“Willy Monteiro: ragazzo del sorriso, ucciso per sentirsi maschi. Su di lui dette cose non vere”
In un appassionato libro-reportage Christian Raimo indaga con Alessandro Coltré sull’assurdo omicidio dello chef nel 2020 a Colleferro a sud di Roma. Intervistando amiche e amici, la sorella e tanti altri emerge una “violenza maschilista”. Da leggere: “Willy. Una storia di ragazzi”
Sconcerta per quanto racconta e “cattura” leggere “Willy. Una storia di ragazzi”, magistrale reportage condotto attraverso oltre cento interviste, ripetute frequentazioni dei luoghi e un rovello interiore e sociale scritto da Christian Raimo insieme ad Alessandro Coltré. Lo ha pubblicato Rizzoli, il sottotitolo è “Il delitto di Colleferro: inchiesta su un massacro” (276 pagine, 19 euro). Magistrale perché lo scrittore romano Raimo insieme al giornalista Coltré ha tessuto una tela dalle mille sfumature, ha esplorato pensieri e sentimenti degli amici di Willy Monteiro, la natura un circondario a sud di Roma, includendo il vicino paese di Artena, dove la narrazione oscilla tra Colleferro borgo “presepizzato” nelle descrizioni turistiche oppure terra di spaccio quando la realtà è molto più complessa, sfaccettata, sfuggente. Anzi tutto non riguarda solo quel circondario. Perché tra le cause di quel massacro ha un ruolo predominante una concezione del maschio velenosa. Anche per gli uomini. Lo dirà chiaramente una ragazza.
La ricostruzione di quella notte
Raimo e Coltré ricostruiscono quel massacro assurdo: la notte del 5 settembre 2020 Willy Monteiro Duarte, giovane dai genitori di origine capoverdiana dal sorriso pieno di fiducia verso la vita e le persone, “sous chef” in un albergo di Artena, viene massacrato di botte, sfigurato e ucciso perché si è trovato in mezzo a un attacco violentissimo sferrato da quattro giovani poco più grandi di lui. Willy tentava di prendere le difese di un amico, Federico Zurma di Colleferro, in un inizio di rissa. Quattro i condannati per omicidio di cui forse ricorderete i nomi: i fratelli Gabriele e Marco Bianchi, Mario Pincarelli, Francesco Belleggia. L’attacco fu fulmineo, loro quattro non c’entravano nemmeno con quel confronto, vennero chiamati mentre erano insieme a delle ragazze presso un cimitero, accorsero sgommando, in una manciata di secondi riempirono di colpi l’esile Willy e, con il corpo riverso del ragazzo nella piazza della movida di Colleferro, sgommarono via per proseguire la nottata.
La sorella di Willy: “Dette tante cose sulla sua vita che non sono vere”
Raimo e Coltré, che è un giornalista ambientalista e infatti non mancano i riferimenti a industrie dismesse e discariche inquinanti nel territorio, infaticabili e cocciuti hanno dato voce a tante persone la cui voce era stata travisata. Perché in questo lungo reportage emerge anche un dato: molti media, in special modo una televisione spietata e senza scrupoli, cannibalizzano le persone per un telespettatore in più. Tutto in funzione del “prodotto”, annota Raimo.
“Non so come facevano i giornalisti, mi seguivano, mi contattavano su Instagram, sui social, mi hanno perseguitato per una settimana […] Ho risposto, sbagliando, a una telefonata di una giornalista, gli (è scritto così, ndr) avrò detto l’un per cento della faccenda e lei c’ha raccontato una storia sopra”, ricorda Zurma allo scrittore e al giornalista a pagina 37. Uno di tanti episodi. Se il codice etico dei giornalisti valesse davvero qualcosa per i giornalisti, tv e testate dovrebbero interrogarsi quando frasi e parole vengono travisate, su persone messe davanti alla telecamera perché fanno audience.
Non accadrà, non si porranno domande di fronte a questo libro. La sorella di Willy, Milena Monteiro Duarte, a Raimo e Coltré spiega: “Hanno detto tante cose sulla sua vita che non sono vere. Io posso capire che racconti la storia in modo diverso magari per fare l’articolo. Quello che mi dava fastidio è che si parlava di lui come se lo conoscessero, però in realtà dicevano cavolate”. Esempi? È stato scritto che sognava di giocare nella Roma. Sbagliato: “Il suo sogno era fare lo chef”, ribatte la sorella.
“Violenza immotivata su un ragazzo che non aveva fatto niente”
I due autori riportano quanto scriveva il 6 settembre il ventunenne Giulio Tedesco di Colleferro su Instagram: “Non era una spedizione punitiva. Era violenza immotivata su un ragazzo innocente che non aveva fatto niente”. Raimo e Coltré hanno deciso di esplorare questa terra incognita con dedizione, pazienza, oltre i luoghi comuni, con una capacità di ascolto ammirevole, profonda, non frettolosa.
“Sentirsi maschi che stanno al centro della serata”
Per Raimo e Coltré il razzismo c’entrava poco o nulla. Nessuno degli assassini conosceva Willy né lui conosceva loro. Da reporter ricostruiscono la dinamica dell’omicidio di gruppo, i comportamenti dei Bianchi “rider della violenza” su commissione. “Scuotiamoci dall’incanto del dramma fatale, capiamo qual è il mondo in cui questo omicidio è accaduto”, scrivono.
Il pregio maggiore è aver interpellato le ragazze e i ragazzi della zona. Come Benedetta Bartolomei, diciassettenne nel 2020, la quale “mostra una rara capacità di sintetizzare i fatti cogliendone la dimensione politica, anche se lei forse non la definirebbe così”. La ragazza riflette: “Quello che è successo è anche legato a modi di fare che stanno anche a Roma o in altre città. Si cerca di sovrastare gli altri perché risulta la strada più facile. C’è una voglia di imporsi, prima con un atteggiamento di superbia per farsi notare, poi parte la violenza”. Cui fa seguire una fotografia nitida: “C’è stata la cosa di sentirsi maschi che stanno al centro della serata, che si gonfiano fuori i locali”. Osserva Raimo insieme a Coltré poco oltre: “Sono tutti alle prese, i prossimi assassini e le prossime vittime, con l’adesione a un codice implicito, provocare, saper rispondere alle provocazioni subite del gioco del gallismo, in una specie di violenza maschilista a basso voltaggio”.
“Tra le ragazze la rissa non c'è, tra i ragazzi sì”
Raimo e Coltré chiedono lumi a Michela Tamperi, 23 anni, che studia recitazione a Roma, e a Caterina Montesanti, che frequenta l’università a Tor Vergata, entrambi con lavori nei locali della zona. “Sono loro due a mostrarci come la divisione dei ruoli di genere abbia contribuito in modo non così subdolo alla tragedia. Nell’idea che le ragazze hanno del voler «fare serata» non è implicita la possibilità della rissa, in quella dei ragazzi sì”, riflettono di due autori. Fotografano così un’aggressività, una violenza, un maschilismo che non sono di Colleferro o di Artena, appartengono a una psiche tossica di un intero paese: le cronache lo dimostrano limpidamente. Rappresenta passaggio-chiave del libro.
Il cuoco capoverdiano: “Il lutto ha stravolto una generazione di italiani neri”
Coroniamo tutto questo con uno dei tanti lati di questo prisma, con Luca Neves, cuoco capoverdiano, perché – scrivono Raimo – “il lutto per Willy ha stravolto una generazione di italiani neri. Quelli di cui non sappiamo nulla se non che lottano per la cittadinanza in uno Stato che li esclude e li discrimina in molti modi”. Intervistato da Coltré al Parco degli Acquedotti a Roma, Neves ha queste parole: “A volte penso a lui (Willy, ndr), perché è dura per noi, so cosa vuol dire lavorare tanto, non avere un contratto, riceverlo solo dopo tanti anni di lavoro. Io sto lavorando per avere qualcosa di mio, un ristorante, un locale. Sicuro voglio trovare il modo di ricordare Willy”. “Willy. Una storia di ragazzi” ha trovato il modo di ricordarlo e interroga un intero paese, l’Italia.
Per il servizio del Tg1 sui fratelli Gabriele e Marco Bianchi a processo su Raiplay, clicca qui