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Il libro che spiega molto bene come le droghe abbiano fatto le guerre (e le guerre abbiano fatto le droghe)

Killer High – Storia della guerra in sei droghe di Peter Andreas esplora la controversa e antica relazione tra guerre e stupefacenti

Claudia Sarritzudi Claudia Sarritzu   
Il libro che spiega molto bene come le droghe abbiano fatto le guerre (e le guerre abbiano fatto le...

C'è un libro che tutti e tutte dovremmo leggere o far leggere ai più giovani. Perché non si può capire la guerra senza conoscere le droghe e non si possono capire le droghe senza conoscere la guerra.

Peter Andreas in Storia della guerra in sei droghe (Meltemi, traduzione di Andrea Maffi e Paolo Ortelli, pagg 363, euro 20) scava nella Storia umana per scoprire il ruolo decisivo che le sostanze psicoattive - pesanti o leggere, lecite o illecite, naturali o sintetiche - hanno avuto nei conflitti armati sin dall'epoca romana. Dalle antiche battaglie inzuppate di vino e birra alle metamfetamine che alimentarono l'aggressività dei soldati nazisti; dalle Guerre dell'oppio, strumento del "narcoimperialismo" britannico, alle Drug Wars americane contro la cocaina, che ora devastano il Messico dopo aver già segnato la Colombia; dall'invenzione della distillazione, che facilitò la conquista e la pulizia etnica del Nuovo Mondo, agli sconcertanti effetti dei conflitti armati sulla diffusione del tabacco e della polvere bianca: l'appassionante viaggio nella Storia condotto da Andreas dimostra che droga e guerra sono cresciute insieme e sono diventate dipendenti l'una dall'altra.

Questo binomio, antico come il mondo, raramente è stato affrontato con la stessa lucida sistematica. La stessa chiarezza espositiva. La sei droghe sono: alcol, nicotina, caffeina, oppio, amfetamine e cocaina, in ordine di apparizione in un testo in cui a ciascuna viene assegnato un esauriente capitolo. La relzione tra conflitti bellici e sostanze è “antichissima. Varia dall’utilizzo della droga per motivare i soldati all’uso dei proventi dei narcotici per pagarli, dall’andare in guerra per salvaguardare i mercati della droga all’utilizzo di strumenti militari per sopprimerli… ha alimentato espansioni imperialiste, ha causato rivolte e rivoluzioni, ha consolidato stati e ha contribuito a rendere tossicodipendenti non solo gli eserciti, ma intere nazioni.”

Ma questa accopiata mortale "gli stati l’hanno vissuta come un’arma a doppio taglio: le droghe hanno migliorato il morale delle truppe e le prestazioni sul campo di battaglia, eppure hanno anche creato masse di soldati… drogati; hanno finanziato conquiste imperiali ma anche insurrezioni; hanno supportato governi e talvolta, al tempo stesso, ne hanno rovesciati”. Le racconta una a una benissimo Rock Reynolds su Globalist.it.

Alcol. Se pensiamo alla recente guerra nell’ex-Jugoslavia pensiamo subito all'alcol. Quei soldati ubriachi h24 ci ricorda un conflitto infame combattuto da miliziani “irregolari, indisciplinati, violenti ed ebbri… dalla furia omicida”.

Va detto inanzi tutto che è la sostanza più comune negli scenari bellici internazionali (con l’esclusione dei paesi a prevalenza musulmana). Questo perché è consumato come antistress e al tempo stesso come sedativo. Dal vino alla birra fino ai superalcolici pare che un generale di Napoleone abbia detto, “I prussiani sono insaziabili… È da non credere quanto champagne bevano”. Anche i russi non scherzavano, al punto da spingere l’autore a indicare tra le ragioni della caduta degli zar il provvedimento adottato da Nicola II nell’agosto del 1914 per proibire la vendita di alcolici.

Ma l’alcol è di sinistra o di destra, visto che per i bolscevichi l’ubriachezza era “controrivoluzionaria” e che gli stessi nazisti ufficialmente ritenevano “deviante” l’alcolismo. Eppure è stato usato da tutti indistintamente per difendersi dagli orrori della guerra ma pure come mezzo per crearne altri, per compiere nefandezze indicibili, torture e stupri.

Tabacco e Caffeina. L’immagine del soldato che ammazza il tempo fumandosi una sigaretta mentre monta di guardia al freddo e che si tiene sveglio con una tazza di caffè è vecchia come il mondo. Ovviamente questa immagine ci è stata trasmessa anche dai film, le serie Tv e i romanzi. La Coca-cola è stata la bevanda alla caffeina più bevuta in guerra dai soldati americani.

Oppio. Qui siamo dentro alla Geopoltica. La relazione tra oppio e guerra si intreccia con le vicende di Cina e Giappone, nemici storici persino nel controllo e nella gestione di questa sostanza. La Cina Popolare, soprattutto, ne fece una sorta di demone pubblico, memore del condizionamento subito dal suo popolo a causa dei cattivi esempi nipponici. In questo, la Cina riuscì a ribaltare il “retaggio di un secolo in cui a livello popolare l’oppio era stato considerato come un simbolo amaro del declino e dell’umiliazione cinese, oltre che un mezzo per lo sfruttamento e le violazioni degli stranieri”. La “nuova Cina” non si sarebbe fatta soggiogare da quella schiavitù, “promuovendo però allo stesso tempo il tabacco… monopolio di stato e rilevante fonte di guadagni” come suo sostituto, “trasformando la Cina nel maggior consumatore mondiale di sigarette”. 

Amfetamine. In quanto droga sintetica, una loro distribuzione di massa si sarebbe potuta avere solo “al culmine dell’industrializzazione della guerra nel XX secolo”. Da tempi non sospetti, in molti nell’ambiente bellico ne ritenevano l’impiego positivissimo se non addirittura essenziale. Sun Tzu, ne L’Arte della guerra, sosteneva che “la velocità ‘è l’essenza della guerra’” e, non a caso speed, velocità appunto, è il nome con cui spesso si indica la famiglia delle amfetamine, abbondantemente utilizzate a lungo dalle forze armate di mezzo mondo, finché non è balzato all’evidenza scientifica la pericolosità di un loro uso reiterato nel tempo. Gli stessi nazisti, intransigenti nella condanna della decadente dipendenza da sostanze, ritenevano le metamfetamine un corroborante sano e consigliabile, soprattutto per portare a termine blitzkrieg di grande successo. Con loro era facile disumanizzare i soldati.

Cocaina. Con lei si è assistito al paradosso del capovolgimento del binomio guerra-droga: dall’uso della droga come "aiuto" per gli uomini attivamente coinvolti nei conflitti si è passati alla guerra senza quartiere alla droga stessa. Se pensiamo al governo degli Stati Uniti, soprattutto quando in carica era ancora Ronald Reagan, pensiamo a una vera ossessione. Una guerra alla droga per tenersi buoni milioni di elettori di stampo tradizionalista per i quali una sniffatina era peccato mortale al punto da far dichirare guerra alla Colombia e a tutti i narcos dell’America Latina.

Il problema di questa sostanza è il suo essere subdola. Si è diffusa in tempo di pace e non solo fra i disperati (come l'eroina) per la sua fama di droga pulita, indolore e hollywoodiana. La droga dei ricchi, di quelli che si credevano più furbi degli altri, è stata combattuta più che per una crociata moralizzante quanto, piuttosto, per il timore atavico di essere colonizzati da una potenza straniera, per giunta latina. Con la cocaina per la prima volta una droga ha fatto la guerra.

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