Trasgressivo, carnale, chiacchierone: a 150 anni dalla morte ecco il vero Manzoni (come non lo avete mai letto)
Il 22 maggio saranno 150 anni dalla morte di Alessandro Manzoni. “Il cuore è un guazzabuglio. Vita e capolavoro del rivoluzionario Manzoni” di Eleonora Mazzoni, Einaudi, ci racconta uno scrittore inedito
Moravia non aveva capito nulla di Alessandro Manzoni. Accusò I promessi sposi di essere un' opera di propaganda cattolica e il grande autore un bigotto impolverato.
"Ho avuto la fortuna che la mia prima volta con I promessi sposi sia avvenuta al di fuori dell’obbligo scolastico. Alla fine della prima media, in una di quelle lunghe giornate calde d’estate in cui nel mio paese c’era poco da fare e il tanto lo si poteva solo immaginare, rovistai nella libreria di mio padre, visto che della mia avevo prosciugato ogni titolo, imbattendomi in un tomo dalle pagine gialline e la copertina spartana, che mi trasportò di colpo in un viaggio avventuroso. Questo scrittore è uno che capisce gli esseri umani, pensai. Sa come sono fatti la loro testa e il loro cuore. Mi parla e mi comprende. Me ne innamorai follemente".
Eleonora Mazzoni, attrice, sceneggiatrice, autrice e direttrice artistica del Festival culturale Caterina Sforza di Forlì che ne "Il cuore è un guazzabuglio. Vita e capolavoro del rivoluzionario Manzoni” ci racconta un Manzoni che nessuno conosceva prima.
“Le biografie non spiegano gli artisti e ciò che contano sono soltanto le opere, ma è altrettanto vero che gli artisti le contaminano con il corpo caldo dei loro legami profondi”.
Ma anche la parte inedita del romanzo che ha fatto l'Italia. I promessi sposi, che sono diventati una materia a sé nella nostra scuola non è stato solo un progetto letterario, ma anche sociale. Il romanzo del Risorgimento ma ambientato nel '600.
"I Promessi Sposi sono un libro politico ma non solo politico. Intimo, personalissimo, capace di parlare alle persone di ogni stato sociale ed epoca. Un libro libero. Fuori dall’opprimente censura austriaca e da quella ecclesiastica altrettanto invadente".
In questo volume quindi scopriamo che Manzoni era un uomo ironico incapace di prendersi troppo sul serio, nonostante una vita lunga (durata 90anni) ma piena di disgrazie, malattie e lutti. L'autrice lo scopre attraverso le lettere di Carlo Dossi, cugino dello scrittore che lo racconta come un "affabile conversatore, abituato a esprimersi in dialetto", chi lo avrebbe mai detto?!
Appassionato di botanica e architettura dei giardini. Sarà lui a introdurre le Robinie e le Ortensie per il rimboschimento e il consolidamento dei terreni. Metodi moderni e sconosciuti in Lombardia che tentavano ante litteram di affrontare il problema del dissesto idrogeologico. Ma introduce nella sua cerchia di amici anche il concetto di prodotti a km zero. Nella sua tenuta infatti agrumi, caffè e cotone. Per i suoi successi in campo agricolo ottiene anche un premio all’Esposizione di Torino. Proprio a Brusuglio nella sua tenuta, si dice che Manzoni abbia ricevuto la notizia della morte di Napoleone, scrivendo poi di getto l’ode a lui dedicata intitolata Il 5 maggio.
Nella sua opera Mazzoni scrive di un ragazzo ribelle con un’infanzia complicata, una madre ingombrante che lo abbandona, per nulla studioso che si innamora di tante donne e che da adulto diventa un uomo con una grande passione civile. Addirittura ironico e divertente. Lontano da quell'articolo determinativo davanti al cognome, diverso dall'uomo di mezz'età dallo sguardo triste e assente ritratto da Francesco Hayez.
Un libro che fa giustizia a un autore e a un'opera, che ci hanno fatto leggere come una medicina che è troppo amara ma fa bene. Mazzone prende quelle milleottocento lettere che ci ha lasciato e ci racconta la verità su di Lui. Così I promessi sposi riflettono finalmente le sue passioni, il suo spirito avventuroso. Un grande romanzo popolare poteva nascere solo da una mente così, per nulla piatta e prevedibile. Solo una personalità indomita poteva essere capace di raccontarci donne ribelli:
"Ciò che più colpisce di Gertrude è la sua totale incapacità di dire no a tutto questo. Noi femmine siamo educate a essere compiacenti e a stare nei ranghi. A non urlare perché non sta bene. A non dire parolacce perché diventi volgare. Mentre ai maschi è ontologicamente concesso un certo margine di disobbedienza, l’esercizio di far valere la nostra volontà è arduo. Per questo il suo fatidico diniego ci fa così male".
Se qualcuno di voi sta pensando ecco l'ennesimo saggio su Manzoni e I promessi sposi, sbaglia. Perché come diceva Calvino "Un capolavoro non ha mai finito di dire quello che ha da dire".
Perché Mazzoni ha ragione, I promessi sposi non smetteranno mai di insegnarci che "la questione essenziale che si trova alla fine del romanzo: scegliere di coltivare la fiducia oppure cedere alla disperazione". E ci sono riusciti perché il loro autore non era elitario ma pop.
Eleonora Mazzoni dopo la laurea in Lettere all’Università di Bologna con il professor Ezio Raimondi e il diploma di recitazione presso la Scuola di Teatro di Alessandra Galante Garrone, fino al 2010 lavora come attrice per teatro, cinema e tv. Ha pubblicato, tra gli altri, “Le difettose” (Einaudi, 2012), “Gli ipocriti” (Chiarelettere, 2015), “In becco alla cicogna!” (Biglia Blu, 2016). Alcuni suoi racconti e scritti sono apparsi in diverse antologie. Scrive soggetti e sceneggiature per il cinema e la televisione. Dal 2022 è la direttrice artistica del Festival culturale Caterina Sforza di Forlí.
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