Il grande ritorno di Paolo Giordano: perché "Tasmania" è il libro dell'anno e ci conquista
L'ultimo romanzo dello scrittore Paolo Giordano è una confessione intima ma che ci riguarda tutti: relazioni in crisi sullo sfondo di un Pianeta che si sgretola
Le esplosioni sono la cifra più totalizzante, ossessiva di Tasmania, nuovo romanzo di Paolo Giordano (Einaudi, pagg.258, euro 19). L'autore aveva 25 anni nel 2008 quando ha vinto lo Strega con La solitudine dei numeri primi, in tasca un dottorato in Fisica delle particelle e la certezza che quello sarebbe stato il suo primo e ultimo libro. Oggi di anni ne ha quasi 40, la scrittura gli dà da vivere e a noi serve per riflettere. In Tasmania si intersecano storie ed ordigni, un'infinità di ordigni, dalla atomica alle raffiche nel Bataclan, dagli attentati kamikaze in Europa fino ai botti di Capodanno a Roma nel 2021 che fecero strage di storni nel centro. Un tappeto di uccellini morti.
Il protagonista, P.G., è fin troppo smaccatamente, coraggiosamente l'alter ego di Giordano: anche lui è editorialista di un grande quotidiano, ama la Fisica, è molto attento ai cambiamenti climatici, è nato a Torino. Il Paolo romanzato vorrebbe scrivere un libro sulla bomba lanciata nei cieli di Hiroshima e Nagasaki. Questo è Tasmania in estrema sintesi, perché invece l'opera è densa come una confessione, a metà tra autofiction e narrativa di livello. Un ritratto privato che diventa tema generazionale dove passato e futuro si intersecano e le radiazioni dell'agosto del 1945 continuano a generare reazioni a catena in cui l'ambiente è la prima vittima, noi il resto a seguire. Come cantavano Roger Daltrey e Pete Townshend: who's next?
Le esplosioni sono reali e metaforiche in Tasmania: si disintegrano coppie, amori, amicizie, relazioni sociali, sesso, senso del sé. Quello che era prima non è più, mai più, esattamente come l'ambiente che ci circonda, e rimettere insieme le tessere del puzzle - i pezzi del gioco di legno regalato a un bambino, o la sequenza delle carte Magic -, diventa una scalata e un'immersione in un mare nero. Un libro solcato da inquietudini, ripensamenti, e dubbi feroci come squali affamati. Esplosioni e implosioni: il fallimento del mestiere di insegnante e la scoperta che si può essere genitori di un figlio che non è frutto del tuo sperma, il tradimento come estremo tentativo di sentirsi vivi, mentre le parti si sgretolano.
Ci sono - in questo romanzo maturo, alto, anche doloroso, ma con sprazzi di assoluta compassione e commozione e infine speranza - una serie di personaggi che vorticano, tornano, restano, riprendono il filo, accendono la miccia o la disinnescano. Il "quasi Nobel" Novelli che studia (bene) la forma delle nuvole e (male) i titoli di merito delle donne, c'è Giulio l'amico di sempre impegnato a difendere la paternità del piccolo, complicato Adriano mentre le privatissime carte del suo divorzio, buttate in un cestino dall'avvocata di grido, vorticano come coriandoli in una strada di Parigi. C'è un prete che si innamora di una ragazza, dimentica Dio ma ritrova la carne e il sangue di Cristo.
Ci sono stanze di hotel, un TripAdvisor carnale di stanze, e letti, e divani, e ospitate: il succedaneo della casa propria che traballa sotto il peso di un rapporto in crisi, un surrogato delle case che tremano per le mine interiori, l'estremo fac-simile di quelle che la bomba americana in Giappone ha cancellato per sempre, le infinite ipotesi degli appartamenti che chissà semmai compreremo, costruiremo. E viaggi, viaggi per ridurre l'ansia in un check-in, l'ipocondria in passeggiate senza fine o in bevute dove l'ubriachezza cancella ogni memoria. E quindi la nevrosi dell'horror vacui e il panico delle assenze (proprie, altrui) sono trasformati in una specie di avventura. Far finta di essere sani immaginando di salvarsi in una terra lontana, magari in Tasmania che "ha buone riserve di acqua dolce, si trova in uno stato democratico ed è un'isola, quindi facile da difendere. Perché ci sarà da difendersi".
Il protagonista si difende come può dai botti dell'anima, dalle fissioni nucleari devastanti che diventano origami di gru per esprimere un desiderio, difende l'amore per la moglie Lorenza e lo rinnega in egual misura, la donna che gli dice: sperimentati, lei più grande di lui, già madre. Complice, nemica, terzo occhio conflittuale, quella che per cui la vita è più importante della riprovazione. Scrive Giordano: "Non eravamo solo una storia d’amore in crisi, eravamo anche un’infinità di altri aspetti inestricabili: un sistema di abitudini consolidate, una rete di relazioni sociali, un apparato burocratico. Dovevamo continuare a funzionare. E funzionare ci costava pochissimo". Esplosioni, implosioni. Eppure in questo libro non c'è semplicemente l'autoanalisi dell'uomo solo in copertina, c'è tanto della nostra collettiva esistenza fragile e deragliata a ridosso della pandemia, della guerra, della siccità, dove una colonna sonora tra Radiohead e il tragico Skeleton Tree di Nick Cave si fa più preghiera che musica.
Il bello e il terribile è che non ci sono lezioni in Tasmania, a parte imparare a nuotare anche al buio, perdonare, perdonarci, scoprire che a volte ci viene da piangere e non è un peccato.