L’odore delle cose è in grado di riportare alla nostra mente eventi passati, ricordare situazioni dimenticate, rivivere sensazioni, piacevoli o sgradevoli. Pensiamo al profumo delle cose buone della nostra infanzia, a quello dei libri, dei fiori o anche un eau de parfum indossato da una persona importante per noi. Il ricordo e il senso dell’olfatto restano legati indissolubilmente nella nostra mente. Chi ama il vino lo sa: questa bevanda è molto più che un semplice bicchiere di alcol. Il vino si ascolta con tutti i nostri sensi, ci parla di terra, di luce e di uomini, di magia e convivialità. Ascoltare il suo respiro ci restituisce ricordi, sensazioni e tempo.
L’autore e il suo audace tentativoIl respiro del vino è un libro scritto da un appassionato che è anche uno scienziato e un grande conoscitore della materia. Luigi Moio insegna enologia all’Università di Napoli Federico II, è ossessionato dai profumi e dagli aspetti sensoriali, biochimici e tecnologici, dell’aroma del vino. Si tratta dunque del tentativo di trovare un approccio narrativo ad una analisi scientifica. Il vino è, infatti, un prodotto della terra e dell’uomo che nel bicchiere diventa poesia ed emozione. Cosa rende possibile questa trasformazione? È questione di chimica.
Luigi Moio I sensi dell’uomoIl primo capitolo è dedicato ai cinque sensi, con particolare attenzione a quello “dimenticato”: l’olfatto. Sottovalutato per mancata necessità o per condizioni ambientali, sostituito da altri sensi, il bistrattato senso dell’olfatto recupera qui tutta la sua dignità. Si tratta, dunque, di come le molecole odorose, presenti o derivanti dai processi chimici, raggiungono il nostro cervello attraverso i sensi e come vengono elaborate e catalogate.
Il profumo dell’uvaEsistono uve profumate e uve neutre. Entrambe svilupperanno profumi, in tempi, modi ed intensità diverse. Qui il libro svela dei piccoli segreti che, se interiorizzati dal lettore, potrebbero cambiare il proprio modo di accostarsi al bicchiere. Dalla distinzione fra odore e aroma, alla formazione chimica dei profumi. Dall’odore delle uve, all’odore dei mosti, fino al “big bang” odoroso per eccellenza. Ossia la fermentazione alcolica, il brodo primordiale dove tutto ha inizio: il cuore dell’universo del vino.
Le metaforeMoio riesce ad imprimere nella memoria dei concetti cardine facendo un largo uso di metafore e di bellissime illustrazioni che facilitano la lettura e la comprensione del testo. La metafora dei palloncini ascendenti per far comprendere come alcune molecole odorose raggiungano prima di altre i nostri sensi. La metafora dei piani olfattivi per spiegare come il tempo e le condizioni di invecchiamento di un vino incidano sui profumi e sulla loro percezione. Si comprende così come in alcune bottiglie i profumi decadano a causa di un invecchiamento troppo rapido o, al contrario, acquisiscano con il tempo ancora più classe e raffinatezza. Grande spazio viene dato alla trattazione dei cosiddetti “aromi varietali”, con la metafora definitiva fra vini solisti e orchestrali. I solisti come il Moscato, Riesling, Sauvignon, Pinot noir, solo per citane alcuni, sono in grado di esprimere, in modo incisivo e determinante, i propri profumi varietali. Altri come il Trebbiano, Grillo, Sangiovese, Aglianico, Nebbiolo, Barbera, sono capaci di intonare una melodia come una orchestra in perfetta sintonia.
Per chi è questo libroOra che sappiamo come avviene scientificamente il tutto, il vino ci sembrerà meno affascinante? Assolutamente no. Infatti, non possiamo prescindere da un elemento fondamentale: l’emozione che il profumo del vino è in grado di suscitare. Cos’è dunque questo libro: uno slancio d’amore verso una bevanda meravigliosa, oppure un tentativo di rendere divulgabile una materia per pochi? Forse entrambe le cose. E’ un piccolo trattato di chimica applicata ai profumi, che fra formule e digressioni su momenti di vita vissuta, ci offre una lettura scientifica dell’invisibile magia del profumo del vino.
Un vino da degustare leggendo questo libro? Il Pinot noirUn vitigno difficile
Come è noto si tratta di un vitigno internazionale di eccellenza. Si coltiva in tutto il mondo ma si esprime al meglio nella zona dei premier crus della Côte de Nuits e della Côte de Beaune in Borgogna. Il Pinot noir è un vitigno difficile, che richiede grande impegno sia nella coltivazione che nelle fasi di vinificazione. Si tratta di una varietà molto sensibile al terreno e alle condizioni climatiche, per questo ne esistono molteplici interpretazioni. La sua maturazione precoce non lo rende idoneo ai climi molto caldi. I vini rossi da Pinot nero mettono pesantemente alla prova qualsiasi enologo, in quanto i risultati sono molto variabili da un’annata all’altra. Si dice che solo un’annata su cinque riesca ad essere eccellente. Una vera sfida.
Il Pinot nero è l’uva dei grandi vini rossi del mondo
Tuttavia, è ampiamente utilizzato anche per la vinificazione in bianco. Restituisce infatti, un vino neutro ma dotato di longevità, corpo e complessità. Per queste caratteristiche è uno dei vitigni preferiti per la produzione di spumanti a metodo classico, soprattutto se in blend con lo Chardonnay. Nella zona della Montagne de Reims viene utilizzato per produrre tutti i principali Champagne cuvée. In Italia il vitigno francese fu introdotto nel 1800 e ha trovato il suo territorio di elezione in Alto Adige, Oltrepò Pavese, Veneto e Friuli, dove viene vinificato in rosso. Si vinifica in bianco per la produzione di spumanti a metodo classico in Franciacorta, Oltrepò pavese e per il Trento DOC. Nel resto del mondo, condizioni permettendo, si tenta di domare il carattere difficile del Pinot nero. Negli Stati Uniti alcuni produttori hanno preso decisioni drastiche, pur di cimentarsi con questo vitigno dal quale si ottengono i vini più pregiati al mondo.
La cantina ST Michael-Eppan Kellerei a San Michele AppianoIl Respiro del Pinot noir
Il Pinot noir è uno dei vitigni rossi definiti “solisti” dal Moio. Un uvaggio completamente privo di odore che sviluppa tutto il suo potenziale identificativo dopo la fermentazione alcolica. I vini rossi da Pinot nero sono tenui di colore e trasparenti. Al naso deliziano con delicatissimi sentori di ribes, lampone, mirtillo e fragolina. Profumi che resistono al tempo. In alcuni vini d’eccellenza, evolvono sempre più in eleganza e raffinatezza, virando verso note più calde di cuoio, tabacco e spezie. Al gusto sono poco tannici e di spiccata acidità, il che li rende perfetti in abbinamento a piatti a base di carne, anche grassa, di cacciagione, o di formaggi stagionati. I pinot giovani, soprattutto se vinificati in acciaio, si sposano bene anche con piatti a base di pesce. Per le versioni spumantizzate l’abbinamento è libero, dall’aperitivo al secondo piatto. Una vera festa dei sensi.
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