato, finì esule in Europa. È stato anche attivista di Greenpeace, oltre che scrittore e regista, prima di morire in Spagna a causa del Covid-19 dopo un lungo periodo in terapia intensiva.

Proprio il nuovo Coronavirus è riuscito a fare quello in cui aveva fallito Pinochet, separarlo dal suo grande amore. Sepúlveda si sposò giovanissimo con Carmen Yáñez, oggi stimata poetessa, che poi perse di vista a causa del colpo di Stato del 1973. I due si ritrovarono però anni dopo in Europa. Inizialmente si scrivevano solo delle lettere, ma la nuova moglie tedesca di Sepùlveda non ne poteva più di sentir parlare solo di “Pelusa”: si rese conto che il marito era ancora innamorato della prima moglie e lo lasciò libero. Così i due si riunirono definitivamente.

I romanzi, la difesa dell’ambiente e la lotta contro le dittature

Scusate la scivolata un po’ Amarcord, ma gli anni dei primi romanzi di Sepúlveda sono, per quelli della mia generazione, gli anni dell’università, del movimento no global e del libro No logo di Naomi Klein. Sono anche gli anni in cui le gesta della Rainbow Warrior, la nave di Greenpeace che lottava in difesa delle balene e contro le petroliere, erano all’ordine del giorno.

Non potevo, quindi, non amare uno scrittore per cui sono state fondamentali la militanza politica contro le dittature degli anni ’70 e la difesa dell’ambiente. Praticamente i due temi centrali della sua vita che si ritrovano in tutti i suoi scritti.

 

Le sue esperienze, sebbene raccontate in maniera astratta (raramente Sepùlveda fa riferimento a sé stesso come protagonista), sono il punto focale narrativo. La lotta politica per un mondo migliore e la difesa di madre natura sono tematiche strettamente intrecciate, in maniera più o meno esplicita.

Quindi nel primo romanzo, Il vecchio che leggeva romanzi d’amore, abbiamo un vecchio appassionato di letteratura romantica che, esperto di foresta, è assunto dagli indios per cacciare una femmina di tigrillo, un felino di quella zona, colpevole di uccidere gli uomini dopo che essi le avevano ucciso i cuccioli.

Ne La frontiera scomparsa, Sepúlveda racconta aneddoti della sua vita, spaziando dai ricordi di lui da bambino con il nonno alle torture subite, fino ad arrivare alla simbologia di una frontiera in Patagonia che portava al paese della felicità.

Ne Il mondo alla fine del mondo, forse il suo libro più bello ed evocativo, le tematiche di Greenpeace, dell’esilio e dell’attivismo sociale e politico mostrano di essere, più che mai, facce di una stessa medaglia: sono l’essenza della vita di un uomo che non è mai venuto meno ai suoi principi.

Le favole

Capitolo a parte meritano poi i suoi libri di favole, ricchissimi di significati simbolici legati alla natura e allo sfregio che ne fanno gli uomini. A partire dal primo e più famoso, La gabbianella e il gatto che le insegnò a volare da cui Enzo D’Alò ha tratto un cartone animato poetico e suggestivo.

“La favola, per me, è una maniera per condividere qualcosa con lettori giovanissimi, che presto diventeranno adulti e cittadini responsabili”.

Un aneddoto su questo romanzo – che se possibile me lo ha fatto amare ancor di più – si scopre in un racconto de Le rose di Atacama. Per disegnare il personaggio di Zorba, Sepùlveda si era ispirato al gatto. Purtroppo, il caso volle che proprio il giorno in cui allo scrittore venne consegnata la prima copia de La gabbianella e il gatto che le insegnò a volare, lui scoprì che il suo amico peloso, compagno di tante avventure, aveva un male incurabile.

La Patagonia

La Patagonia – geograficamente definibile il mondo alla fine del mondo –  è l’altra grande protagonista dei romanzi di Sepúlveda. Anche di quelli più propriamente di viaggio, come il divertente Patagonia Express.

In quasi tutti i suoi romanzi c’è un qualche riferimento alla Terra del Fuoco e, dopo un po’ di girovagare, la ritroviamo prepotentemente nel suo ultimo scritto, La fine della storia, dove uno dei suoi personaggi più amati, Juan Belmonte – già protagonista di Un nome da torero – tenta di vivere una vita quanto più anonima possibile, alla fine del mondo.

Le descrizioni dei paesaggi, delle persone, delle sensazioni che si provano passando per quelle lande brulle spazzate dal vento, sono talmente evocative che, nel 2005, decisi di andare nella terra del fuoco per provare in prima persona quello che Sepúlveda  descriveva. Uno dei viaggi più belli della mia vita, in assoluto.

La ricetta

Venendo quindi all’aspetto culinario della faccenda, non posso non parlarvi della quintessenza del dolce in tutta l’America Latina: il dulce de leche.

Usato, tra l’altro, come ripieno degli alfajores, come topping per il gelato, o farcitura delle crepes, è una specie di mou spalmabile. Onnipresente da Cuba in giù, si trova anche in Francia come confiture de lait.

La leggenda narra che, come moltissimi altri dolci, sia nato da un errore: una cuoca distratta lasciò del latte zuccherato troppo a lungo sul fuoco. Questo si addensò fino a diventare quella che, erroneamente, viene tradotta da noi come marmellata di latte. Pare che già dal 1620 gli argentini la importassero dal Cile.

La preparazione è facile e se vi piacciono le caramelle mou ve la consiglio caldamente. Sparsa sul gelato alla vaniglia o sul cioccolato amaro è una bomba, anche calorica,  ma sono dettagli. Io vi propongo la versione della mia food blogger preferita, con il miele al posto dello zucchero. Il vantaggio è che cambiando il tipo di miele cambia anche il risultato finale. Se invece voleste provare la versione “ortodossa”, sostituite il miele con pari peso di zucchero.

Dulce de leche ricetta di Sabrine D’Aubergine 

500 ml di latte intero 125 gr di miele

Mettete il latte e il miele in una pentola d’acciaio spessa e dai bordi alti, accendete il fornello e mescolate con un cucchiaio finché il miele non sarà completamente sciolto.

A questo punto trovate il punto di fiamma con il quale il composto possa sobbollire senza traboccare e lasciatelo tranquillo, dando una mescolata ogni tanto per circa 30 minuti.

Dopodichè dovrete starci vicino perché, man mano che si addensa, il rischio che si attacchi al fondo della pentola aumenta. Con queste dosi la consistenza giusta arriva dopo circa 45 minuti. Deve essere un composto morbido, spalmabile. Tenete presente che raffreddandosi si addenserà ancora, quindi cercate di farlo rimanere fluido. Versate in un barattolo di vetro da 250 ml e conservate in frigo per due-tre settimane.

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