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Peppe Servillo: “Un indovino disse a Terzani di non volare". Cosa fece. "Un viaggio verso chi è diverso e l’Oriente”

Intervista all’attore e cantante che tiene un reading-spettacolo al Festival letteratura di Mantova sul libro, ripubblicato, scaturito da una profezia che si dimostrò vera: “Il giornalista riconosce agli indovini, anche ai più sgangherati, una capacità di leggere la natura umana”

Stefano Milianidi Stefano Miliani   

Tiziano Terzani ha fatto “dell’incontro con gli altri” una ragione di vita, era proiettato verso chi aveva una cultura, quella orientale, diversa da quella occidentale da cui il giornalista e scrittore veniva. Lo racconta in questa intervista Peppe Servillo. Il versatile attore teatrale e al cinema, cantante degli Avion Travel e in altri progetti musicali, nato nel 1960, partecipa al Festival letteratura Mantova con una serata molto speciale, mercoledì 4 settembre alle 21.30, a piazza Castello con ingresso a 12 euro: un “Omaggio a Tiziano Terzani a vent’anni dalla scomparsa”.
Si tratta di un reading-spettacolo che ha debuttato in primavera a Torino e cretao intorno al libro dello scrittore giornalista “Un indovino mi disse”, ripubblicato in una nuova edizione arricchita da foto scattate dall’autore (Longanesi, 432 pagine, 24 euro).

Quel testo scaturì da un episodio particolare. Nella primavera del 1976 un vecchio indovino cinese avvertiva il giornalista e scrittore, allora inviato per “Der Spiegel” in Asia, di non volare per alcun motivo nel 1993 altrimenti avrebbe seriamente rischiato di morire. Terzani accolse la profezia e quell’anno viaggiò per i paesi asiatici e altrove con altri mezzi: in treno, in auto, in nave, a piedi.
La serata mantovana vede alla tastiera e voce Natalio Luis Mangalavite, regia e drammaturgia sono di Lorenzo Pavolini, il coordinamento tecnico di Gianluca Patrito, è una coproduzione The Italian Library Ageny / Intesa Sanpaolo. Terzani era nato a Firenze nel 1938 e moriva a Orsigna, nell’Appennino pistoiese, nel 2004.

Servillo, come nasce il reading – spettacolo su “Un indovino mi disse”? 
È nato su commissione dando a questa parola un valore positivo. In occasione della ripubblicazione del libro corredato dalle foto fatte da Terzani la casa editrice ci ha chiesto questo reading con estratti e corredato da interventi minimi, sobri ma speriamo significativi, miei e di Natalio Luis Mangalavite al piano.

Qual è il filo conduttore? 
I nostri passaggi sottolineano narrativamente alcuni momenti che riteniamo significativi. La galleria di personaggi, di indovini, è il filo conduttore del libro. All’inizio Terzani sottolinea il valore della causa che ha generato tutto questo, l’incontro con l’indovino, con la profezia dell’incidente se avesse volato, il che lo obbliga a rinunciare al viaggio in aereo. Detta così sembra molto semplice, in realtà da ciò origina tutto un cambiamento del suo punto di vista.

Cosa cambiò per lui? 
Rinunciare ai viaggi in aereo e ai luoghi asettici degli aeroporti significa reimmergersi nel mondo con le sue distanze, con i suoi incontri, alimentare un punto di vista critico e partecipe al tempo stesso. Cosa che è estremamente significativa per un giornalista, per un inviato, per come intendeva il mestiere Terzani. Da ciò rinasce l’incontro diverso con le culture orientali, con la spiritualità, che hanno caratterizzato da sempre i percorsi di Terzani: in particolare le riflessioni sul rapporto tra l’uomo, l’individuo, il tentativo di interpretare e di prevedere il destino, forse anche di modificarlo. Poi scatta la riflessione sul tempo attraverso la profezia di chi probabilmente nel futuro vede anche qualcosa che è già avvenuto: è uno svelamento ipotetico che fa Terzani. Il quale tratta questa materia anche con una certa ironia: il libro è anche molto divertente, lui non dimentica di essere occidentale, le proprie origini, non si vende come un uomo che ritorna all’origine dopo la sua esperienza terrena nel mondo occidentale, è consapevole del suo ruolo. Parla anche in modo divertente del viaggio periodico durante quell’anno che faceva a piedi da Bangkok a Firenze per andare a trovare la madre anziana. In questo percorso analizza anche il rapporto tra gli Stati che non dimenticano la propria cultura antica e quelli che si affannano verso un progresso che li renderà omologhi all’occidente.

Tiziano Terzani al Festivaletteratura di Mantova del 2002. Foto Ansa / Tecnavia

Terzani è stato un “rivoluzionario”, da un punto di vista culturale, spirituale, del pensiero? 
Non so se è giusto usare quella parola. Un uomo che tenta di conquistare il punto di vista diverso e opposto a quello da cui proviene è già proiettato verso il diverso. Terzani affronta le culture orientali con grande curiosità e partecipazione e ci prende per mano in questo viaggio che è ovviamente anche interiore e ci dà suggerimenti, fa ipotesi.

Per esempio, cosa suggerisce? 
Sicuramente che conoscere un’altra cultura significa percorrerla con mezzi che implicano l’incontro con le altre persone, la relazione, il trasporto in treno, in autobus, in macchina, in motorino, a piedi: è una dimensione da autentico viaggiatore che presuppone l’incontro con gli altri. È un grandissimo suggerimento.

Terzani dimostrava anche una certa umiltà, no? 
Assolutamente. Riconosce agli indovini, anche ai più sgangherati, una capacità di leggere la natura umana in un incontro semplice perché appartengono a una cultura così antica che non ha mollato alcune capacità percettive che probabilmente anche noi, in un mondo primitivo, avevamo.

Nel libro “La fine è il mio inizio”, in cui racconta la propria vita al figlio Folco, Terzani ricorda che nel ’93 un elicottero dell’Onu con dei giornalisti a bordo e su cui avrebbe dovuto salire anche lui in effetti cadde. 
Questo dà conferma alla profezia però lui a un certo punto dice: non posso crederci totalmente, se lo facessi darei luogo a una nuova fede e io voglio uscire dalle fede, voglio comunque il dubbio”. A un altro indovino chiederà: “Lei non ha mai fatto le carte sul proprio destino?” L’indovino gli risponde: “Se un medico si ammala va da un altro dottore, per leggere il mio destino devo andare da un altro cartomante”. Terzani alimenta sempre il beneficio del dubbio che viene dalla sua cultura occidentale, però questo non significa rinunciare all’incontro con le altre culture. E lui coglie un altro suggerimento: la diversa percezione del tempo. Non solo nel viaggio, che è un tempo dilatato, ma anche nella nostra divisione classica tra passato e futuro e il presente in uno snodo che divide quelle dimensioni. Lui parla del futuro che interessa ancora di più le culture orientali e che potrebbe essere già letto se coniugato a tutto il passato come in un’unica dimensione.

Oggi l’odio riscuote grandi consensi. Pensiamo a quanto odio, rancore e risentimento verso chi non è come loro esprimono figure come Trump, per non dire del partito di estrema destra Afd in Germania al cui vertice ci sono persone che non considerano i nazisti dei criminali. Terzani era molto sensibile verso le ingiustizie, contro la guerra e contro l’odio. 
È un altro aspetto di Terzani che colpisce molte persone. In un passaggio del libro che sottolineiamo dice: ha senso ancora fare il nostro mestiere se poi siamo costretti a raccontare gli stessi morti, gli stessi massacri, le stesse ribellioni soffocate nel sangue? C’è un atto di sfiducia, un grande pessimismo. Però lui cerca sempre di riscattarlo perché alla fine la testimonianza è importante e la cerca nell’incontro con gli altri. Se avesse dato sfogo alla sfiducia e al pessimismo avrebbe interrotto il viaggio. In un momento cerca di interromperlo, però poi riprende fiducia proprio nel momento in cui succede l’incidente dell’elicottero. Il collega tedesco che lo sostituisce lo chiama per dirgli: vedi, la profezia era autentica e tu ti sei salvato. Per fortuna il collega si salva, ha un danno a una vertebra e si rimette, mentre muoiono alcuni funzionari dell’Onu. Noi non abbiamo pretese di esaurire i contenuti di Terzani, però la suggestione della lettura che media tra l’autore e il pubblico si risolve in un invito a leggere il libro intero: è questo il nostro scopo.

Clicca qui per la scheda editoriale di “Un indovino mi disse”

Clicca qui per il Festival letteratura di Mantova

Clicca qui per il sito su Tiziano Terzani

 

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