Dopo le polemiche all'Università di Milano Paolo Nori torna a parlare di Dostoevskij: "Vi racconto la sua vita incredibile"
Lo scrittore e traduttore ha incantato il pubblico del festival Libri Come
"Se anche non fosse il più grande scrittore russo di tutti i tempi, la vita di Fëdor Michajlovič Dostoevskij sarebbe comunque un romanzo grandioso che varrebbe la pena di leggere". Ne è convinto Paolo Nori, scrittore, tradutture e insegnante che ha dedicato la sua vita allo studio della letteratura russa: domenica ha raccontato il grande amore per Dostoevskij e i suoi romanzi davanti al pubblico di Libri Come, festa del libro e della lettura promossa a Roma lo scorso fine settimana dalla Fondazione Musica per Roma a cura di Marino Sinibaldi, Michele De Mieri e Rosa Polacco. La lezione prende spunto da "Sanguina ancora", l'ultimo libro pubblicato da Paolo Nori per Mondadori pochi mesi fa in occasione dei duecento anni dalla nascita di Dostoevskij, e arriva a pochi giorni dalle polemiche suscitate dalla decisione dell'Università La Bicocca di censurare le lezioni di Paolo Nori proprio sull'autore di "Delitto e castigo" e gli altri scrittori russi: "Io penso che quello che sta accadendo in Ucraina sia una cosa orribile - aveva denunciato Nori su Instagram - e mi viene da piangere solo a pensarci. Ma quello che sta succedendo in Italia oggi, queste cose qua, sono cose ridicole: censurare un corso è ridicolo". I vertici dell'Università milanese avevano poi rivisto la scelta invitando lo scrittore di Parma a inserire anche "scrittori ucraini" nel programma, ricevendo un rifiuto dal docente che ha annullato la sua collaborazione.
Un amore nato 43 anni fa, quando il giovane Paolo, 15 anni appena, inizia a leggere un volume che apparteneva al nonno. Il titolo è “Delitto e castigo”, racconta i tormenti di un giovane studente, Raskòl'nikov, che si macchia di un duplice omicidio. “A un certo punto della lettura – racconta Paolo Nori durante la lezione al festival Libri Come – mi sono fatto la stessa domanda che si è fatto il protagista, mi sono chiesto quanto valgo, se sono come un insetto o come Napoleone, e ho avuto l'impressione che quel libro scritto 112 anni prima e a tremila chilometri di distanza avesse aperto dentro di me una ferita che non avrebbe smesso tanto presto di sanguinare”.
Un esordio straordinario: "Ecco il nuovo Gogol"
E infatti la ferita “sanguina ancora”, come recita il titolo della biografia-romanzo, per quelle storie ricche di personaggi meravigliosi che se pure immaginati nella Russia di due secoli fa raccontano l'umanità intera nelle sue passioni, debolezze e speranze. Come il romanzo epistolare “Povera gente”, fortunato esordio letterario di Dostoevskij che ha per protagonisti il funzionario Devuškin e la giovane Varvara che si scambiano lettere in cui emergono povertà, illusioni e miserie quotidiane. Fëdor non aveva idea che il suo primo libro avrebbe avuto un così grande successo, e certo non si aspettava che il più grande critico letterio del tempo, Belinskij, ne sarebbe rimasto entusiasta tanto da definirlo “Il nuovo Gogol”. “Non solo il nuovo Gogol – racconta Nori - ma oltre Gogol, un talento straordinario, e gli raccomandò di essere degno di questo talento”. Gli scritti successivi non furono all'altezza delle aspettative: “Il Sosia”, “La padrona”, “Romanzo in nove lettere”, “La padrona” deludono critici e pubblico, tanto che in poco tempo Dostoevskij diventa una “ex brillante promessa letteraria”.
Una (quasi) condanna a morte
Nel 1848, quando in tutta Europa scoppia l'onda rivoluzionaria, Fëdor ha 27 anni e insieme ad altri si ritrova a leggere e discutere in uno dei tanti circoli giovanili dell'epoca; non sa che durante una di queste riunioni si è infiltrato un agente segreto italiano, un certo Antonelli, inviato proprio per controllare e reprimere qualsiasi aspirazione rivoluzionaria nel paese, e davanti a lui legge una lettera di Belinskij a Gogol censurata dallo zar Nicola I. "Secondo lei, il popolo russo è il più religioso del mondo- scriveva nella lettera proibita il critico all'autore di 'Anime morte' - falso! Il fondamento della religiosità è il pietismo, la devozione, il timor di Dio. Il russo invece pronuncia il nome di Dio grattandosi il sedere. E dell’immagine sacra dice: se fa comodo, si prega, e se non fa comodo ci si coprono le pentole". Pochi mesi dopo viene arrestato con l'accusa di attività sovversive e condannato a morte insieme ad altre venti persone. E' il momento più incredibile della vita di Dostoevskij: i venti vengono condotti al patibolo in piazza Semonov a Pietroburgo davanti a un plotone di esecuzione. “Fedor è consapevole di avere solo cinque minuti da vivere - rircorda Nori - e pensa che se per caso si fosse salvato avrebbe vissuto tutta la vita come quei pochi minuti, avrebbe cominciato tutta un altra vita. A quel punto arriva un messo dello Zar che comunica la grazia per tutti i condannati”.
Niente esecuzione capitale ma dieci anni di esilio in Siberia; nel 1859 torna vicino a Pietroburgo e inizia a scrivere con impegno anche per pagare consistenti debiti di gioco: escono “Memorie del sottosuolo", "Memorie dalla casa dei morti", Umiliati e offesi", "Il giocatore", "I demoni", "Delitto e castigo" e "I fratelli Karamazov". Nel giugno 1880 durante la cerimonia funebre di Puskin legge un discorso memorabile e apprezzato da tutti.
Una vita stupefacente
"Una vita così stupefacente che varrebbe la pena essere raccontata indipendentemente dal fatto che lui sia uno dei più grandi scrittori di tutti i tempi - conclude Paolo Nori - Eppure, se consideriamo che nel linguaggio letterario 'un finale russo' si usa come contrario di 'lieto fine', il romanzo di Dostoevskij non è un romanzo russo perché finisce bene: al termine della sua vita diventa esattamente quello che voleva diventare, un monumento della letteratura".
Fëdor Michajlovič Dostoevskij muore a Pietroburgo il 28 gennaio 1881. "Mi sono resa conto che da quel momento in poi - dice la moglie Anna Grigor'evna durante la veglia funebre - non avevo più un amico con cui condividere la gioia e il dolore".