Sarà un Natale senza pace in Europa, torna alla mente Andromaca e l'urlo di tutte le donne contro la guerra
La caduta della città di Troia è il nostro archetipo per capire la guerra. Voci di donne, perché le donne sono vittime, prede, bottino e trofeo da ostentare per chi ha il dominio della violenza, per chi conquista e distrugge la città sotto assedio

Mio sposo, giovane hai perduto la vita, mi lasci vedova
in casa, è così piccolo ancora il bambino
che abbiamo messo al mondo, tu e io sciagurati, e non credo
che giunga al fiore degli anni; sarà prima distrutta del tutto
la nostra città; perché sei caduto tu, il custode vigile,
che la proteggevi, difendevi le nobili spose e i bambini
che se n’andranno ormai sulle concave navi.
Omero, Iliade 24.725-731
Il grido di Andromaca edito da Dario De Bastiani e scritto dagli studiosi Alberto Camerotto, Katia Barbaresco, Valeria Melis è un libro antico per essere testimoni del nostro tempo. Mentre in queste ore si compie la diplomazia del riarmo (Zelensky in visita a Washington da Biden per avere i Patriot e Medvedev a Pechino da Xi per convincerlo a continuare a fare finta che la guerra non ci sia) Andromaca è in tutte le voci delle donne della Storia, che hanno subito la guerra degli uomini. Oggetto della crudeltà dei nemici. Perché le donne all'epoca come oggi con i loro occhi vedono morire gli sposi, uccidere i padri, massacrare i figli. Per diventare vittime dello stupro e dell’oltraggio. Sono anche memoria del dolore, della ferocia, una memoria che non può essere più cancellata. E che qualche volta riesce a diventare testimonianza.
Abbiamo dialogato con una delle autrici del testo, la professoressa Valeria Melis.
Perché Andromaca? Ovvio, perché è la moglie di Ettore, il più grande eroe di Troia. Caduto lui, cade la città. È il simbolo di tutte le vittime. Gli Achei, varcate le inviolabili mura, saccheggiano e devastano ogni cosa. Uccidono gli uomini, difensori della patria, gli anziani, memoria del passato, e i bambini, speranza del futuro. Uniche a sopravvivere sono le donne. Chi esse siano, persone “comuni”, sacerdotesse o nobili regine, non fa differenza: tutte diventano preda e bottino, sono prese per i capelli, denudate, stuprate. Private dei figli e di tutti gli affetti, sono costrette ad abbandonare la loro terra per diventare concubine e schiave dei vincitori. Le donne, che in guerra, proseguendo le loro quotidiane attività, sono portatrici di una parvenza di normalità, dopo la persis sono le uniche custodi della memoria della loro civiltà, gli ultimi frammenti della città distrutta. Per questo le loro antiche grida servono da monito contro la guerra.
Sulla copertina del libro però avete scelto una donna che non urla, anzi... Sì abbiamo scelto l'urlo più forte, quando il dolore si fa muto. Quello di una madre, il più grande di tutti che, con nobile compostezza, accoglie tra la braccia il figlio morto, un guerriero. La madre dell’ucciso è un bronzetto. Il suo nome fu scelto dal fondatore dell’archeologia nuragica in persona, Giovanni Lilliu, il quale si ispirò all’omonima celebre e potente scultura di Francesco Ciusa. Una “Pietà” ante litteram che rappresenta il dolore assoluto e universale della guerra; inoltre, la sua datazione, compresa tra il X e il VII sec. a.C., include il tempo in cui gli aedi e i rapsodi cantavano in Grecia le gesta degli eroi dell’epos omerico. Quale migliore scelta dunque?
Questo libro parla di ieri per raccontare l'oggi. In Europa è tornata la guerra, sono tante le immagini sui media internazionali di madri devastate dal dolore perché i figli sono costretti a combattere. Conosciamo il dolore delle mamme ucraine, ma possiamo immaginare anche quello delle russe anche se la propaganda di Putin vieta loro di esprimersi. Esatto, il carattere universale del dolore per la perdita della prole in guerra è testimoniato dalla sua trasfigurazione artistica in culture e in tempi diversi tra loro. I tempi sono cambiati, la donna nell’antica Grecia, raggiunge l’apice della sua realizzazione nel matrimonio e nella generazione dei figli. Oggi no, ma le madri continuano a esserci e la loro sofferenza non è cambiata.
Il tema dello stupro in guerra. Il corpo femminile come bottino. Anche in questo caso non è cambiato, pensiamo alle innumerevoli denunce di molte donne ucraine abusate dai soldati russi. Purtroppo no. Si parla di giacere con la moglie del nemico, cioè violentarla, perché faceva e fa parte integrante del processo di affermazione dei vincitori sui vinti. È la fine di una stirpe, perché ora ad “arare i campi”, come i Greci usavano dire, è una stirpe nuova. E poi pensiamo anche alla violenza esercitata sulle giovani vergini. Il peso di questo atto è denunciato dalla voce corale delle Tebane, nei vv. 333-337 dei Sette contro Tebe di Eschilo:
Lacrimevol cosa
che di vergini appena cresciute
il frutto crudo sia colto,
che avanti i riti nuziali
varchino la soglia di case abominate.
Io dico alto che morte
è destino preferibile a questo. (Trad. Franco Ferrari)
Questo volume nasce da un lavoro nei musei, perché? Perché il museo è, per definizione, il luogo delle Muse, cioè della memoria. Ha un forte valore simbolico: custodisce e trasmette il pensiero collettivo attraverso gli “oggetti” della Storia. A marzo del 2022 così abbiamo iniziato a visitare i musei italiani, dal Veneto alla Sardegna, per parlare degli archetipi epici della guerra. Uno degli obiettivi centrali del progetto Ilioupersis ideato e diretto da Alberto Camerotto, Professore di Lingua e Letteratura Greca dell’Università Ca’ Foscari Venezia, molto noto, in Italia e all’estero, per i suoi studi sull’epica e sulla satira antica e per aver ideato, insieme al collega Filippomaria Pontani, è quello di impegnarsi sul fronte sociale e civile.
Valeria Melis è docente a contratto di Cultura classica (Università Ca’ Foscari Venezia) e di Letteratura greca (Università di Sassari) e assegnista di ricerca (Università di Cagliari). Le sue ricerche spaziano dal mondo antico (teatro tragico e comico e le sue interazioni con la Sofistica e il diritto attico; teorie del linguaggio; critica letteraria antica; il De rerum natura di Lucrezio) a quello contemporaneo (libro personalizzato; social reading; digital humanities). Tra le sue pubblicazioni più recenti vi sono il volume Le amiche di Lisistrata. Lingua, genere, comicità nel tempo (Morlacchi U.-P., 2021, con Rita Fresu) e il manuale Scripta manent. Dieci lezioni sulla scrittura argomentativa (Mimesis, 2021, con Francesca Ervas ed Elisabetta Gola).
