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Jeff Buckley, genio fragile inghiottito dal fiume nero: il libro che svela sogni e segreti di un artista unico

In libreria le memorie del manager Dave Lory con aneddoti e storie attorno a uno degli artisti più talentuosi del rock scomparso tragicamente a trent'anni

Francesca Mulasdi Francesca Mulas   
Jeff Buckley nel video di 'So Real'
Jeff Buckley nel video di "So Real"

"È un tipetto carino. Non troppo alto, circa un metro e settanta. Capello corto  sotto quel Borsalino che gli nasconde un po’ il viso. Appare trasandato. L’aspetto è quello di chi è caduto dal letto da non più di dieci minuti. Jeans neri, maglietta bianca con scollo a V, anfibi Doc Martens logori e  un portachiavi infilato alla bell’e meglio in una tasca. Non si può certo  affermare che non sia un bel ragazzo, ciò non toglie che si è presentato con  tre fottutissimi quarti d’ora di ritardo".  L'incontro tra Dave Lory e Jeff Buckley quella mattina del 10 ottobre 1993 non avviene sotto i migliori auspici: il potente manager, dirigente discografico e produttore di eventi è infastidito dal ritardo di quel ragazzo di cui tutti lodano voce e talento ma che evidentemente non si preoccupa di rispettare le buone maniere. E invece Jeff conquista l'attenzione di Lory che accetta di fargli da manager: nasce così una collaborazione professionale intenta e proficua, e soprattutto un'amicizia profonda. "Da Hallelujah a The Last Goodbye" è la biografia del musicista americano, scomparso a soli 30 anni nel 1997, firmata da Dave Lory insieme al giornalista Jim Irvin uscita pochi giorni fa per Il Castello marchio Chinascki.

Il libro di Lory, arricchito da documenti e fotografie, è un viaggio che ha inizio nella California del sud, contea di Orange, il 17 novembre 1966: è qui che nasce Jeffrey Scott Bukley, figlio di Mary, musicista di origini panamensi e di Tim, cantautore considerato ancora oggi tra i più geniali della storia del rock e morto a 28 anni di overdose. E proprio Tim sarà il fantasma che perseguiterà per sempre Jeff: "Ho incontrato mio padre, Tim, per la prima volta quando avevo otto anni. Ci siamo frequentati per una settimana, durante le vacanze di Pasqua. Mai più visto tra quella visita e la sua morte. L’ho cercato al telefono non mi ha mai risposto né ha mai richiamato. Ho visto il necrologio. Fine della storia", le parole di Buckley riportate da Dave Lory.

Un'infanzia senza dimora.

I primi anni della vita di 'Scotty', come viene chiamato da bambino, non sono facilissimi e sua madre giovanissima è senza dimora. "Una lotta continua per lei – leggiamo tra le pagine del libro - prendersi cura di me e al contempo fare la mamma come si conviene, nel senso che per potermi crescere doveva pur lavorare, perciò le è capitato di doversi trasferire in altre città e così a occuparsi di me era mia nonna, insieme a mio zio e alla zia Peggy".

Sin dai primi anni il piccolo Buckey ha una grande passione, la musica, e inizia a suonare la chitarra a soli cinque anni: "La migliore compagnia, l’amica più sincera e presente, vagava con me in ogni stanza della casa. La radio sempre accesa, canticchio praticamente da una vita canzoni come 'I Love You More Today Than Yesterday'. Mia madre mi accompagnava a scuola, e in macchina eravamo sempre sintonizzati su una stazione che passava musica melodica californiana, dolce e suadente: ascoltavamo Chicago, Crosby Stills & Nash, Blood Sweat & Tears, Sly & The Family Stone, James Brown, The Tempations, tutto ogni singolo giorno! Ha sposato un meccanico che riparava automobili, stonato come una campana, che però aveva un gusto sopraffino per la buona musica, e proprio lui mi iniziò a Booker T., Led Zeppelin e Joni Mitchell, Hoyt Axton e Willie Nelson. Mia madre cantava per me".

Dal Sin-é al successo mondiale di "Grace"

Le pagine del libro si snodano tra aneddoti e racconti di tutte le persone che Jeff ha incontrato dai suoi primi concerti a New York, soprattutto nei locali di Manhattan come il Sin-é fino al primo disco, il pluripremiato 'Grace' uscito il 23 agosto di trent'anni fa per Columbia Records, e i tour in giro per il mondo: i concerti davanti al pubblico australiano  saranno tra quelli di maggior successo, mentre toccherà l'Italia con due sole date nel 1995, a Cesena il 17 febbraio e alla Festa de l'Unità di Correggio il 15 luglio.

"Uno dei più grandi compositori del decennio", ha detto Bob Dylan tempo fa un giornale francese; e in effetti Jeff Buckey ha conquistato negli anni un grandissimo successo per il suo grande talento come cantante e musicista da parte del pubblico che affollava i suoi live e dalla critica musicale.

Sparito nel nulla

Una carriera finita troppo presto e in maniera drammatica. "Jeff è sparito nel nulla" avvisa una voce al telefono di Dave alle sei del mattino del 30 maggio 1997. "'Cosa intendi con ‘È sparito nel nulla?’. Volo di fantasia. È l’una di notte a Memphis. La band era appena arrivata in volo quella sera. Avrebbero dovuto iniziare subito le prove. Di sicuro Jeff era in ritardo. Davvero fastidioso, ma fa sempre queste stronzate. Si starà solo comportando tipicamente da Jeff. Vuole farsi desiderare. Arriverà. 'Stava nuotando nel Mississippi. Sono arrivati due rimorchiatori e lui è finito sott’acqua. Non riusciamo a trovarlo'". Il corpo di Jeff verrà trovato privo di vita pochi giorni dopo sulle rive del Wolk River, un affluente del Missisipi, la polizia e il medico legale escluderanno suicidio, o assunzione di alcol e droghe prima di entrare in acqua. Un banale, tragico incidente porterà via per sempre uno dei musicisti più geniali e amati che il rock americano ha conosciuto.

"Sono stato catturato dalla musica in tenera età - con queste parole riportate da Lory si chiude la storia di Jeff. - Ne sono rimasto davvero folgorato, e parlo di tutto ciò che ha a che vedere con la musica. La musica era mia madre, mio padre, il mio giocattolo preferito. È sempre stata la cosa migliore della mia vita. Non aveva volto né nome né corpo. E anche io bramavo di essere in grado di trasmettere quel tipo di sensazione, tutto qui... Cosa voglio dalla musica? Voglio allontanarmi da tutto. Voglio solo andarmene. Voglio andare in un’altra dimensione, diversa. Voglio dimenticare come mi chiamo. La musica è infinita. E anche se ho ascoltato una montagna di musica di ogni genere, tipo e provenienza, innamorandomi ogni volta come fosse la prima, c’è ancora qualcosa da scoprire; da qualche parte c’è un’atmosfera che è solo mia e di chiunque suonerà con me. Immagino che si chiami libertà. Altrove, chissà. Come in un sogno”.

Francesca Mulasdi Francesca Mulas   
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